L’olio che fa del bene

Nasce con il gesto simbolico del parroco varesino di Bosto, per diventare col tempo un business di nicchia fatto di 300 bottiglie prodotte di media in un anno, ma in grado di alimentare un circuito e

Nasce con il gesto simbolico del parroco varesino di Bosto, per diventare col tempo un business di nicchia fatto di 300 bottiglie prodotte di media in un anno, ma in grado di alimentare un circuito economico sostenibile con fini di beneficenza. La storia del nettare di S. Imerio

C’è la vecchietta che arriva appoggiandosi al bastone e stringe in pugno tre olive raccolte nel suo giardino. L’ospedale di Circolo consegna puntualmente il frutto di due piante d’ulivo e altrettanto fa l’hotel Ungheria in viale Borri. Il parrocchiano arriva con la cassetta o il sacchetto pieno di succosi frutti raccolti dietro casa e la serra professionale chiama per offrire il proprio obolo. “Il buon cuore della gente è il segreto più importante dell’olio di S. Imerio – spiega Enrico Marocchi, presidente dell’associazione olivicoltori varesini –. Il concorso di tutti è commovente e noi facciamo in modo che non vada persa una sola stilla del prezioso nettare. In dodici anni abbiamo raccolto con le offerte oltre 90 mila euro che sono stati devoluti in beneficenza”.

All’inizio nessuno ci credeva. Raccogliere le olive nel quartiere di Varese di Bosto sembrava un passatempo per studenti svogliati e pensionati in cerca di qualcosa da fare. Ma in pochi anni l’olio di S. Imerio è diventato un grande business benefico. Il merito è di don Pietro Giola, il parroco di Bosto oggi in pensione, che nel freddo inverno del 2001, con la guerra in corso nel Kosovo, interrò un ulivo simbolo di pace e prosperità davanti alla chiesa di S. Imerio. La pianta miracolosamente sopravvisse alle rigide temperature sottozero e fruttò le prime olive che furono messe in salamoia. Poi, nel tempo, il rivolo è diventato un fiume d’olio extravergine grazie al buon cuore della gente.

Il grosso delle olive arriva dal monte Bernasco. È il terreno di 4500 metri quadrati che il Comune di Varese concesse in comodato d’uso nel 2011, per trent’anni, strappandolo ai progetti di edilizia residenziale. Un terreno meravigliosamente panoramico tra Bosto e Capolago che faceva gola a tanti. In quello stesso anno si costituì l’Associazione Olivicoltori di S. Imerio che alleggerì la parrocchia dei compiti amministrativi e mise a dimora centoventisette pianticelle, donate in gran parte dall’azienda florovivaistica Nicora. Altre trenta furono piantate a Morosolo da un coltivatore del lago d’Iseo in un’area concessa in gestione dalla parrocchia. Oggi, dopo sei anni, le cifre dicono tutto. Oltre 1200 chili di olive raccolti a stagione, quattrocento bottiglie prodotte nel 2016 (trecento in media) offerte al pubblico ad un minimo di quindici euro. Gli incassi vanno, secondo le annate, dai tre ai quindicimila euro.

Non si usa la macina  
“Purtroppo il 2017 sarà più avaro di olive per colpa del solleone che ha picchiato duro in estate, ma l’olio di S. Imerio continuerà imperterrito a fare i suoi miracoli”, sorride fiducioso il presidente Marocchi, fondatore del progetto insieme a don Pietro Giola. “L’olio ha rivitalizzato la tradizionale festa di S. Imerio che si trascinava stancamente, ha parlato al cuore dei fedeli e riscoperto il passato di Bosto, le storie del beato Cristoforo Piccinelli, uomo dottissimo e dimenticato e del martire Gaspare Daverio trucidato a Praga, capitale della Repubblica Ceca con cui siamo gemellati”. 
Non è tutto. La festa di S. Imerio con il suo strascico di bancarelle, di biscotti cotti dalle massaie e della colorata processione guidata dal prevosto Luigi Panighetti, coinvolge l’intera comunità pastorale di S. Antonio Abate nata nel 2013 e i vicini rioni di Casbeno, S. Vittore, Brunella, Bizzozero e Capolago. Grazie al santo di Bosto è stata riaperta dopo mezzo secolo la chiesa di S. Albino e da tre anni si celebra la festa il primo marzo con frittata gigante da trecento uova e conferenza del professore Renzo Talamona, storico insegnante di latino e greco al liceo Cairoli.
Le olive si raccolgono a mano alla fine di ottobre. L’operazione dura due settimane con contributi da tutta la provincia, Bodio, Cassano Magnago, Lozza, Daverio, Crosio della Valle, Mustonate, Induno Olona, Gallarate. “L’importante – osserva Nino Giadini, consigliere dell’associazione – è che le olive siano ‘pulite’, senza foglie e senza rametti che rallentano il processo di produzione e fanno aumentare i costi.  Da cento chili di olive si ottengono circa dieci-dodici chili d’olio, che viene imbottigliato in contenitori da mezzo litro”. 
La produzione ha luogo nel frantoio e oleificio Osvaldo Vanini di Lenno, sul lago di Como. Negli anni scorsi la molitura si faceva con la macina di pietra che oggi non si usa più. Al suo posto un nuovo macchinario chiuso che batte le olive a freddo, dopo il lavaggio, anziché macinarle all’aperto ed evita che l’aria ossidi la pasta. Separato l’olio dal resto, avviene l’imbottigliamento. 

Bottiglie ad Assisi
Il risultato è un prodotto d’alta qualità. L’analisi sensoriale eseguita su un campione nel 2015 dai tecnici di Aipol, l’associazione interprovinciale dei produttori olivicoli lombardi, con sede a Puegnago del Garda in provincia di Brescia, accertò che l’olio varesino ha sentori di erbe aromatiche e pomodoro, sul finale leggere, e dà sensazioni di frutta secca, noce e mandorla. Al gusto ha un fruttato di oliva medio-intenso, giustamente amaro e piccante e un’acidità dello zero virgola undici per cento, abbondantemente al di sotto del limite minimo previsto dello zero virgola ottanta. 
“Tenuto conto degli oneri fissi di gestione, ogni bottiglia ci viene a costare 2,50 euro – spiega il segretario Lucio Mattaini, di professione pubblicitario a Milano –. Paghiamo il taglio dell’erba sul monte Bernasco e a Morosolo, la disinfestazione delle piante contro la mosca che depone le uova e fa marcire le olive. La manutenzione del suolo è eseguita dai nostri volontari, la potatura invece dall’Aipol di Puegnago del Garda. Ai costi bisogna aggiungere il prezzo delle etichette acquistate da Arte Stampa di Galliate Lombardo e le bottiglie dal frantoio Vanini di Lenno”.
Tra le curiosità che meritano di essere ricordate, nel 2015 quattro bottiglie di olio di S. Imerio furono donate alla basilica di San Francesco ad Assisi per alimentare la lampada votiva per la visita di Papa Francesco. Nello stesso anno l’olio di Bosto fu presentato al pubblico in occasione dell’Expo di Milano-Rho guadagnandosi una citazione nel libro di Luigi Caricato “Atlante degli Oli italiani”, edito da Mondadori. Alcune pizzerie e trattorie di Varese se ne servono abitualmente per uso alimentare nelle proprie cucine e con il nettare di S. Imerio si preparano i tipici biscotti. 
L’Associazione Olivicoltori S. Imerio conta attualmente cento soci ed è presieduta da Enrico Marocchi (presidente onorario don Pietro Giola), segretario Lucio Mattaini, cassiere Carlo Cazzani, consiglieri Angelo Buzzetti, Giovanni Zucchi, Nino Giadini, Emilio Marocco, Maurizio Toja, Paolo Niego, Andrea Tamborini ed Ercole Alioni. “L’associazione sta lavorando ad un progetto didattico con la scuola elementare Ugo Foscolo in via Nifontano – conclude il cassiere Carlo Cazzani – ed è già operativo il gemellaggio con la cittadina di Gandria nel Canton Ticino”. 

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