Alla scoperta della Valvassera

Passeggiando nella valle adiacente alla Valganna è possibile addentrarsi in un particolare viaggio nel tempo. Tra filoni di galena argentifera, che hanno attratto l’attenzione di geologi

Passeggiando nella valle adiacente alla Valganna è possibile addentrarsi in un particolare viaggio nel tempo. Tra filoni di galena argentifera, che hanno attratto l’attenzione di geologi e imprenditori per secoli, e la vita delle miniere nelle Prealpi Varesine. Senza dimenticare storie e racconti misteriosi

La Valganna, per il suo aspetto e le leggende che la permeano, sembra la valle perfetta per custodire storie e racconti. Passeggiando per i suoi fitti boschi non è raro imbattersi in scenari da sogno: cascate, radure, laghetti e cavità nella roccia che sembrano portali verso altre dimensioni. Sono numerose le grotte presenti nella valle, alcune naturali ed altre artificiali, che vennero scavate quando nella valle vi era attività mineraria. Ancora oggi il percorso verso l’entrata alla miniera è una passeggiata affascinante che fiancheggia cascate (come l’imponente cascata della Valvassera fino ad altre minori che costellano tutto il tragitto), antichi edifici e zone boschive. Arrivati alla miniera abbandonata, è bene fermarsi all’ingresso della caverna, in quanto al suo interno sono presenti buchi e pozze e potrebbe essere molto pericoloso addentrarsi senza una guida esperta o uno speleologo.

Le miniere della Valvassera

La valle adiacente alla Valganna, la Valvassera, custodisce un segreto affascinante che ha dato forma alla sua storia e all’economia locale: una miniera di galena argentifera nelle Prealpi Varesine. Questo luogo un tempo fiorente è stato per un breve periodo il cuore pulsante dell’attività estrattiva, con filoni minerali che hanno attratto l’attenzione di geologi e imprenditori per secoli. 
“Le miniere qui sono antiche, nel senso che risalgono persino all’epoca romana, anche se non ci sono prove concrete sulla loro reale origine – spiega Matteo Goglio, Accompagnatore all’Ascolto in natura –. Però sono state utilizzate in maniera particolare durante il periodo napoleonico. Napoleone aveva dato diverse concessioni per estrarre piombo e materiale principalmente per l’industria bellica. Sono state poi abbandonate, dopo fasi di utilizzo alterne, definitivamente a metà del ‘900. È incredibile come l’essere umano riesca ad entrare nella terra”.
Questo giacimento minerale eccezionale, oltre ad alcune vene di argento, piombo e pare anche d’oro, custodiva anche altri tesori naturali come la baritina rosea, la fluorite, la pirite, la molibdenite, l’arsenopirite, il quarzo, la siderite e la magnetite. Le prime ricerche hanno dimostrato che la miniera potrebbe essere stata sfruttata già in età celto-romana, come suggerito anche dal toponimo “Vassera”, che nel dialetto celtico significa proprio “acqua”. La zona d’altronde è ricca di cascate e torrenti: la forza dell’acqua era indispensabile. Durante il XIV secolo, l’attività estrattiva era sicuramente in corso, mentre nel periodo rinascimentale sembra fosse operativa solo a fasi alterne.
Uno dei resoconti più rilevanti sulla miniera di Ganna viene tramandato dal viaggio dell’abate Amoretti alle Alpi, durante il quale compì ricerche mineralogiche e geologiche, alla ricerca di filoni torbosi e metallici utilizzando metodi elettrometrici. Attraverso il suo manoscritto “Viaggio alle Alpi”, si può dedurre che la miniera fosse stata sfruttata in modo continuativo nella seconda metà del XVIII secolo. Amoretti menziona anche la presenza di fornaci tra Valganna e Valcuvia, dove l’abbondanza di castagneti garantiva il combustibile necessario per far funzionare i forni.

Un viaggio nel tempo

Può sembrare strano ma un tempo, in questa valle e per oltre un secolo, l’economia e il commercio si sono basati anche sull’estrazione di minerali dal sottosuolo. Era un’attività secondaria ma che comunque ha lasciato profonde tracce, ancora oggi visibili lungo i sentieri. Non solo i vecchi cunicoli della miniera, profondi decine di metri, ma anche le antiche case dei minatori, i forni dove il materiale estratto veniva cotto. 
Il crollo del mercato metallurgico europeo tra il XIX e il XX secolo portò alla temporanea chiusura della miniera. A inizio ‘900 l’attività riprese e si intensificò per poi terminare nel 1935. Ma non era ancora terminata la vita delle miniere. 
Come riporta il sito Internet specializzato sulla Valganna, valganna.info: “Il giacimento fu riattivato, nel 1943, dalla MI.RI.VA (Miniere Riunite Varesine, ndr.) che ne diresse a fasi alterne la gestione, unendosi nel 1945 con altri gruppi societari. Furono così riarmate le gallerie in avanzato stato di abbandono e liberati i passaggi dai crolli, nonché costruiti ulteriori condotti, fornelli e pozzi”.
Nel 1965, anno della definitiva chiusura, l’intera miniera della Valvassera comprendeva “un totale di circa 4 chilometri di gallerie. L’area degli scavi più antichi era ubicata al di sopra del livello traverso banco ‘Schimdt’ e includeva i piani di sfruttamento ‘San Carlo’, ‘San Gemolo’, ‘Fortuna’ e ‘Romano”. Nel corso degli anni ‘50 e ‘60 del ‘900, furono allestiti nuovi condotti scavati mediante mine e martelli pneumatici, quali: la galleria ‘Bianchi’, il livello ‘Umberto’ e il pozzo ‘Scarioni’. Il grezzo era trasferito dal ribasso ‘Cesare’ (528 metri sul livello del mare) alla laveria nel piazzale antistante la coltivazione e, dopo la cernita, al silo di flottazione per l’arricchimento del minerale; il trasporto era effettuato da decauville con quattro carrelli trainati da un locomotore a benzina dalla potenza di 16 cavalli. L’intero impianto funzionava grazie a due dighe edificate, l’una, sulla Castellera e, l’altra, sul torrente Margorabbia. Dal 1953 al 1956, lavorarono nei cantieri sotterranei otto operai su due turni. Ogni singola squadra era composta da: un minatore, un aiuto minatore e due manovali. Nell’ultimo periodo di attività la miniera produceva circa 9 tonnellate al mese di galena argentifera, ma nel 1957 il suo ricavato era già sceso a sole 4 tonnellate. La coltivazione fu chiusa nel 1965 per fallimento finanziario delle società esercenti”. 

Fantasmi e leggende

Se la storia delle miniere della Valvassera è permeata da un alone di mistero, quella dei suoi cunicoli lo è da leggende e strani racconti che circolano soprattutto in rete. Su YouTube, infatti, digitando “Miniere della Valvassera” si possono ammirare non solo interessanti spedizioni di speleologi fino negli angoli più profondi delle gallerie, ma anche “test” per “stanare” fantasmi e strane creature che, leggenda vuole, popolino quei luoghi. A partire da una non meglio precisata “entità” trasparente che come una nebbia ogni tanto si sviluppa dal lago di un cunicolo fino a inseguire un malaugurato visitatore. Altre testimonianze parlano invece di una strana figura antropomorfa che circolerebbe nel profondo di un buco nel ventre della terra. Sarà vero? Quello che è certo è che questi luoghi, con i loro silenzi e i loro paesaggi, da secoli non solo sono stati una ricchezza economica per la popolazione, ma anche fucina di storie e fantasie che non si spengono mai e che ancora oggi non smettono di affascinare grandi e piccini.  

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