Varese si ridisegna green
Come impatterà la strategia europea del Green New Deal sul territorio varesino e, in particolare, sulla sua manifattura? Una prima stima parla di un coinvolgimento (solo iniziale) di circa 1.4
Come impatterà la strategia europea del Green New Deal sul territorio varesino e, in particolare, sulla sua manifattura? Una prima stima parla di un coinvolgimento (solo iniziale) di circa 1.400 imprese
Sostenibilità. Green New Deal. Decarbonizzazione. Climate change. Sono tutte parole con cui abbiamo imparato a confrontarci quotidianamente. Sino ad un paio di anni fa erano concetti, sì conosciuti, ma percepiti come lontani nella loro concretizzazione nella vita quotidiana di tutti noi. Un qualcosa di eticamente corretto, ma in fondo rimandabile. A quando ce ne se sarebbe stato il tempo. A quando sarebbe divenuto indifferibile. Una maggior sensibilità nei giovani, un peggioramento climatico ormai evidente e, non ultimo, lo stravolgimento nelle vite e nelle abitudini di tutti noi hanno aperto la strada a questi temi e ne stanno tracciando gli argini entro cui il cambiamento avanza. Quella di puntare sulla sostenibilità non è più una scelta ideologica, è diventata un obiettivo nelle roadmap strategiche. A livello europeo la presidenza Von Der Leyen ne aveva fatto una vera e propria strategia di crescita ancor prima dell’esplosione della pandemia, ed ora, che bisogna trovare degli ancoraggi forti per tracciare una linea di sviluppo, il Green New Deal avanza. Anzi corre.
A settembre sono uscite le prime call europee dedicate al Green Deal. Ed anche a livello di Paese si inizia a tracciare un cammino di incentivazione di interventi per la sostenibilità e, viceversa di disincentivazione dei comportamenti non Green. Cosa significa? Quali settori ne saranno toccati e come si posiziona la Varese manifatturiera su questi temi? Innanzitutto, il Green New Deal si propone come strategia di crescita con un obiettivo molto preciso: azzerare le emissioni nel 2050. E ridurle assai prima, nel 2030 di almeno il 55%. Tradotto: abbiamo 10 anni di tempo per ridurre drasticamente le emissioni di Co2. Ciò significa spingere all’uso efficiente delle risorse, ridurre l’inquinamento e ripristinare la biodiversità. Si attendono forti impatti in diversi ambiti: industria, clima, energia pulita, mobilità, agroalimentare, biodiversità ed inquinamento. Poco rimarrà intoccato da questa strategia.
Ragionando in ambito strettamente industriale dovremmo attenderci un duplice impatto per il sistema delle imprese legato a due trasformazioni che verranno accelerate: quella digitale e quella verde. Entrambe con effetti sul new deal. La prima sta già cambiando il modo di produrre ed i prodotti stessi con un impatto trasversale su tutte le imprese, in quanto crescenti utilizzatrici di tecnologie digitali. Sarà un “cambiamento da dentro”, destinato ad interessare tutti, anche le imprese più piccole, man mano che la digitalizzazione diverrà uno standard. Le numerose strategie post Covid e New Normal, che vengono via via rilasciate per ristrutturare il modo di produrre a valle della pandemia, già inglobano una crescente carica di digitalizzazione. Ci vorrà del tempo per raggiungere tutti, ma questa strada sembra ormai già segnata. Caso mai andrebbe accompagnata e rafforzata da piani di lunga visione affinché la transizione possa essere più efficace e meglio coordinata come Paese.
La digitalizzazione avrà un impatto non solo dal lato delle domande di tecnologie, ma anche di offerta delle stesse. In questo campo le imprese del territorio hanno senz’altro specializzazioni da valorizzare: si pensi al settore della meccanica strumentale che è un naturale incorporatore e diffusore di tecnologie digitali e che da sola conta più di 13.000 addetti sul territorio. Grandi opportunità quindi a chi saprà saldare alla meccanica anche la sensoristica e le tecnologie di gestione di grandi masse di dati. La trasformazione verde, così come quella digitale, avrà anch’essa un impatto trasversale su tutte le imprese che sono chiamate a ridisegnare prodotti aumentando l’utilizzo di materie prime a basso impatto, processi più green in termini di emissioni e di recupero degli scarti di lavorazione. Nel Piano d’Azione per Economia Circolare sono stati individuati già ora alcuni settori target, identificati come settori ad alta intensità di risorse: si tratta di tessile, edilizia, prodotti elettronici e plastica. Un insieme di imprese che ha come focus alcune delle specializzazioni più tradizionali della nostra economia. Nella sola provincia di Varese significherebbe interessare per la sola parte manifatturiera un insieme di circa 1.400 attività produttive che coinvolgono circa un quinto degli addetti dell’industria in senso stretto. Numeri che salgono ulteriormente se si stima anche il possibile impatto sull’edilizia.
Questi settori, e non solo questi, saranno chiamati a riflettere sul tema degli input sostituibili (utilizzando energia da fonti rinnovabili, materiali riciclati e riciclabili e biodegradabili) ma anche a lavorare sui temi del fine vita (recuperando il valore a fine vita di beni e prodotti e attivando processi di riciclo, riutilizzo e rigenerazione); dell’aumento dell’intensità di utilizzo (promuovendo il maggior utilizzo del prodotto o servizio) e dell’estensione della vita utile (promuovendo la durate della vita di prodotti e servizi). Oltre alle misure sulla circolarità di prodotti che se interessano alcuni settori, non ne escludono nessuno, si aggiungono azioni su settori speciali per cui sono state individuate strategie ad hoc come la chimica che nel nostro territorio vede concentrarsi molte produzioni per l’industria per un totale di circa 3.950 addetti. Vedremo inoltre implementate anche politiche per la decarbonizzazione come nel caso della acciaierie che vedono nel nostro territorio una forte affinità con il settore metallurgico, che tra siderurgia e fonderia conta più di 2.000 addetti, più in generale, la decarbonizzazione del sistema energetico con un’ attenzione particolare per quella del sistema del gas a cui è anche legata la strategia europea per l’idrogeno.
Alla ricerca in questo campo si stanno già dedicando all’estero ed anche in Italia molte risorse per le sue applicazioni anche in campo motoristico per i mezzi di trasporto. Ciò fa il paio anche con le opportunità legate alla ricerca sull’energia portabile ed in particolare sul tema delle batterie, una delle grandi sfide per applicazioni nel campo automobilistico, dei trasporti e non solo. Questi due temi idrogeno e batterie aprono anche per i produttori locali scenari nuovi nel campo della mobilità avanzata e di nuova generazione. Infine, dovremo scontare un grande effetto sul sistema dei trasporti e quindi della logistica che vedrà incentivato riconversione verso le energie pulite, il passaggio a rotaia e riduzione delle quote gratuite di emissione assegnate alle compagnie aeree.
Sono quindi innumerevoli gli effetti che il Green New Deal potrà avere sul sistema produttivo locale. Non solo per i numerosi settori core che verranno “regolamentati” e quindi spinti a cambiare, ma anche per settori che sceglieranno di cambiare anticipando le opportunità che si vanno profilando. E d’altronde sono in molti quelli che già si stanno preparando cogliendo innanzitutto la sfida della sostenibilità. Come testimonia l’Istat nel rapporto sul tema, il 66 % delle imprese attive in provincia ha svolto almeno un’azione di sostenibilità per ridurre l’impatto ambientale e 1 su 2 svolge azioni risparmio materiale nei processi produttivi. Nel 2019 sono stati attivati 6.855 nuovi contratti per green jobs. Insomma, il Green Deal è già nelle nostre corde. Dobbiamo imparare a guardarlo nella sua veste di opportunità.
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