L’industria alla sfida dell’open innovation

Dalla realizzazione di una strategia allo sviluppo di procedure per implementare nuove idee. Dalla divisione di ruoli e responsabilità alla definizione di indicatori di performance. Dal coinvo

Dalla realizzazione di una strategia allo sviluppo di procedure per implementare nuove idee. Dalla divisione di ruoli e responsabilità alla definizione di indicatori di performance. Dal coinvolgimento di stakeholder alla gestione dei processi. Non c’è percorso di innovazione senza un approccio di governance strutturato. Il caso di successo di Futureclo e Boggi Milano e i suggerimenti alle imprese di PoliHub

Cos’è l’open innovation? In che modo si governa? Quali sono le opportunità per le imprese? Sono queste alcune delle domande con cui, oggi più che mai, le aziende si trovano a dover fare i conti, in uno scenario economico sempre più sfidante e competitivo. Quesiti che sono stati posti al centro di un percorso formativo pensato da Confindustria Varese e PoliHub, l’Innovation Park & Startup Accelerator del Politecnico di Milano, in stretta sinergia con l’Università LIUC, proprio per aiutare le realtà manifatturiere a destreggiarsi in un contesto in continua evoluzione. L’open innovation è una modalità di risoluzione del problema basato sul disaccoppiamento problema-soluzione – spiega Laura Prinzi, Head of Open Innovation & Corporate Programs di PoliHub –. In aggiunta ai processi di innovazione interni, per traguardare nuovi orizzonti di crescita, è importante che le aziende si dotino anche di strumenti e competenze che provengano da collaborazioni con soggetti esterni”. Si tratta, quindi, di una vera e propria contaminazione di know-how tra aziende e soggetti diversi, in particolare le startup innovative. Università e incubatori. Centri di Ricerca e acceleratori d’impresa. Un matching di competenze da condividere per poter intraprendere un percorso di open innovation e sfruttare le opportunità di crescita che ne derivano. Processi innovativi, però, che devono essere anche ben governati.

“Ogni impresa che sceglie di fare innovation deve introdurre al proprio interno una ‘costituzione dell’innovazione’ – afferma Cosimo Panetta, Founder e Ceo di Aipermind, realtà specializzata in Intelligenza Artificiale e processi innovativi per le imprese –. Principi guida, linguaggio comune e una visione d’insieme sono aspetti fondamentali all’interno di un’organizzazione che decide di intraprendere questa strada”. Dalla realizzazione di una strategia chiara allo sviluppo di procedure per implementare nuove idee. Dalla divisione di ruoli e responsabilità alla definizione di indicatori di performance. Dal coinvolgimento di collaboratori e stakeholder alla gestione di tutti i flussi per costruire un ambiente che favorisca la prosperità di intuizioni. Sono questi alcuni dei principali aspetti che disciplinano in maniera trasparente la governance dell’innovazione. Un sentiero tracciato, dunque, da seguire passo dopo passo. Un modello strategico che in alcune aziende è già realtà. Come nel caso di Futureclo, startup innovativa di Gallarate che si occupa di design innovativo e digitalizzazione per il comparto fashion. “Più di un anno fa abbiamo intrapreso un percorso di open innovation insieme a Boggi Milano, noto brand della moda – racconta German Picco, Ceo e Founder della startup varesina –. Abbiamo messo a disposizione il nostro know-how interno e il nostro background nel mondo della moda e della confezione, per sviluppare un processo digitalizzato attraverso l’utilizzo della realtà aumentata e della stampa 3D”. In pratica, Futureclo ha realizzato un avatar parametrico che sostituisce il modello di fitting (manichino). In questo modo, attraverso prototipi 3D è possibile verificare la vestibilità del capo in tempo reale.

“Una progettualità che ha permesso a Boggi di anticipare ed efficientare tutte le fasi produttive – informa Picco –. I costi di prototipazione fisica sono stati ridotti del 100%, i tempi di realizzazione della collezione sono diminuiti del 50% e quelli di produzione del 70%”. È proprio tra le righe di questa esperienza che si può cogliere la vera essenza dell’open innovation e di un approccio di governance ben pensato. Un brand da anni consolidato nel panorama della moda, che affida le proprie necessità ad un’azienda esterna. In questo caso, una startup innovativa che, come dice la stessa definizione, ha nella propria indole la capacità di saper fare innovazione. Efficientamento dei costi e delle risorse, tempestività e flessibilità sono alcune delle performance raggiunte dalla collaborazione tra Futureclo e Boggi. Un percorso strutturato, appunto, che deve essere fatto step by step. Lavorare in team verso obiettivi comuni è un altro aspetto fondamentale. “La probabilità di avere successo è maggiore allineando gli sforzi, ottimizzando l’allocazione delle risorse e promuovendo una cultura dell’open innovation – continua Cosimo Panetta –. Non esiste un approccio universale, adatto a piccole e medie imprese o grandi realtà. Bisogna costruire un business model in continua evoluzione”. Questo perché, secondo Panetta, “la percentuale di fallimento quando si parla di innovation è variabile e, spesso, a doppia cifra”. 

Costruire un ecosistema di innovazione collaborando attivamente con stakeholder e partner “è un fattore cruciale per lo sviluppo delle imprese. Una menzione particolare va fatta in relazione alla collaborazione con le Università, cantieri di nuove idee”, spiega Laura Prinzi: “Ci sono figure professionali sempre più specializzate oggi”. Innovation Manager, Chief Innovation Officer, Innovation Consultant, Business Development Manager, Digital Transformation Specialist: sono alcune delle nuove professionalità che un’impresa, anche Pmi, deve introdurre se decide di percorrere questa strada. Gli strumenti per fare innovazione ci sono. Le competenze in questo ambito possono essere allenate. Le opportunità per le imprese sono tangibili. Ma c’è ancora qualche tassello mancante su cui lavorare. “Siamo una provincia con una consolidata tradizione manifatturiera che, però, non riesce a mettere a segno performance brillanti in tema di innovazione – conclude Luca Donelli, Vicepresidente di Confindustria Varese –. Ci sono ancora lacune da colmare, nonostante sul nostro territorio siano presenti gran parte degli elementi che dovrebbero favorire una cultura diffusa dell’innovazione, partendo, per esempio, dalla nascita di startup. Per questo abbiamo stretto un accordo con PoliHub, un primo passo per colmare questo gap, che si inquadra nel nostro Piano Strategico #Varese2050 e che inizialmente sarà rivolto alle aziende meccaniche e siderurgiche. Ma a cui stiamo già facendo seguire altre iniziative, come l’avvio di un corso proprio sull’open innovation insieme alla LIUC Business School”.  

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