Il futuro prossimo è nell’industria

Acciaierie, vetrerie, cartiere. È nei settori manifatturieri, dove per produrre serve raggiungere alte temperature, che si concentrerà maggiormente l’impiego dell’idrogeno n

Acciaierie, vetrerie, cartiere. È nei settori manifatturieri, dove per produrre serve raggiungere alte temperature, che si concentrerà maggiormente l’impiego dell’idrogeno nei prossimi anni. Questa la previsione di Alessandro Lanza, Direttore della Fondazione Eni Enrico Mattei e autore del libro “Energia Arcobaleno”

‘‘L’idrogeno non è la soluzione per la decarbonizzazione, ma una delle soluzioni possibili”. L’uso dell’articolo indeterminativo, al posto di quello determinativo e il passaggio dal singolare al plurale fanno la differenza. Non solo a livello grammaticale, ma anche di visione su quello che avverrà nella transizione ecologica dei prossimi anni e, in particolare, nel ruolo che in essa avrà l’idrogeno. Ne è convinto Alessandro Lanza, Direttore della Fondazione Eni Enrico Mattei e autore del libro “Energia Arcobaleno – Il futuro è dell’idrogeno?” 

Direttore Lanza, qual è la risposta alla domanda che lei pone al lettore nel sottotitolo del suo volume? Insomma, il futuro sarà veramente ad appannaggio dell’idrogeno?
Sì, no, forse. Nel senso che l’idrogeno può rappresentare un utile tassello in una più ampia strategia di decarbonizzazione, ma non può rappresentare l’unica soluzione. Serve un mix di strade da percorrere, non escluso l’utilizzo ancora per diverso tempo di una certa quantità, seppur notevolmente ridotta, di fonti fossili. Mentre per il ritorno al nucleare nel nostro Paese nutro personalmente un forte scetticismo. I tempi sarebbero lunghissimi, decenni.

Il suo libro parla di “energia arcobaleno” perché esistono vari modi di produrre idrogeno, ognuno indicato con un colore. Nello specifico caso dell’idrogeno verde, qual è la sfida che abbiamo di fronte?
L’idrogeno è verde se viene ricavato utilizzando l’energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili: eolico, solare, idroelettrico. Il problema sta dunque principalmente qui. Ma occorre porsi soprattutto una domanda: se ho già prodotto elettricità con fonti alternative, perché utilizzarla per ricavare idrogeno e non usarla direttamente come energia?

Già, perché? Se ne discute tanto nella mobilità. Nel trasporto aereo, per esempio, si parla più dello sviluppo di aerei a idrogeno, che di velivoli elettrici.
Sì, però, in questo specifico caso ci sono ancora molti aspetti di sicurezza da risolvere. Nel settore delle automobili invece nell’utilizzo dell’idrogeno si è ancora molto indietro rispetto all’elettrico sul fronte infrastrutture. Pensiamo ai modelli di autovetture in commercio o alla rete di rifornimento. Nel nostro Paese, secondo le mie informazioni, c’è solo un distributore dove rifornirsi di idrogeno.

C’è chi parla di un possibile impiego nell’autotrasporto pesante. Ossia i camion.
Sì, su quel fronte vedo maggiori margini di applicazione. Anche se, me lo faccia dire, personalmente credo che il Pnrr sia stata un’occasione mancata per mettere sui treni le merci dei Tir che viaggiano sulle nostre autostrade. Abbiamo perso un’opportunità d’oro di un’azione di transizione ecologica che avrebbe dato significativi risultati. Nel Piano, però, non un euro è stato stanziato a questo fine.

Sul lato trasporti vede altre possibilità di impiego dell’idrogeno?
Un’applicazione possibile è sulle navi. Molte di quelle grandi, soprattutto quelle che viaggiano nel Mediterraneo dove ci sono obblighi di legge, hanno già oggi motori elettrici che vengono fatti funzionare con il gasolio. Ecco in questi casi si potrebbe utilizzare l’idrogeno. 

Ma in quale settore, secondo lei, oggi sarebbe più strategico usare l’idrogeno?
In tutte quelle attività in cui serve molto calore. Penso dunque a determinati settori manifatturieri. Per esempio, alle acciaierie, all’industria del vetro, alle cartiere. Produzioni dove bisogna arrivare fino a 700 gradi, oggi ottenibili solo con fonti fossili. 

C’è però una sfida di conversione degli impianti industriali.
Sì, ma non è un grosso problema. Non parliamo di tecnologie stellari. Sappiamo come si fa. 

Non rischia però di essere un problema di sostenibilità economica, soprattutto per le Pmi?
Dipende qual è il punto di partenza. Quanto costa l’anidride carbonica? Detto diversamente: l’investimento sarà tanto più abbordabile, tanto più aumenterà la carbon tax, ossia la tassa che viene imposta a chi utilizza le fonti fossili con relative emissioni. 

Quindi è questione di politica industriale.
Ovviamente è questione di politica industriale. Ma direi anche di politica in generale. Bisogna capire quanto vogliamo essere seri quando diciamo di voler decarbonizzare la nostra economia. Cosa che dovremo fare, perché il cambiamento climatico, per chi ancora non se ne fosse ancora accorto, è un problema molto serio che dobbiamo risolvere. Non ci sono alternative. Un economista parlerebbe di prezzi relativi. Sull’idrogeno, però, c’è un fronte su cui, come Italia, abbiamo un vantaggio.

Quale?
Quello dell’idrogeno blu, ricavato dal metano. Dal gas viene separato l’idrogeno e la rimanente anidride carbonica deve essere stoccata sottoterra. Sappiamo come si fa e abbiamo la geologia per poterlo fare. Abbiamo milioni di metri cubi di ex depositi di gas naturale. Penso alla Pianura Padana e al Mar Adriatico. Se ne parla però ancora troppo poco.  

Un ultimo esempio di impiego che potrebbe avere l’idrogeno?
Lo stoccaggio di energia. Pensiamo all’energia elettrica prodotta dal solare. Quando c’è sovraproduzione, il rischio oggi è di disperderla. Trasformarla in idrogeno verde permetterebbe di immagazzinarla e utilizzarla quando serve. 

Sui treni?
Dipende quanto costa elettrificare una determinata tratta, rispetto all’investimento in motrici a idrogeno. Su questo servono maggiori studi di confronto.  

Articoli correlati