Il diamante della competitività
Ad aiutare Univa a costruire il Piano Strategico #Varese2050 è il team del think tank Strategique, con sede ad Harvard, guidato dal professor Fernando G. Alberti, che è anche direttore
Ad aiutare Univa a costruire il Piano Strategico #Varese2050 è il team del think tank Strategique, con sede ad Harvard, guidato dal professor Fernando G. Alberti, che è anche direttore dell’Institute for Entrepreneurship and Competitiveness alla LIUC – Università Cattaneo. Ecco come e con quale metodo scientifico
È al think tank internazionale Strategique, con sede ad Harvard e incentrato su processi imprenditoriali, innovativi e strategici per accelerare la competitività di aziende e territori, che Univa si è rivolta per tracciare le traiettorie di sviluppo della Varese del futuro. A guidare il team di ricercatori che utilizzano il metodo ideato da Michael Porter, direttore dell’Institute for Strategy and Competitiveness dell’Harvard Business School, è il professor Fernando G. Alberti che, oltre essere Head di Strategique, è anche professore Ordinario di Economia aziendale e Direttore dell’Institute for Entrepreneurship and Competitiveness alla LIUC – Università Cattaneo di Castellanza.
Professor Alberti qual è il lavoro che state portando avanti per conto dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese?
Quella che ci è arrivata da Univa è una richiesta sempre più frequente sia a livello nazionale, sia internazionale. A noi si rivolgono associazioni di categoria, come in questo caso. Oppure singole imprese, cordate di aziende, cluster. L’idea è quella di creare un Piano Strategico di lungo periodo che non sia calato dall’alto ma che nasca dal confronto e dalla condivisione con gli stakeholder dell’organizzazione. Amministratori pubblici, Università, sindacati, imprenditori, giovani titolari d’impresa, funzionari della stessa Univa, giornalisti. Rappresentanti di vari mondi portatori di visioni diverse che abbiamo coinvolto in quattro workshop e con una serie di interviste. Quella che stiamo portando avanti non è semplicemente un’analisi al desk di dati economici da accompagnare ad un’interpretazione qualitativa, come spesso avviene con pubblicazioni che poi hanno il destino di prendere polvere sugli scaffali delle librerie. Strategique non è una società di consulenza, ma un think tank che applica il metodo del design thinking, è un approccio completamente diverso che va oltre una fotografia del posizionamento della provincia di Varese.
Dunque, che cosa ci dobbiamo attendere come risultato finale? In cosa consisterà il Piano Strategico per la provincia di Varese e per Univa?
Il risultato finale sarà un assesment competitivo della provincia di Varese dove saranno descritti i punti di forza sui quali fare leva per la crescita futura e quelli deboli su cui intervenire. Definiremo un posizionamento strategico sul quale basare una value proposition e linee di azione e priorità strategiche che Univa porterà avanti nei prossimi anni. Ogni azione avrà una propria scheda dettagliata che indicherà, oltre alle proposte concrete, anche gli stakeholder con i quali l’associazione datoriale dovrà e potrà relazionarsi e collaborare.
Come arriverete a questo risultato finale?
Abbiamo iniziato con l’elaborazione di un cruscotto della competitività che fotografa la struttura dell’economia territoriale, protagonisti e come viene prodotto valore. Stiamo definendo produttività, livello di innovazione, partecipazione della forza lavoro e i singoli settori applicando un algoritmo sviluppato da Michael Porter. Ci serve per capire quali comparti sono in espansione e perché e quali si stanno contraendo. È fondamentale anche un’analisi di tutti i cluster presenti e dell’ecosistema imprenditoriale. Tutto questo ci porterà a definire quello che noi chiamiamo ‘diamante della competitività’ che ci permetterà di individuare quelle filiere in grado di rafforzare tutto il contesto economico e sociale locale. Da qui applicheremo poi a Varese un indice di fermento imprenditoriale creato a Stanford che permetterà di evidenziare le prospettive in termini di tessuto industriale, sviluppo di competenze, sviluppo finanziario, performance imprenditoriali e innovazione. Questo indice sarà alla base di un benchmark con territori simili a Varese, sia a livello nazionale sia internazionale. Anche in questo caso utilizzeremo un algoritmo sviluppato da ricercatori universitari dei Paesi Baschi. Tutte queste sono le fasi necessarie a stilare quell’assesment competitivo finale di cui parlavo prima, con le azioni concrete da portare avanti per disegnare la Varese del 2050.
Algoritmi, indici, analisi e ascolto. Un metodo scientifico per progettare un territorio. Non potrebbe essere un approccio al quale anche la politica si potrebbe ispirare? Ci sono Amministrazioni pubbliche nazionali o estere che si sono rivolte in passato a Strategique?
Tendenzialmente no. Il governo pubblico in realtà non ci ingaggia per due motivi. Il primo è il suo orizzonte di vita che impone di costruire un consenso per la propria rielezione nel breve periodo, pensiamo per esempio alle elezioni di midterm negli Usa. Il nostro approccio, che è quello di Michael Porter, è di lungo periodo e prevede decenni per arrivare ai risultati attesi. Il secondo motivo è che la costruzione di questi piani strategici spetta di più a chi è deputato a creare valore, ossia le singole imprese, i cluster di aziende o chi le rappresenta, come le associazioni di categoria. La Pubblica Amministrazione, nella nostra stessa visione, ha più un ruolo di arbitro e di distributore di un valore che, però, viene creato nel contesto privato. Ciò detto ci sono casi eccellenti, come per esempio la città di New York dove da anni il Piano Strategico di sviluppo passa da un’amministrazione all’altra, come un testimone. Magari con qualche modifica, in una logica evolutiva, ma comunque rimanendo fedele al lavoro originario. Ma parliamo di un unicum e di una realtà iconica a livello internazionale. In Italia qualche primo approccio lo abbiamo ricevuto da alcune Regioni.
Come si costruisce oggi la competitività di un territorio?
Non certo con una politica di incentivi come l’azzeramento dei tassi sui finanziamenti o sugli oneri sociali per attrarre investimenti. Così fai da calamita solo per i peggiori della classe, gli opportunisti che poi, finito il periodo delle agevolazioni, se ne vanno. Un esempio è il South Carolina. Non funziona nemmeno il tentativo di replicare sul territorio delle nuove Silicon Valley. Queste soluzioni calate dall’alto, top-down, hanno scarse probabilità di successo. In realtà il metodo giusto è bottom-up, bisogna saper leggere i fenomeni micro, quelli già presenti sul territorio, specifici fenomeni imprenditoriali spontanei che magari inconsapevolmente stanno già lavorando da tempo su traiettorie che vanno nella stessa direzione. Se un’organizzazione, come un’associazione datoriale, riesce a cogliere e interpretare questi fenomeni, è possibile creare un fil rouge coerente sul quale costruire un Piano Strategico, appunto.
Un caso di successo italiano in questo senso?
La Motor Valley emiliana.
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