Questione di attrattività

Gli investimenti sulla vocazione sportiva del territorio anche in ottica di dar vita ad una nuova imprenditorialità di settore. L’impegno delle aziende per creare luoghi ispirati a nuovi

Gli investimenti sulla vocazione sportiva del territorio anche in ottica di dar vita ad una nuova imprenditorialità di settore. L’impegno delle aziende per creare luoghi ispirati a nuovi modelli organizzativi. La valorizzazione della cultura (prima di tutto quella d’impresa) e dell’arte con la costruzione di spazi per garantire condivisione ed espressione. Le idee di Confindustria Varese per una provincia più a misura di giovani

‘‘C’è la sensazione di un disagio di fondo che merita l’attenzione del territorio e con esso di tutte le imprese”. Il riferimento del Presidente di Confindustria Varese, Roberto Grassi, è al mondo dei giovani e a quel bacino in crescita dei Neet, un acronimo dell’espressione inglese “Not engaged in Education, Employment or Training”. Ossia tutti quei ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano, né sono in cerca di un’occupazione. Un fenomeno che in provincia di Varese è più marcato rispetto al resto della Lombardia, con il coinvolgimento del 19,6% della popolazione giovanile, un punto in più della media regionale. Lo scenario preoccupa sempre di più gli industriali varesini anche perché a completarlo ci sono dinamiche demografiche in picchiata e le emorragie di competenze verso le forze attrattive dei salari svizzeri e della dinamicità milanese. “Il risultato – tira le somme Grassi – è quello di una provincia che fa sempre più fatica a permettere alle persone di realizzarsi nel lavoro e nelle proprie passioni”.  

Con quali conseguenze per il sistema economico locale?
Ragionando in termini imprenditoriali potremmo dire di essere di fronte ad un bilancio sociale di territorio dove tutte queste voci andrebbero ascritte alla colonna delle perdite. Perdite di energie, entusiasmi, capacità, welfare.

Qual è la strategia che Confindustria Varese suggerisce al territorio?
Dobbiamo partire dalla consapevolezza che le imprese varesine devono essere più attrattive nei confronti delle persone in generale e dei giovani talenti in particolare. Deve essere più attrattiva, però, anche tutta la provincia di Varese. Non ci possono essere isole aziendali felici in un contesto di aridità di occasioni. Così come non ci può essere un territorio attrattivo senza imprese disposte a ripensare i modelli organizzativi di gestione del lavoro e della sua conciliazione con la vita privata delle persone. Con tutti i loro bisogni. Da quelli di svago a quelli di cura del proprio ambito familiare.

Quali sono le azioni concrete che intendete mettere in campo o che avete già intrapreso?
Uno dei principali progetti strategici lanciati nel mio mandato è destinato proprio al tema del welfare e delle persone: “PEOPLE, l’impresa di crescere insieme”. Un’iniziativa che fino a qualche anno fa nessuno pensava potesse rientrare nella sfera di azione di un’associazione datoriale, ma che oggi è centrale nella capacità di affiancamento delle imprese nei loro percorsi di crescita competitiva. Cambia il mondo, cambia la rappresentanza. Persone al centro per Confindustria Varese non è uno slogan. È una strategia fatta di piccole e grandi azioni concrete, molte delle quali portate avanti insieme ai Sindacati del nostro territorio.

Mondo delle aziende a parte, cosa può rendere più attrattivo il Varesotto?
Un elemento di forte attrattività è rappresentato sicuramente dalla vocazione sportiva della nostra provincia che ci può aiutare a costruire un’immagine nuova. Anche per questo abbiamo tenuto la nostra ultima Assemblea Generale a luglio al Palaghiaccio di Varese. Per ribadire il nostro nuovo impegno, unito a quello degli altri stakeholder, in primis la Camera di Commercio e la Provincia, per trasformare tutto il territorio di Varese in una wellness destination. Un’area in cui lo sport può rivestire, insieme alla comunicazione delle nostre bellezze naturali ed alla valorizzazione della nostra cultura e delle sue ricadute creative, un elemento di sviluppo economico. Perché l’impegno nel sostegno allo sport, alle sue tante società e associazioni, ai grandi eventi non può limitarsi al mecenatismo. Negli ultimi 10 anni Varese nella classifica della qualità della vita si è sempre piazzata nelle prime 10 posizioni per indice di sportività. Inteso come un diffuso impegno di persone, associazioni, amministrazioni locali per il mondo dell’agonismo a ogni livello, sia professionistico, sia dilettantistico. E in questo generale fermento c’è un dato che ci rende tutti ancor più orgogliosi. Alla singola voce di indice di sportività nelle discipline paralimpiche Varese è prima assoluta a livello italiano da diversi anni. Se ben comunicata e narrata la Varese dello sport può essere un volano di attrattività di giovani e, perché no, di una rinnovata imprenditorialità di settore. Ma se lo sport è uno dei temi attorno ai quali costruire la nuova immagine di una Varese accogliente in tutti gli ambiti di vita, non possiamo tralasciare di coltivare un’altra attitudine che merita di essere valorizzata. Quella della cultura e dell’arte.

Sul fronte artistico e culturale, però, non crede che altri territori abbiano una vocazione più spiccata? Varese su questo fronte può competere ad armi pari e con quali strumenti?
Il problema è che non siamo abituati a riconoscerci come territorio di arte. Eppure, sono tante le forme legate alla creatività, all’uso del colore e del design che ci caratterizzano anche come industria. Per questo sosteniamo che l’asso nella manica per Varese può essere rappresentato dalla valorizzazione della sua cultura d’impresa. Pensiamo alle tintorie tessili che hanno da sempre lavorato con l’alta moda stampando e colorando magnifici tessuti. Pensiamo all’occhialeria e alle lastre di acetato con le trasparenze multicolore, pensiamo alle lavorazioni jacquard che ci hanno resi famosi nel mondo (con l’arte e i colori di Missoni diventati mostra internazionale), pensiamo ai disegni e alle trame dei ricami. Pensiamo all’arredamento. Pensiamo al design che accompagna la tecnologia dei nostri elicotteri ed aerei conservati nel Museo Agusta e di Volandia. Pensiamo a ciò che è stata la realtà della ceramica di Laveno con il patrimonio di designer e decoratori che seppe sviluppare attorno a sé. C’è una sensibilità all’arte che spesso ha portato imprenditori, designer, appassionati a realizzare collezioni straordinarie (come quella di Villa Panza e della Rocca di Angera o come quella privata del compianto Giuseppe Merlini), a raccogliere le proprie opere (come Marcello Morandini) e ad ospitare mostre temporanee in luoghi insoliti (come Sea a Malpensa). Ci sono esempi di valore. Abbiamo la fortuna di avere anche un Museo come il MA*GA che consente ai giovani di fruire dei propri spazi con aree di studio, di aggregazione, di scambio artistico. È anche così che si attraggono i talenti e che si creano ambienti culturali in cui la creatività può essere valorizzata alimentando bacini di idee, di confronto e di fermento.  

Dunque? Su cosa dovrebbe investire Varese per attrarre i giovani?
Sulla creazione di luoghi stimolanti di espressione e condivisione. È così che si lascia spazio alla vitalità e si creano nuove prospettive. È il modello di quanto cerchiamo di fare come Confindustria Varese insieme alla LIUC – Università Cattaneo con la costruzione a Castellanza della cittadella del sapere e del saper fare: Mill – Manufacturing, Innovation, Learning, Logistics. È un modello che vediamo all’estero e che attrae giovani (e turisti) creando ambienti favorevoli allo sviluppo di cultura. Ambienti di un territorio in cui ciascuno di noi, indipendentemente dall’età, vorrebbe vivere. È un disegno ambizioso quello di cui stiamo parlando. Un disegno di riqualificazione non solo urbana, ma di stili di vita. Un progetto che si costruisce solo insieme. E che mira a valorizzare il brand di una Varese in cui si fanno bene le cose. Un progetto che ci deve portare a scendere su nuovi campi di gioco. 

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