Varese si mette in gioco sull’economia circolare
Tra le imprese c’è sempre maggior consapevolezza su quanto la circolar economy sia, non solo un’opportunità di miglioramento della propria reputazione, ma anche un volano pe
Tra le imprese c’è sempre maggior consapevolezza su quanto la circolar economy sia, non solo un’opportunità di miglioramento della propria reputazione, ma anche un volano per vari modelli di business, in grado di garantire più competitività e ritorno degli investimenti. Rimangono, però, delle resistenze culturali e di percezione.
‘‘Tra alcune imprese varesine c’è ancora un atteggiamento di diffidenza sulle opportunità che derivano dall’economia circolare. Ma questa rotta sembra si stia lentamente invertendo: circa il 40% delle aziende si sta aprendo sempre di più agli investimenti legati alla circular economy. Varese è, tra le province lombarde, quella più statisticamente interessata allo sviluppo di nuovi modelli ‘green’ di business. Si percepisce la voglia di informarsi, di mettersi in gioco e di innovare”. Così Mario Fontanella Pisa, Assegnista di Ricerca della Scuola di Ingegneria Industriale della LIUC – Università Cattaneo di Castellanza e curatore della ricerca portata avanti dall’ateneo per investigare l’adozione della circular economy nelle piccole e medie imprese manifatturiere nei territori di Varese, Como e Lecco. Un’analisi che ha visto anche il coinvolgimento di Andrea Urbinati, Vicedirettore del Green Transition Hub della LIUC e responsabile scientifico della ricerca. A sostenere l’Università in questo studio, Intesa Sanpaolo, tramite la struttura Education Ecosystem and Global Value Programs guidata da Elisa Zambito Marsala. “Abbiamo mosso i nostri studi in un contesto strategico, quello delle Pmi, che rappresentano il 99% del panorama aziendale italiano, ossatura industriale del nostro Paese – affermano i ricercatori della LIUC –. Senza il loro effettivo passaggio a questo nuovo modello economico, l’obiettivo di realizzare un’economia circolare su scala nazionale resta fuori portata”.
Tessile, prodotti in metallo ed elettronica: questi i tre principali settori studiati per oltre un centinaio di aziende coinvolte nella ricerca scientifica. “Si è esaminato, in particolare, come l’economia circolare venga integrata nei vari processi e nelle diverse funzioni aziendali, identificando le pratiche più diffuse e le soluzioni strategiche e operative che facilitano l’adozione di un modello circolare nelle imprese”. I dati mostrano punti di debolezza su cui lavorare e punti di forza da cui partire. Le aziende, secondo i ricercatori della LIUC, hanno dichiarato una conoscenza generale dei principi dell’economia circolare. “Tuttavia, le azioni concrete si indirizzano ancora verso la sostenibilità tradizionale. Sebbene ci sia un’apparente familiarità in questo ambito, l’attenzione si rivolge prevalentemente all’adozione di soluzioni per l’efficienza energetica e per l’efficienza nell’utilizzo dei materiali (52%) e nella gestione degli sprechi (29%) – specificano Fontanella Pisa e Urbinati –. Ciò indica come, nonostante un aumento della consapevolezza, le pratiche aziendali siano ancora fortemente ancorate ad approcci di sostenibilità convenzionale”.
Luci e ombre emerse dall’ultima ricerca della LIUC che indica le imprese varesine come quelle tra le più interessate in Lombardia a scommettere sulle politiche green. Ma servono maggiori alleanze tra le Pmi
A livello di applicabilità, infatti, si respira un generale clima di scetticismo tra le realtà manifatturiere varesine, comasche e lecchesi: “Molte aziende sono ancora lontane dall’implementare efficacemente questi modelli ‘green’ – sostengono i ricercatori della LIUC –. Circa il 30% delle aziende coinvolte nello studio non è sicuro che l’investimento nell’economia circolare porterà ad un aumento dei profitti. Un altro 25% crede che non porterà in alcun modo a benefici di natura economica, facendo emergere la percezione di un’economa circolare vista ancora come un costo e non come un vero e proprio ritorno sull’investimento”. Anche a livello di competitività le cose non migliorano: “Solo il 20% delle imprese ritiene che investire nella circular economy porti ad un aumento della competitività. Il 28% delle aziende, invece, è scettico sui vantaggi di questo nuovo approccio industriale”. C’è, però, qualche spiraglio di luce, come sottolineano i ricercatori dell’ateneo di Castellanza: “Circa il 52% delle aziende del campione ritiene che il ricorso a pratiche di economia circolare impatti positivamente sulla brand reputation”.
Visione strategica, formazione interna, ammontare delle somme investite. Sono queste alcune delle principali leve su cui le imprese varesine devono puntare maggiormente per sviluppare modelli di business circolari.
L’obiettivo è a portata di mano. Lo garantisce chi ha curato la ricerca: “Il grande vantaggio che contraddistingue le province lombarde è la presenza di un elevato numero di imprese, manifatturiere e di piccole e medie dimensioni, che possono fare squadra insieme. La collaborazione di più realtà porterebbe a effettuare investimenti che siano a vantaggio di tutta la filiera”. Le Pmi, è il concetto, possono agire sul fare rete tra realtà appartenenti agli stessi cluster industriali. È importante sostenere e accompagnare in questa direzione le imprese. “Servono strumenti e meccanismi che incentivino le Pmi ad affrontare più efficacemente questa transizione, specialmente in settori come quello tessile, dove le richieste di una maggiore sostenibilità e di una maggiore economia circolare sono in continuo aumento – conclude Andrea Urbinati –. Il nostro rapporto si propone come uno strumento di sensibilizzazione e guida per le piccole e medie imprese, gli stakeholder e i policy maker, evidenziando le sfide, le opportunità e le pratiche virtuose nell’ambito dell’economia circolare, con la speranza di traghettare le imprese e la società nel suo complesso verso un futuro più sostenibile e resiliente”.