Perché Varese è la "Città Giardino"

Storia di un soprannome che ormai da anni contraddistingue il capoluogo del Varesotto nel mondo. Come un “segno particolare” sulla propria carta di identità, legato a motivi storic

Storia di un soprannome che ormai da anni contraddistingue il capoluogo del Varesotto nel mondo. Come un “segno particolare” sulla propria carta di identità, legato a motivi storici, ma anche a numeri di un presente ancora e sempre verde

Vi siete mai chiesti quando è nato il concetto di Città Giardino per definire Varese? Che il capoluogo della nostra provincia sia una città “anomala” in senso positivo per quantità di verde e parchi è assodato: ma da dove arrivi quella che è da considerare una vera e propria definizione della città è meno noto e la risposta è decisamente più sfumata. “Il concetto di ‘città giardino’ nasce in Gran Bretagna agli inizi del secolo ventesimo con un movimento fondato da Ebenezer Howard – spiega Daniele Zanzi, varesino e Vicesindaco di Varese, nonché agronomo di fama internazionale -. Howard era un urbanista che affrontò alla fine del XIX secolo il problema del sovraffollamento delle città e lo spopolamento delle campagne a seguito della Rivoluzione industriale. Quello di città giardino quindi era un concetto utopico, che nasceva come reazione all’espansione incontrollata delle città industriali, che Howard aveva spiegato nei particolari in un suo saggio: La ‘Garden City’ doveva essere infatti costituita da un parco centrale attorno al quale si sarebbero sviluppate le aree residenziali servite da ampi viali puliti e una cinta ferroviaria che chiudeva l’intera città. Per spiegarla meglio, nel suo saggio descrisse addirittura inoltre la proporzione tra quantità di terreno e unità abitative. Come si può già capire, Varese non corrisponde alla descrizione di una vera ‘città giardino’, anche se è piena di giardini”. 

Mauro Della Porta Raffo: “Quello di città giardino era un modo di definire Varese negli anni d’oro dell’Hotel Excelsior, oggi Villa Recalcati. Era la fine dell’Ottocento, un periodo in cui Varese era una delle più importanti e civettuole città turistiche d’Europa. In quell’albergo soggiornavano dive, personalità della cultura, politici”

Del resto, l’accostamento tra Varese e spazi verdi è ben precedente al movimento urbanistico delle ‘città giardino’: “Nel Settecento, per esempio, il rettore della biblioteca Ambrosiana Nicolò Sormani, originario di Brusimpiano, definì Varese in uno dei suoi libri come la città ‘dell’Insubria vago giardino’”, spiega ancora Zanzi che nel suo racconto di ricostruzione di questo soprannome ricorda anche che “Stendhal definì Varese la ‘Versailles di Milano’. Nel 1911, però, una rivista turistica tedesca parlò di Varese, per reclamizzare il Grand Hotel Excelsior di Casbeno, come di una ‘città giardino’. La definizione, come abbiamo già visto, è impropria, proprio perché le città giardino erano una realtà ben precisa in quegli anni, ma a quel punto finì per diventare ufficiale”. 
Il termine, d’altronde, aveva cominciato a circolare anche qualche anno prima: “Quello di città giardino era un modo di definire Varese negli anni d’oro dell’Hotel Excelsior, oggi villa Recalcati – conferma lo storico Mauro Della Porta Raffo -. Era la fine dell’Ottocento, un periodo in cui Varese era una delle più importanti e civettuole città turistiche d’Europa. In quell’hotel soggiornavano dive, personalità della cultura, politici: ci venne in vacanza anche il presidente degli Stati Uniti Ulysses S. Grant. Il termine però fu usato ancor più nel secondo dopoguerra quando Manlio Raffo, mio padre, era direttore dell’Ente provinciale del Turismo: oltre a utilizzare il termine già noto di ‘città giardino’, con l’architetto Bruno Ravasi e lo scrittore Piero Chiara inventarono altre definizioni per i nostri territori: come ‘nel Varesotto non manca mai un raggio di sole’ o ‘la provincia dei sette laghi’”. 

Dino De Simone: “Varese ha ottocentomila metri quadri di proprietà comunali, considerati i 7 parchi storici, i 53 giardini scolastici, le 39 aree verdi di quartiere, le 31 aiuole, le13 aree verdi esterne ai cimiteri, i 3 campi sportivi amatoriali e le 25 aree verdi in zone libere”

Oltre a “Varese città giardino”, però, c’è anche chi utilizza l’espressione “Varese città di giardini”: lo ha fatto proprio Zanzi negli anni passati, ma anche Paolo Cottini nel libro “I giardini della città Giardino” (Lativa, 2004). Ma dal punto di vista dei numeri, è proprio così? 
Di certo c’è la quantità di verde in città che, propriamente o no, la possono far definire se non una città giardino, almeno una città verde: “Varese ha ottocentomila metri quadri di proprietà comunali, considerati i 7 parchi storici (Giardini Estensi con villa Mirabello, Villa Toeplitz, Villa Augusta, Villa Baragiola, il parco Mantegazza al castello di Masnago, Villa Torelli Mylius e parco Zanzi), i 53 giardini scolastici, le 39 aree verdi di quartiere, le 31 aiuole, le13 aree verdi esterne ai cimiteri, i 3 campi sportivi amatoriali e le 25 aree verdi in zone libere. A cui si aggiungono i quasi quattrocentosettantamila metri quadri di boschi comunali. In tutto un milione e 270mila metri quadri, oltre un chilometro quadro di spazi verdi comunali in città”, spiega l’assessore all’ambiente e verde pubblico Dino de Simone: “A cui si aggiungono oltre 27 milioni di metri quadri di verde privato: tra boschivo, agricolo e storico, nei parchi delle ville private. In tutto le aree verdi, private e pubbliche occupano più della metà della superficie totale della città, che è di oltre 50 milioni di metri quadrati: Varese quindi si può considerare, senza tema di smentita e numeri alla mano, una ‘città verde’”. La città giardino non è solo storia. È anche presente. Nei numeri. 

foto di Alberto Bortoluzzi

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