Le bellezze del Fai e l’identità culturale
Ville e dimore storiche, recuperi industriali, beni da salvaguardare. La provincia all’ombra delle Prealpi racchiude in sé bellezze d’arte e natura in grado di attrarre turisti e v
Ville e dimore storiche, recuperi industriali, beni da salvaguardare. La provincia all’ombra delle Prealpi racchiude in sé bellezze d’arte e natura in grado di attrarre turisti e visitatori da tutto il mondo. Parola di Marco Magnifico, Presidente del Fondo per l’Ambiente italiano
In occasione dei 100 anni dalla nascita di Giuseppe Panza, festeggiata con l’allestimento di una nuova opera di Jene Highstein, aggiunta alle 108 già donate di recente dalla famiglia alla collezione di Biumo Superiore, il Presidente del Fai – Fondo per l’Ambiente italiano, Marco Magnifico, ha sottolineato l’ottima intesa raggiunta nel tempo dai varesini con la villa. La vivono non più come aristocratica residenza, ma come luogo di armonia aperto a tutti, orgogliosamente loro. E di internazionale importanza e richiamo.
Presidente Magnifico, è un buon momento, state raccogliendo i frutti di tanto lavoro. Che cosa si dovrebbe fare ancora per Villa Panza?
Chi semina bene raccoglie i frutti. E dunque abbiamo seminato bene. I visitatori sono arrivati e nessuno più, oggi, ignora Villa Panza. La convinzione è che sia una tra le più importati dimore del territorio. Possiamo dire che è per i varesini una presenza identitaria. Adesso il compito del Fai è monitorare i gusti del pubblico, anzi dei pubblici, rispondendo a nuove esigenze. E sta poi a chi ci segue capire a propria volta lo stile del Fai, che è lo stesso da sempre.
I Beni Fai in provincia di Varese sono numerosi e di grande varietà, dalla Torre di Velate a Torba, a Villa Bozzolo, fino all’ultimo: Casa Macchi di Morazzone. Che significato ha per voi questa nuova acquisizione?
Casa Macchi è un momento felice e un frutto esemplare della nostra attività. Quando ho visto la casa ho avuto un attimo di perplessità, lo stato di abbandono richiedeva impegno, non custodiva opere o valori particolari. Ma mi sono poi convinto della peculiarità di una grande casa borghese, fermatasi nel tempo, abitata da più generazioni, rimasta intatta nella sua semplicità. Soprattutto scrigno esemplare dei valori di una borghesia perbene. Semplice, benestante ma non ricca, molto attenta agli altri. L’entusiasmo e la collaborazione fattiva e concreta del Comune, della Regione, della Provincia, e il ricordo va anche a Roberto Maroni, ci hanno poi sostenuto e aiutato. E la risposta si è vista subito dall’interesse dei visitatori.
Da sempre siete un esempio virtuoso di come si guarda al territorio e ci si occupa del suo appeal turistico, rispettandone insieme le peculiarità. Oggi bisogna tenere insieme molte necessità: tutela del patrimonio artistico e storico, rispetto dell’ambiente, ma anche sviluppo economico e tecnologico. Quali sono le valutazioni del Fai? E il turismo può essere volano fondamentale?
Noi facciamo il nostro lavoro, siamo attivi su un certo tipo di offerta. Tocca agli altri operatori capire i tempi. Che oggi per fortuna sono migliori. In passato il consumo del suolo ha avuto una tale accelerazione che dovrebbe ora conoscere uno stop. Pensiamo però al turismo che è in fase di risalita. Il Lago di Varese è tornato balneabile, si è lavorato e si vede. Ed è cresciuta in generale la sensibilità verso il paesaggio che è considerato patrimonio di tutti.
Resistono ancora tante ex fabbriche abbandonate, come nelle aree dismesse lungo l’Olona, sulle quali c’è da interrogarsi. L’esempio del magistrale restauro a opera di Aldo Rossi dell’ex cotonificio Cantoni, oggi sede della LIUC – Università Cattaneo, è stato proposto proprio nelle giornate Fai di primavera ai visitatori.
Nelle aree dismesse, le vecchie fabbriche sono identità storica del territorio. Se si può, ed è opportuno farlo, bisogna cercare di mantenerle. Hanno portato benessere e vita, e dunque sarebbe, altrimenti, cancellare un pezzo di storia. Il bell’esempio di LIUC depone a favore. Ma è importante, perché l’archeologia industriale torni ad avere un ruolo, la qualità architettonica del rispetto: ricostruire significa farlo con stile e anima. È una meta che dobbiamo porci. Non dobbiamo accettare voli pindarici per soddisfare le sperimentazioni degli architetti: Piano, Botta, Chipperfield, loro sì avrebbero senso del territorio.
Il Fai, le piace sottolineare, si occupa di monumenti e edifici storici, ma soprattutto delle storie degli uomini. State riscoprendo i paesi sopra i 600 metri di altezza, che si vanno spopolando. Nella nostra provincia ne conosciamo tanti. Da località della Valganna, come Boarezzo, alle valli del Luinese, penso a Curiglia. Non si potrebbe valutare di aprire luoghi in via di abbandono a chi ha bisogno di una casa e arriva da lontano in cerca lavoro e di una identità. Il Fai cosa ne pensa?
Il Fai ha un alpeggio in Valtellina e uno sul Montegrappa. Storie che abbiamo adottato per far sentire alcune civiltà ancora fondamentali nella vita delle nazioni. L’Europa sta cambiando, il mondo è sempre cambiato del resto, i giovani, e non solo loro, si spostano. Per evitare abbandoni o accogliere chi arriva, ci vogliono però anche strutture a portata di mano, poste, scuole, ospedali e quant’altro. Penso anche a tanti paesi del Sud: sono necessarie, anche qui, importanti agevolazioni fiscali per far rinascere i luoghi in via di spopolamento. Nel mondo si affacciano sempre nuove necessità e responsabilità. E bisogna saper rispondere, ciascuno per la propria parte.
Presidente Magnifico, un ultimo messaggio.
Abbiamo bisogno del sostegno di tutti, è necessario che tutti si ricordino di noi. Io sono soddisfatto del lavoro del Fai, ma l’aiuto non deve mancare Noi ci consideriamo una forza utile alla società. Ognuno può contribuire a quest’opera di identità culturale. Il mio appello è di ricordare a tutti che il grado di qualità culturale di un territorio aiuta il territorio stesso.