Storie di frontiera

Dal Sentiero del Silenzio che parte da Viggiù e termina a Colle Oro a Saltrio, ai tracciati che ripercorrono le scorribande dei contrabbandieri di fine ‘800 e inizio ‘900. Sono div

Dal Sentiero del Silenzio che parte da Viggiù e termina a Colle Oro a Saltrio, ai tracciati che ripercorrono le scorribande dei contrabbandieri di fine ‘800 e inizio ‘900. Sono diversi i racconti ed i percorsi che si snodano al di qua e al di là del confine della provincia di Varese e che raccontano, tra storia e turismo, un passato fatto di guerra, restrizioni e voglia di rinascita 

Nelle pieghe della storia, lungo i confini sottili che disegnano le mappe geografiche, si celano racconti che trascendono il semplice passaggio da uno Stato all’altro. La provincia di Varese, con i suoi luoghi di frontiera, è testimone silenziosa di storie avvincenti, intrecciate tra passato e presente, uomo e natura, ricordi e memoria.

Il Sentiero del Silenzio

L’esempio più recente di questo valore è il Sentiero del Silenzio, inaugurato nel dicembre dello scorso anno: un itinerario creato per commemorare coloro che hanno dovuto attraversare il confine tra Italia e Svizzera durante la Seconda Guerra Mondiale per sfuggire alla persecuzione nazista e fascista. Questo cammino di 4 chilometri inizia da Piazza Albinola a Viggiù, a 480 metri sopra il livello del mare e termina a Colle Oro a Saltrio a 750 metri sopra il livello del mare, con un aumento di altitudine di 310 metri. Il tutto, oggi, si può percorrere in circa 1 ora e 40 minuti. Ma la memoria dei passi che calpestarono questi boschi invoglia a soffermarsi oltre. Da questi passaggi fuggì in Svizzera, l’8 dicembre 1943, anche la senatrice Liliana Segre insieme al padre, in fuga dal nazifascismo. Segre all’epoca aveva solo 13 anni, quando dalla Valceresio, attraverso i boschi del Monte Orsa, cercò la salvezza in Svizzera. Purtroppo, al di là del confine, invece di trovare un rifugio, furono respinti ed obbligati a tornare in Italia. Il Sentiero del Silenzio, inaugurato esattamente 80 anni dopo, ripercorre questo tragico percorso. Per saperne di più sul sentiero e la storia che lo ha visto protagonista nei secoli, è possibile visitare il sito dell’associazione Amici del Monte Orsa, che ha promosso l’iniziativa.

Edda Ciano a Ligurno

Altre storie intrecciano i confini del Varesotto con la Seconda Guerra Mondiale. Come quella di Edda Ciano, figlia del Duce, che si nascose a Ligurno, nell’albergo La Madonnina, nella sua ultima notte in Italia prima di fuggire in Svizzera, per scappare dai tedeschi. Erano i primi giorni di gennaio del 1944. Edda era moglie di Galeazzo Ciano, Ministro degli Esteri del regime Fascista. Ma tutto si trasformò il 25 luglio 1943. Galeazzo era uno degli uomini che insieme ad altri rappresentanti del Gran Consiglio del Fascismo, aveva effettivamente consegnato il Duce al Re, portando così alla fine del regime. Con l’occupazione tedesca dell’Italia dopo l’8 settembre 1943, Ciano finì per essere arrestato e rinchiuso nella prigione degli Scalzi a Verona, con l’accusa di alto tradimento e fu condannato a morte. Edda tentò il possibile per salvare il marito, incluso il tentativo di ricattare i tedeschi con i diari del consorte. Ma alla fine si rese conto che non c’era più nulla da fare. Già l’8 gennaio Edda, usando un nome falso, arrivò a Cantello, registrandosi come Santos Emilia. I tedeschi la inseguivano per arrestarla. Era accompagnata dal conte Emilio Pucci, il futuro famoso stilista di moda. A Ligurno, frazione di Cantello, presso l’albergo La Madonnina, situato a 2 chilometri dal confine, Edda passò una notte, portando con sé i famosi diari del marito che i nazisti stavano cercando. L’idea era di consegnare i manoscritti agli inglesi, attraverso i canali diplomatici, per cercare di salvargli la vita. Fu a questo punto che entrarono in gioco due religiosi locali, Don Angelo Griffanti e suo fratello Don Ambrogio, parroco di Ligurno. Furono contattati da Pucci per attraversare il confine. Attraversando strade rurali, entrambi poterono superare il confine. Edda fu ospitata da alcune suore domenicane a Neggio, mentre Ciano venne fucilato. Quattro mesi dopo la fine del conflitto, Edda ritornò in Italia e fu mandata in esilio a Lipari. Le cose andarono peggio per Don Angelo. Venne arrestato dai tedeschi insieme ad Angelo Broggi, il proprietario dell’albergo. I due vennero detenuti a San Vittore e torturati. Don Angelo riuscì a fuggire dalla prigionia solo grazie all’intervento del cardinale Schuster. Tuttavia, le ferite inflitte dai nazisti furono troppo gravi e Don Angelo non riuscì mai a riprendersi completamente. Morì nel 1950 a causa di quelle ferite.

Storie di contrabbandieri

Il confine tra Lombardia e Svizzera è terra di racconti che parlano del fenomeno del contrabbando tra le provincie di Varese, Como, Sondrio e Verbania. Qui, i contrabbandieri, noti anche come sfrusaduur o sfrusitt, divennero figure mitiche, rendendo particolarmente vibrante la scena culturale negli ultimi anni. Durante la metà dell’800 fino agli anni ‘60 del ‘900, si verificò un flusso significativo di merci illegali attraverso i confini, sebbene la natura di tali merci subì variazioni. Prima della Seconda Guerra Mondiale, il caffè era la merce contrabbandata più comune diretta in Italia, pratica che cessò all’inizio del conflitto. Anche alcuni alimenti, in particolare il burro, venivano spesso contrabbandati, soprattutto durante la guerra, quando l’isolamento del paese rendeva difficile l’approvvigionamento. Negli anni ‘50, ci fu un picco nel contrabbando di sigarette, note anche come “bionde”. Tipicamente, ogni contrabbandiere trasportava uno zaino pesante fino a 30 kg, contenente centinaia di pacchetti di sigarette. I contrabbandieri erano costretti ad utilizzare percorsi ripidi e pericolosi per eludere le guarnigioni italiane e le guardie di frontiera svizzere. Oggi la storia di questi contrabbandieri viene rivista e approfondita sia dagli studiosi sia dalle associazioni locali, con lo scopo di trasformare i vecchi percorsi utilizzati in itinerari turistici. Tra questi, il giro ad anello da Saltrio fino al Monte Orsa, seguendo uno dei percorsi più frequentati dagli “spalloni” di un tempo, passando per luoghi spettacolari come la Big Bench di Saltrio (la prima panchina gigante in provincia di Varese), il Sentiero dei Mille Scalini e le fortificazioni dell’antica linea Cadorna. Qui è possibile visitare anche il Mamo, il Museo all’aperto del Monte Orsa. Aperto nel 2021, racconta la storia e la natura di questo territorio e lungo i suoi sentieri si trovano pannelli descrittivi sulle cave e la roccia di Saltrio, oltre a varie rappresentazioni della fauna circostante in terracotta. Al centro si colloca la riproduzione a grandezza naturale di un esemplare di Saltriosauro, i cui resti sono emersi a Saltrio nel 1996. Completa il Museo la ricostruzione di un tratto della Frontiera Nord-Linea Cadorna, i cui resti sono ancora visibili fra i monti Orsa e Pravello, tra le strade di confine. 

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