Siamo tutti europei
‘‘Oggi, nel mondo libero, l’orgoglio più grande è dire Ich bin ein Berliner”. Tradotto: “Io sono un berlinese”. Quando il Presidente degli Stati Uniti
‘‘Oggi, nel mondo libero, l’orgoglio più grande è dire Ich bin ein Berliner”. Tradotto: “Io sono un berlinese”. Quando il Presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, pronunciò quello che probabilmente è uno dei più famosi discorsi della storia del Novecento, Berlino Ovest era un’enclave assediata. Dietro l’angolo c’era il rischio che le due contrapposte visioni dell’economia e della società, che allora dividevano il pianeta, si potessero scontrare in quella città tedesca dando vita ad un punto di non ritorno.
Oggi lo scenario che si trova di fronte l’Europa è sicuramente diverso. Il livello di tensione non è così alto. Di simile, però, c’è un certo senso di accerchiamento. Alimentato da perdita di certezze e da crisi di valori. Il progetto europeista è a rischio nel momento stesso in cui, mai come prima, imprese e cittadini avrebbero bisogno di un suo rilancio. La situazione geopolitica, i nuovi scenari di guerra, la competizione economica globale e le nuove logiche di riorganizzazione delle filiere produttive stanno dando vita a un mondo che richiede risposte fuori dalla portata dei singoli Stati nazionali. L’Unione Europea è a un bivio e per capire quale strada verrà intrapresa nei prossimi anni sarà fondamentale il voto per il nuovo Parlamento di Strasburgo che a giugno porterà alle urne quasi 360 milioni di cittadini del continente. Non importa su quale simbolo ognuno di noi metterà la croce. L’auspicio è che nel recarsi al seggio ogni singolo elettore senta dentro di sé un senso di appartenenza più ampio di quello che lo lega alla propria città, alla propria regione o alla propria nazione. Senta in sé la sensazione di essere chiamato a un gesto democratico di scelta dettato dal motto “Io sono un europeo”. Italiani, tedeschi, francesi… ogni persona che vive e lavora in uno dei 27 Paesi Ue è cittadino europeo, se non per scelta, sicuramente per destino.
La contrapposizione tra le potenze Usa, Russia e Cina. L’esigenza di dar vita ad una nuova politica energetica. La necessità di difendere le produzioni strategiche (non solo da un punto di vista militare, ma anche tecnologico e di indipendenza industriale). Il rallentamento della crescita economica. Le sfide sociali globali. Quale capitale del Vecchio Continente può veramente credere di poter incidere su queste sfide senza cooperazione? È una domanda da cui dipende la nostra quotidianità: le bollette che paghiamo ogni mese, la capacità delle imprese di crescere e creare posti di lavoro, l’educazione dei nostri figli, il diritto ad avere le giuste cure. La possibilità di vivere in tempo di pace, sicuri nelle nostre case, con le nostre famiglie. Giusto avere opinioni diverse sulle soluzioni, sulle riforme, sulle azioni che occorre intraprendere per dare risposte a questi bisogni. Ma che siano europee. Cioè in grado di salvaguardare e promuovere un interesse continentale allargato. Ogni tentativo di muoversi per difendere orti più piccoli del campo della Ue sono destinati a fallire oltre che ad essere fuori dalla storia. Pena il rischio di perdere a poco a poco il nostro benessere.
“I cittadini europei – si legge nel documento ‘Fabbrica Europa’ di Confindustria per una politica industriale europea – non sono solo chiamati a scegliere chi li rappresenterà al Parlamento europeo, ma anche quale Europa vogliono costruire”. Serve, però, che a sentirsi europea sia anche tutta la classe politica. Ci faremmo male da soli, prima di tutto come Italia, se continuassimo sulla strada, troppo battuta in passato, di usare Strasburgo come trampolino di lancio per una carriera politica nazionale. Sui tavoli europei dobbiamo saperci e volerci stare nell’interesse continentale e nazionale perché è lì che si giocano le partite più importanti per il nostro futuro. Abbiamo bisogno di rappresentanti competenti che da europei (prima ancora che da europeisti) accettino di interpretare il loro ruolo come tali. A partire dalla campagna elettorale e dalla raccolta del consenso per la propria elezione. Candidati europei che parlano di politiche europee per un’Europa competitiva nel mondo. L’elettore non chiede niente di più. Ma non si può accontentare di niente di meno.
È questione di orgoglio. Europeo.
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