Quanto è inclusiva Varese

Il vero punto debole è la partecipazione alla vita sociale ed economica dei giovani. Buono il posizionamento nel garantire parità di accesso al lavoro tra donne e uomini, ma con margini

Il vero punto debole è la partecipazione alla vita sociale ed economica dei giovani. Buono il posizionamento nel garantire parità di accesso al lavoro tra donne e uomini, ma con margini di miglioramento sul divario nelle buste paga. La necessità di ripensare le città, rendendole più a misura di terza età. E un primato su tutti: primo posto in classifica nell’indice di sportività paralimpico. Ecco la fotografia dell’inclusività in provincia di Varese, scattata attraverso alcuni studi e analisi sul progresso sociale e la qualità della vita 

Bene sulla parità di genere. Anche se ci sono margini di miglioramento, soprattutto se si guarda lo scenario dal punto di vista delle buste paga, ancora troppo squilibrate a favore degli uomini. Molto terreno da recuperare per quanto riguarda i giovani, alta e in crescita la quota di quelli sfiduciati. Troppo bassi gli investimenti e l’attenzione per creare servizi e comunità a misura di anziani. E un primato che contraddistingue il territorio ormai da anni, facendone un punto di riferimento nazionale: quello sull’indice di sportività paralimpico. A rispondere alla domanda di quanto sia inclusiva la provincia di Varese e quanto lo siano soprattutto la sua economia e la sua società sono alcune classifiche e statistiche. 

Una fotografia è quella scattata dal Social Progress Index Varese sviluppato dall’Institute for Entrepreneurship and Competitiveness della LIUC – Università Cattaneo per conto di Confindustria Varese per misurare il grado di sviluppo sociale del territorio, rinvenuto evidentemente fattore chiave di competitività e benessere per gli industriali. Tra le varie dimensioni analizzate, i ricercatori della LIUC hanno posizionato Varese anche alla specifica voce inclusione. Misurata attraverso l’offerta del trasporto pubblico locale, il numero di donne e giovani nei posti chiave delle amministrazioni comunali, l’accessibilità delle scuole, il numero di organizzazioni non profit, le acquisizioni di cittadinanza, il gender gap nella partecipazione al lavoro. Risultato: 45esimo posto. Non proprio edificante. E dunque bollato come un semaforo rosso. Fermi. Occorre ripensarsi. Si può fare di più. Anche perché le altre realtà lombarde sono meglio posizionate. 

Per la verità non tutto è da rifare. Il Social Progress Index considera Varese ben messa sul gender gap nella partecipazione al lavoro. Un dato, questo, confermato anche dall’ultima classifica sulla qualità della vita de Il Sole 24 Ore che tra le varie graduatorie ne ha stilata una specifica sul posizionamento delle province per benessere delle donne. Per Varese, il risultato è di tutto rispetto: sesta posizione in Italia. Meglio di noi fanno solo Monza, Treviso, Cagliari, Vicenza e Udine. Il resto del Paese viene dopo. Ciò grazie soprattutto alle performance in termini di tasso di occupazione femminile (Varese, con il 63,7%, è 26esima, salendo fino al nono posto concentrandosi sulle sole ragazze giovani), gap occupazionale (19esimi) e per indice di partecipazione ai successi sportivi: anche in questo caso Varese spicca con un sesto piazzamento in graduatoria. Punti deboli nella parità di genere sono invece il numero di laureate (2,9 ogni mille abitanti, dato che vale l’81esima posizione su 107 province), numero di imprese femminili sul totale (89esimi con il 20,68%), percentuali di donne nelle amministrazioni comunali (45esimi). Troppe, ma qui ne basterebbe anche solo una per deprecare la situazione, le denunce per violenze sessuali: 9,45 ogni 100mila abitanti. Poco importa, per questo dato, il posizionamento nella classifica per province (tra l’altro poco edificante). A mettere i brividi basta solo il dato assoluto.

Secondo la classifica sulla qualità della vita de Il Sole 24 Ore Varese è la sesta provincia in Italia per benessere delle donne

Dal punto di vista economico, in termini di parità, molto c’è da fare, invece, a livello di buste paga. La differenza con gli uomini rimane troppo consistente. Varese è 85esima in Italia per gender pay gap. Un dato che era emerso anche dalle analisi svolte sul territorio dai ricercatori del think tank di Harvard, Strategique, nel redigere il Piano Strategico #Varese2050 per Confindustria Varese. Nel Varesotto, si legge nel documento, “le donne guadagnano quasi il 15% in meno degli uomini, a fronte di un gender pay gap che si attesta al 13,4% in Lombardia e al 10,9% in Italia”. Ma se Varese, tra alti e bassi, riesce a essere inclusiva nei confronti del mondo femminile, il fronte su cui non riesce proprio ad eccellere è quello dei giovani. Per qualità della vita di ragazzi e ragazze, secondo l’ultima graduatoria de Il Sole 24 Ore, la provincia all’ombra delle Prealpi arriva solo 69esima. L’unico buon posizionamento anche in questo caso, facendone una costante isola felice dell’inclusione, è quello dell’offerta sportiva pensata per le persone con meno di 35anni: in cui Varese arriva 27esima. Per il resto è un elenco di campi in cui la parola d’ordine è: migliorare. Come sulla disoccupazione giovanile (11,1% al 44esimo posto), la soddisfazione per il proprio lavoro (Varese a questa voce arriva solo 42esima), sul numero di under 40 nelle amministrazioni comunali (92esima), per offerta di concerti (praticamente ultima o poco ci manca: 103esima). Il dato più preoccupante rimane, però, quello dei Neet, i giovani che non studiano, non lavorano e nemmeno sono impegnati nella ricerca di un’occupazione. Con una quota del 19,6%, in questa classifica, Varese non fa meglio del 51esimo piazzamento. “Area di forte criticità”, sentenziano gli esperti di Strategique nel Piano #Varese2050. 

Secondo il Piano Strategico #Varese2050 di Confindustria Varese “le donne nel Varesotto guadagnano quasi il 15% in meno degli uomini, a fronte di un gender pay gap che si attesta al 13,4% in Lombardia e al 10,9% in Italia”

Se da un lato, un territorio che voglia definirsi inclusivo deve saper attrarre i giovani, dall’altro, però, deve saper anche guardare alla qualità della vita di quello spaccato di società in crescita per via delle dinamiche demografiche: gli ultra 65enni. In questo caso Varese arriva 44esima. A metà di un guado nel quale la provincia è ben piazzata in termini di speranza di vita e di posti letto nelle Rsa, ma con performance sotto le prime 30 posizioni per quanto riguarda la percentuale di persone sole (30,5%, contro una media nazionale del 32,6%), investimenti degli enti pubblici nel trasporto anziani, nel consumo di farmaci anti depressivi e nell’offerta di orti urbani. Non si può poi misurare la capacità di inclusione di un territorio senza guardare agli stranieri. Anche in questo caso Varese non riesce ad andare oltre la metà classifica su due indici di misurazione che ci vengono incontro: il numero di imprese con titolari non italiani (44esima) e la percentuale di immigrati regolari sul resto della popolazione, 55esima con una quota del 9%. Massima inclusione, invece, per quanto riguarda i disabili nello sport. Per numero di medaglie, tesserati, società e associazioni, offerta di strutture e iniziative Varese in Italia, ormai da qualche anno, non ha eguali. Primo posto nell’indice di sportività paralimpico. 

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