Semplicemente “Guglielmo da Montegrino”
Con un volume monografico ricco di testi, documenti e fotografie l’Associazione culturale “Amici del Piccio” vuole accompagnare alla riscoperta del pittore della Valtravaglia che fi
Con un volume monografico ricco di testi, documenti e fotografie l’Associazione culturale “Amici del Piccio” vuole accompagnare alla riscoperta del pittore della Valtravaglia che firmava i suoi affreschi con un’elegante grafia tardo gotica
Questa è una storia che arriva da lontano, quando, oltre cinquecento anni fa, a Montegrino Valtravaglia, allora noto come Nava o Nave, nacque un bambino destinato a diventare un pittore e un uomo di cultura, e a lasciare un segno preciso della sua arte in parecchi paesi vicini, di qua e di là del lago Maggiore. Un artista contemporaneo del grande Bernardino Luini, ma di differente sentire, di certo meno geniale ma con una sua cifra e poesia nel dipingere.
Oggi l’Associazione culturale “Amici del Piccio”, animata da Carolina De Vittori e Achille Locatelli, ha pensato di rivalutare e far conoscere la figura di Guglielmo Iotti da Montegrino, pittore e pro notaio, pubblicando un ricco volume monografico con i testi della storica dell’arte Paola Viotto, della stessa De Vittori e il contributo di Pierangelo Frigerio e Beppe Galli, ricercatori di documenti storici e del fotografo Mario Stefanoni, autore delle immagini di tutti gli affreschi conosciuti dell’artista.
Il libro, che si intitolerà semplicemente “Guglielmo da Montegrino”, sarà presentato ufficialmente domenica 19 agosto al teatro del paese accompagnato da un documentario girato da Achille Locatelli e da un concerto parte della stagione musicale “Interpretando suoni e luoghi”. Non sarà in vendita, ma lo si potrà avere donando un’offerta all’associazione.
In più Nicoletta Spizzico ha ideato e realizzato una splendida cartina, in stile antico, con l’ideale itinerario che tocca tutti i luoghi interessati dalle opere di Guglielmo Iotti, con la mappa e le fotografie delle opere e delle chiese in cui sono contenute.
“Nel 2004, in occasione del bicentenario della nascita di Giovanni Carnovali detto il Piccio, il personaggio più importante ad aver avuto i natali a Montegrino, pubblicammo un volume su di lui. Ora abbiamo voluto fare lo stesso con Guglielmo Iotti, inserendo nel libro tutto ciò che finora era stato scoperto dagli studiosi e i nuovi contributi, arrivati grazie alla capillare ricerca nei documenti notarili fatta da Frigerio e Galli. Le fotografie documentano ogni sua opera conosciuta e sono determinanti per fissarne a tutt’oggi lo stato di conservazione. Ogni affresco, infatti, è stato fotografato nella sua interezza e nei particolari. Per esempio, l’‘Ultima cena’ in San Genesio a Sarigo conserva solamente parte del volto di Cristo e qualche sagoma degli apostoli”, spiega Carolina De Vittori.
Il libro, secondo gli intenti dei curatori, si rivolgerà a un pubblico acculturato, ma anche chi si accosterà per la prima volta alla figura di Guglielmo potrà farlo più facilmente attraverso il video girato da Locatelli, venti minuti che raccontano l’intero percorso creativo del pittore.
Ma chi era Guglielmo da Montegrino, che firmava i suoi affreschi con un’elegante grafia tardo gotica e amava impreziosirli con figure di animali?
“La data di nascita precisa non si conosce, si presume la seconda metà del XV secolo, mentre è certa quella di morte, il 1527. La sua era una famiglia agiata, legata agli ambienti notarili, e il suo nome esatto era Guglielmo Iotti de Nave da Montegrino. Nave o Nava era il luogo che allora comprendeva Montegrino, Sant’Ambrogio, Bonera e Bosco, oggi frazioni, e quella denominazione si incontra fino agli inizi del ‘600”, aggiunge la presidente dell’associazione “Amici del Piccio”.
L’intento dell’associazione “Amici del Piccio”, che conta circa 380 tesserati, è anche di sensibilizzare enti e parrocchie a restaurare gli affreschi maggiormente compromessi. L’acquisto del libro potrà dare una mano in questo senso
“Le famiglie fondatrici del paese sono state quelle degli Iotti e degli Iermoli, ma questi ultimi in realtà erano parte della prima famiglia, perché il cognome deriva da una mutazione di Gugliermoli. Il nostro artista iniziò la sua attività di affreschista qui a Montegrino, poi si spostò come usava fare in quel tempo, chiamato da varie committenze. In paese rimangono due sue opere, una delle quali firmata e datata 1488, nell’antica chiesetta di San Martino. Guglielmo esercitò la pittura almeno oltre il 1522: ne restano documenti nelle ‘firme’ da lui apposte in calce agli affreschi con perizia calligrafica che lo distingue, in due importanti contratti per cicli di affreschi nelle chiese di Brissago e Roggiano (oggi scomparsa) e infine nella qualifica di pictor che gli è attribuita in alcuni atti privati. Si muoveva da Campagnano a Dumenza, Porto Valtravaglia, Luino, Voldomino, Alpe San Michele fino a Trarego, al di là del lago. Però c’è un “buco” nella sua attività, che va dal 1488, prima opera a Montegrino, al 1503. In questo lasso di tempo non risultano sue opere, chissà dove operò, oppure esercitò maggiormente la professione di pro notaio”.
Guglielmo Iotti da Montegrino collaborava infatti con gli studi notarili di Luino e ci sono testimonianze di atti da lui sottoscritti per la compravendita di terreni. Ebbe due mogli e altrettante figlie, una per ciascun matrimonio e nel testamento, del 1527, si legge che il pittore lasciò i suoi beni all’ultima moglie e alla loro figlia. Fino al 1524 ci sono testimonianze di lavori svolti dall’artista, contratti in cui risulta essere pagato con denaro e terreni.
“Le sue opere certe, come la Madonna di Loreto a Voldomino o la decorazione della chiesa di San Giorgio a Brissago, hanno un linguaggio caratteristico, che permette tra l’altro di attribuirgliene altre finora incerte. I soggetti sono assolutamente tradizionali, perché così li volevano i committenti”, scrive Paola Viotto nel testo contenuto nella monografia su Guglielmo. “Nei contratti che firmò con le comunità di Brissago e di Roggiano per la decorazione delle rispettive chiese, i rappresentanti del comune si premurarono di ricordargli che doveva dipingere ‘prout moris est’ cioè ‘come si fa secondo la tradizione’. E così Guglielmo fece, riallacciandosi ad iconografie medievali così collaudate da essere ormai persino anacronistiche negli anni Venti del Cinquecento”.
La studiosa mette poi l’accento sulla preparazione culturale del pittore di Montegrino, certamente notevole se rapportata alla media dell’epoca.
“Stilisticamente però si sforzò di tradurre in forme semplici e comprensibili anche idee pittoriche aggiornate, che mostrano come fosse a conoscenza di quanto avveniva in quegli anni cruciali nel più vasto mondo dell’arte. E nelle infinite scritte che popolano le sue opere si sente un’eco della sua cultura letteraria, che gli consentì tra l’altro di svolgere in molti atti la funzione di pro notaio. La precisione notarile è evidente nel modo in cui firmò e datò molti affreschi, annotando in bella scrittura gotica in calce al dipinto anche il nome del committente e il giorno preciso in cui il lavoro era stato portato a termine”. L’intento dell’associazione “Amici del Piccio”, che conta circa 380 tesserati, è anche di sensibilizzare enti e parrocchie a restaurare gli affreschi maggiormente compromessi, e l’acquisto del libro potrà dare una mano in questo senso.
“Montegrino ha dato i natali a diversi personaggi interessanti oltre al Piccio: dallo storico Marco Formentini, al pittore Massimo Antime Parietti, a Fermo Formentini autore del presepe di radici della nostra chiesa al quale abbiamo dedicato una monografia, al francesista Dante Ughetti, autore di importanti testi sul medioevo francese”, aggiunge Carolina De Vittori. “Dopo la pubblicazione del libro su Guglielmo Iotti non ci fermeremo, e nel 2019 usciremo con un volume dedicato alle oltre 140 cappelle contenenti affreschi presenti nel territorio comunale di Montegrino, con il commento sull’iconografia rappresentata di due studiosi di vaglia. Il censimento andrà anche online, sul nostro sito Il Piccio. Ci spinge l’amore per questa terra e le sue radici, e ogni volta è una fatica grande, ma ci ripaga la certezza di svolgere un buon lavoro per la nostra comunità”.