Il nuovo accordo Italia-Svizzera

Dopo l’ok definitivo e unanime del Senato e a mezzo secolo di distanza dalla precedente intesa tra Roma e Berna, sta per iniziare una nuova era nel mondo del frontalierato. E ora? Cosa cambia i

Dopo l’ok definitivo e unanime del Senato e a mezzo secolo di distanza dalla precedente intesa tra Roma e Berna, sta per iniziare una nuova era nel mondo del frontalierato. E ora? Cosa cambia in fatto di fiscalità per i lavoratori oltre confine, ma residenti in terra italiana? Quali sono le novità introdotte per i territori vicini alla frontiera? Cosa ne pensano i parlamentari del territorio che hanno ratificato il Ddl? Ecco una panoramica di tutte le modifiche, tra cui l’introduzione del principio di reciprocità, che entreranno ufficialmente in vigore a partire da gennaio 2024

Dopo 50 anni “tondi-tondi”, si volta pagina in fatto di fiscalità per i lavoratori frontalieri: entrerà infatti in vigore il primo gennaio del 2024 il nuovo accordo tra Italia e Svizzera che sostituisce quello risalente al 1974. Il testo dell’accordo, dopo la ratifica definitiva da parte del Parlamento italiano attraverso un apposito Ddl, detta le nuove regole fiscali per chi, lavorando oltre confine, mantiene la residenza in Italia e stabilisce per la prima volta il principio di reciprocità. Un passo decisamente necessario: su questo Roma e Berna concordano da tempo dal momento che il contesto, non c’è neppure bisogno di sottolinearlo, in 50 anni è completamente cambiato sotto tantissimi profili. Da parte dell’Italia, inoltre, la ratifica dell’accordo è stata anche l’occasione per incorporare nell’atto una serie di puntualizzazioni che riguardano le peculiarità del tessuto economico produttivo e del mercato del lavoro delle zone di confine interessate dal fenomeno del frontalierato, un fenomeno che viene ora anche inquadrato in modo più preciso e puntuale. Inoltre, occorre dire che dalla discussione in aula e attraverso diversi emendamenti, è scaturito un provvedimento sul quale, da parte delle diverse forze politiche, si è formato un consenso bipartisan e che, per alcuni aspetti (quello in particolare legato al Fondo per lo sviluppo economico e il potenziamento delle infrastrutture nelle zone di confine Italo-elvetiche) dà gambe a una formulazione concreta di quella che potremmo definire come una forma di “federalismo fiscale”, riconoscendo agli enti del territorio la facoltà di utilizzo di risorse per il suo stesso sviluppo. 

Le nuove regole

Il primo punto da chiarire è che i cambiamenti saranno effettivi a partire dal primo gennaio del 2024 ovvero dall’entrata effettiva in vigore dell’accordo. Per tutti i frontalieri che hanno già un rapporto di lavoro in essere, i meccanismi di tassazione resteranno quelli attuali e varranno fino al loro pensionamento: per loro vige la competenza tributaria esclusiva dalla parte della Confederazione e quindi continueranno a versare le tasse unicamente alle autorità del Paese in cui esercitano la loro professione e continueranno a non essere tenuti a presentare una dichiarazione d’imposte all’Agenzia delle Entrate. 
È possibile fin da ora dire se ci saranno soggetti più o meno svantaggiati? “Il principio cardine fin dall’inizio della discussione è stato ‘non un euro in meno per i lavoratori’ e ‘non un euro in meno per i territori di confine’”, così spiega il Senatore PD Alessandro Alfieri che chiarisce anche un altro aspetto: “Abbiamo lavorato perché venissero introdotte in ratifica le misure previste dal Memorandum firmato dal nostro collega Antonio Misiani, allora Viceministro dell’Economia, con le organizzazioni sindacali e con l’Associazione Comuni italiani di frontiera. Quegli impegni sono stati traslati nel testo di disegno di legge a prima firma mia, poi unificato con il testo approvato dal nuovo Governo”. 
La novità sicuramente più significativa riguarda i futuri lavoratori frontalieri, che saranno invece soggetti ad una potestà fiscale “concorrente” da parte del Paese di residenza, ovvero, oltre alla tassazione elvetica alla fonte, presenteranno dichiarazione dei redditi anche in Italia all’Agenzia delle Entrate, ma ovviamente con un meccanismo particolare che tenga conto di quanto già versato. La tassazione da parte italiana sarà in base agli scaglioni IRPEF, con alcune agevolazioni come la previsione di una franchigia e la detrazione della somma trattenuta alla fonte dalle autorità elvetiche (credito d’imposta), con la finalità di evitare la doppia imposizione. Tra le detrazioni che saranno ammesse dall’Agenzia delle Entrate ci saranno anche assegni familiari e contributi sociali eventualmente versati oltre confine, inoltre sarà possibile per i frontalieri inserire tutta una serie di detrazioni e deduzioni (mutuo della casa, spese sanitarie, spese di formazione dei figli, spese professionali e di trasporto) che ad oggi non vengono riconosciute nel sistema di tassazione alla fonte applicato dalle autorità fiscali elvetiche. 
“Il risultato raggiunto è sicuramente positivo – commenta l’Onorevole Maria Chiara Gadda (Italia Viva) – sia nel metodo, che è frutto di una concertazione dal basso, sia nel merito perché ci sono meccanismi di tassazione che salvaguarderanno anche i nuovi assunti dal 2024. Positivo è anche il riconoscimento della peculiarità delle economie dei territori di confine in cui le nostre imprese si trovano ad operare. In futuro occorrerà però continuare a lavorare sedendosi attorno ad un tavolo per garantire il funzionamento del Fondo che viene istituito e per l’utilizzo delle risorse”. 

Dai ristorni al Fondo di sviluppo

Altro tema rilevante per i territori di confine è sempre stato quello dei cosiddetti “ristorni”: ad oggi le autorità elvetiche riversano una quota (38,8%) di quanto percepito come trattenuta alla fonte ai Comuni italiani di frontiera a titolo di compensazione finanziaria e per 10 anni, dall’entrata in vigore del nuovo regime, i cantoni Ticino, Vallese e Grigioni continueranno a farlo. Alla fine del regime transitorio saranno soppressi i ristorni elvetici. Tuttavia, sarà nel frattempo istituito un “Fondo di sviluppo e potenziamento delle infrastrutture delle zone di confine italo-elvetiche”, che sarà alimentato dall’extra-gettito derivante dall’imposizione dei frontalieri. Si stima che a regime, tra 20 anni, il fondo avrà una dotazione teorica di 221 milioni di euro, destinati ad essere investiti appunto direttamente nei territori di frontiera, garantendo dunque risorse per andare ad affrontare le problematiche presenti. 
Il Fondo rappresenta uno strumento importante in fatto di distribuzione delle risorse e di autonomia nel loro utilizzo. Lo sottolinea, in particolare, l’Onorevole Stefano Candiani (Lega). “Gli emendamenti portati a termine sono frutto di molto lavoro fatto in passato e questo accordo finalmente fa chiarezza sul sistema delle regole, normando e chiarendo molti aspetti che riguardano il frontalierato, ma anche portando l’attenzione sul tema delle peculiarità delle zone produttive di confine. Una grande novità è sicuramente la creazione di questo fondo che, per la prima volta, fa sì che le risorse prodotte su di un territorio siano direttamente destinate a quel territorio e al suo sviluppo. La dotazione del fondo, infatti, sarà destinata a interventi concreti anche per arrestare la fuga di manodopera verso la Svizzera che impoverisce il tessuto economico locale”. Sul punto gli fa eco l’Onorevole Andrea Pellicini (Fratelli d’Italia). “L’extra gettito generato permetterà di dare vita ad una sorta di assegno di frontiera per incentivare la manodopera a restare nelle aziende della zona di confine: questo ha un forte valore per scongiurare la desertificazione in termini di attività produttive. Si tratta di un provvedimento concreto e che andrà ad incidere sul problema vissuto da sempre dalle imprese che si trovano a formare del personale per poi perderlo a causa della maggiore attrattività salariale delle imprese del Canton Ticino”.  

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