L’incontro tra cultura e manifattura
Arte e industria: due mondi solo apparentemente lontani, accomunati dalla sfida di far nascere progetti dalla contaminazione reciproca, che possano essere motivo d’orgoglio per tutto il territo
Arte e industria: due mondi solo apparentemente lontani, accomunati dalla sfida di far nascere progetti dalla contaminazione reciproca, che possano essere motivo d’orgoglio per tutto il territorio. Attrattività, reputazione, responsabilità sociale d’impresa e network. Questi i fattori chiave attorno cui, secondo l’analisi del laboratorio di comunicazione The Round Table, ruota il rapporto tra espressioni artistiche e sistema imprenditoriale. Un qualcosa che va ben oltre il mero mecenatismo. Le testimonianze di Museo Maga, Sea, Missoni, Saporiti Italia e Ricola
Il trasferimento di valori che vanno oltre il successo economico; la co-costruzione dell’orgoglio cittadino; l’accrescimento della responsabilità sociale d’impresa; la valorizzazione della cultura come fattore sociale; il rafforzamento delle relazioni, tra mondo pubblico e privato, ma anche con la comunità e il territorio. Questi i motivi che spingono le imprese a investire nell’arte. Lo dicono i risultati dell’analisi sulle partnership tra il settore imprenditoriale e gli enti culturali, condotta dal laboratorio di comunicazione integrata The Round Table, in collaborazione con l’istituto di ricerche di mercato Astarea, per Confindustria Cuneo. Una ricerca effettuata sulla base di 36 interviste telefoniche rivolte ad Amministratori Delegati, Ceo, Responsabili degli eventi culturali e manager delle risorse umane di diverse aziende. Un’analisi i cui risultati sono stati esposti dal Fondatore di The Round Table, Francesco Moneta, anche durante l’evento conclusivo del recente Festival del Giornalismo Digitale “Glocal” dedicato proprio al tema del rapporto tra arte e impresa, organizzato da Confindustria Varese in collaborazione con Museo Maga e Varesenews. “Le imprese – spiega Moneta – hanno imparato a considerare gli investimenti in arte e cultura come qualcosa di funzionale anche in termini di marketing e di reputazione. Tanto che un numero sempre più significativo di aziende investono in cultura pianificando queste partnership nelle loro azioni di comunicazione”.
Le modalità di investimento, i driver motivanti, i vantaggi percepiti, il valore reputazionale, la relazione con gli operatori culturali. Questi alcuni dei fattori presi in considerazione nell’analisi sul rapporto tra i due mondi: arte e impresa, appunto. Tutt’altro che distanti. Due cosmi che, forse, comunicano con linguaggi differenti, ma il cui dialogo porta con sé la possibilità di far nascere sinergie proficue. Non solo per i singoli attori coinvolti, ma per l’intero territorio e le sue persone che, in fondo, da sempre, si nutrono di sapere. Che sia di tipo umanistico, scientifico o artistico. Nessuno di questi si allontana da quel bagaglio di conoscenze che porta con sé il mondo industriale. Anzi. È proprio dal tessuto manifatturiero che, talvolta, nascono molteplici e nuove forme di espressione. Un intreccio di conoscenze e saperi, passando attraverso la tecnologia, la scienza e le tradizioni culturali, che ha le potenzialità per dare vita a progetti intrisi di emozioni, oltre che di storia e tecnica. Per dirla con le parole della Direttrice generale del Museo Maga di Gallarate, Emma Zanella: “Si tratta di sinergie in cui le imprese non sostengono solo economicamente l’idea artistica, ma di collaborazioni in cui si sceglie insieme a quali progetti dare vita. Oggi emerge proprio la volontà di fare rete e il senso di responsabilità sociale”.
Praticamente, ciò di cui parla la Direttrice del Maga, è una modalità di lavoro al fianco delle realtà manifatturiere, che pone al centro le esigenze di tutti, sia del mondo imprenditoriale, sia di quello culturale, così da instaurare una contaminazione reciproca in grado di far nascere progetti innovativi. Ma, soprattutto, si tratta di un modo nuovo di intendere le partnership in cui la figura dell’imprenditore non è più intesa solo come un soggetto economico, ma il depositario di una cultura a tutti gli effetti. È così che queste collaborazioni diventano degli elementi chiave di ingranaggi che vanno ben oltre alla sponsorizzazione e al mecenatismo. Spiega così la centralità delle relazioni che intercorrono tra il mondo della cultura e delle imprese, il Presidente della Fondazione Silvio Zanella, che gestisce il Maga, Angelo Crespi: “La partnership tra le grandi aziende del territorio e un museo di rilevanza nazionale come il Maga è la dimostrazione che la collaborazione tra pubblico e privato può diventare la principale leva per valorizzare, da un lato, le tradizioni, l’identità e il patrimonio della comunità e, dall’altro, trovare nuove forme di welfare aziendale, attuando progetti culturali e formativi condivisi. Oggi gli imprenditori possono diventare veri attori anche nel settore culturale”. E certe realtà manifatturiere del territorio varesino lo sanno bene.
Il tema del rapporto tra arte e impresa è stato protagonista anche dell’evento conclusivo del Festival del Giornalismo Digitale Glocal, organizzato da Confindustria Varese in collaborazione con Museo Maga e Varesenews
A confermare le parole di Crespi, la Vicepresidente di Confindustria Varese, Eleonora Merlo: “Anche la nostra manifattura può essere produttrice di creatività. Non è solo questione di mecenatismo ma di espressioni artistiche di cui il made in Italy, e con esso il made in Varese, ha dato prova nel tempo con le proprie produzioni e con il proprio saper fare. Il nostro territorio è ricco di esempi. Non solo in quei settori dove il bello è parte essenziale del business. Anche nell’industria più tradizionale abbiamo saputo reinterpretare la capacità manifatturiera in chiave artistica, contribuendo alla realizzazione di opere d’arte o alla nascita di musei industriali”.
Un patrimonio, questo, da saper valorizzare. Un po’ come ha fatto Sea Spa, la società che gestisce l’aeroporto di Malpensa, oltre a quello di Linate, portando l’arte proprio all’interno delle mura aeroportuali. Nelle Vip Lounge, ma anche nelle aree dedicate al check-in e agli arrivi, fino a quello spazio immersivo conosciuto come “Porta di Milano” che fa da collegamento tra il Terminal 1 e la stazione ferroviaria.
“Non siamo un’azienda di prodotto, ma un luogo di passaggio dove viene dato un servizio ai cittadini. Per questo insistiamo sulla necessità di una profonda connessione tra lo scalo e tutti gli altri luoghi della provincia in cui si svolgono eventi culturali. Affinché il nostro venga visto come l’esempio di una buona integrazione di un’infrastruttura importante, come quella di un aeroporto, col territorio circostante – sottolinea Maurizio Baruffi, Responsabile Relazioni Istituzionali di Sea –. Per lo stesso motivo, per noi non è importante l’uscita sull’articolo di giornale del nostro brand in qualità di sponsor di un progetto artistico, ma, piuttosto, la pubblicazione di tanti articoli su quell’opera che la nostra Società ha sponsorizzato. Più c’è una valorizzazione dell’opera che il luogo ospita, più quel posto viene riconosciuto come bacino da cui attingere cultura”. Sea non è l’unica realtà imprenditoriale sul territorio a guardare all’arte come risorsa su cui fare leva.
Altri esempi sono Missoni Spa, Saporiti Italia Spa e Ricola, il gruppo svizzero, famoso per i suoi prodotti a base di erbe officinali, presente nella provincia varesina con lo stabilimento Divita Srl a Busto Arsizio. In certi casi il legame con l’arte è nel Dna. Basti pensare a Saporiti Italia, l’azienda attiva nel settore del design, presente sul territorio con lo stabilimento di Besnate. Alcuni dei prodotti dell’impresa, infatti, sono stati disegnati da architetti dal calibro internazionale ed esposti in musei d’arte tra i più famosi al mondo come, ad esempio, la Triennale di Milano, la Biennale di Venezia, il Museum of Modern art di New York e il Museum of Contemporary art di Los Angeles. Senza dimenticare la collaborazione con il Maga di Gallarate: “Con Saporiti Italia – tiene ad evidenziare la Direttrice del museo, Emma Zanella –, stiamo realizzando un progetto rivolto a 100 giovani creativi per arrivare a nuove proposte dedicate alla Miamina”. La famosa seduta pieghevole, originariamente realizzata con i tessuti disegnati da Missoni.
Ed è proprio anche Missoni che, con l’Archivio di Albusciago, non lontano dallo stabilimento di Sumirago, offre al territorio e in particolare agli studenti di moda, un luogo in cui approfondire le conoscenze della sartoria italiana. Uno scrigno di 25.000 capi d’abbigliamento, oltre a una miriade di accessori, campioni di tessuto, libri e fotografie. Ma non è tutto, tra le partnership della casa di moda anche “Intrecci”: “Un progetto educativo, in collaborazione con Maga, dedicato agli studenti delle scuole superiori. Più precisamente – spiega Luca Missoni, Direttore Artistico dell’Archivio Missoni –, si tratta di laboratori attraverso cui i ragazzi, ispirandosi ai nostri arazzi, imparano ad usare i telai. È una grande soddisfazione sapere che i giovani possono aggiungere, grazie a questa collaborazione, un’esperienza creativa al loro bagaglio formativo”.
In altri casi l’arte è espressione anche della sostenibilità. Un esempio è Ricola che, oltre a collezionare sin dagli anni ‘70 arte contemporanea svizzera, è attenta al territorio fin dalla sua nascita. Lo racconta così Luca Morari, Vice President Region Southern Europe di Ricola e Amministratore Delegato di Divita, la società del gruppo che cura la distribuzione dei prodotti in Italia: “Per noi la sostenibilità è la restituzione culturale di quello che recepiamo dal territorio. Ecco da dove nascono gli edifici esteticamente belli e sostenibili di Ricola. Un esempio è il Centro delle erbe di Laufen. Un luogo realizzato, non a caso, da blocchi di argilla come perfetto isolante che permette di salvaguardare l’ambiente con un risparmio energetico sia in estate sia in inverno”. Esempi, questi, di una responsabilità sociale d’impresa che si concretizza nell’arte di saper valorizzare, attraverso la cultura, le infrastrutture e i patrimoni aziendali. Il rapporto tra arte e impresa è capace anche di questo.
Il cemento di Colacem diventa performance
“Organismi evoluzione. L’arte guarda la sostenibilità”. Questo il titolo di una recente visual performance organizzata all’Auditorium del Centro Congressi Stella Polare a Fiera Milano Rho da Colacem Spa, il gruppo industriale attivo a livello internazionale nella produzione di cemento e presente sul territorio varesino con lo stabilimento di Caravate. Uno spettacolo fatto di arti visive, fotografia, musica e danza moderna tramite le opere degli artisti Carlo Bevilacqua, Francesco Di Loreto, Alice Paltrinieri, Aymen Yaya e le coreografie di DanzArt di Cecilia Monacelli. Il tutto per raccontare la storia dell’azienda: dalla sua origine in una cava a quella che è oggi con 6 stabilimenti e una forza lavoro di oltre 800 persone, solo sul territorio nazionale. Un esempio concreto di ciò che può nascere dalla sinergia tra arte e impresa: “Il cemento è un prodotto che non parla, se non quando prende forma seguendo le idee dell’uomo che lo utilizza. Con ‘Organismi evoluzione’ – precisano da Colacem in una nota stampa – abbiamo voluto dare voce alla fabbrica, per trovare risposte al perché facciamo le cose, per parlare del cemento e del suo futuro, ma anche per riflettere sulla capacità delle realtà manifatturiere di sintetizzare la creatività e l’immaginazione per soddisfare quelle esigenze di sicurezza e di benessere nella sostenibilità”.
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