Omaggio a Giovanni Carnovali

La città di Luino accoglie una mostra dedicata all’artista soprannominato il Piccio, nativo di Montegrino, nell’anniversario dei 150 anni dalla sua morte. In esposizione opere, dip

La città di Luino accoglie una mostra dedicata all’artista soprannominato il Piccio, nativo di Montegrino, nell’anniversario dei 150 anni dalla sua morte. In esposizione opere, dipinti e disegni che testimoniano la vita artistica del pittore romantico che con la sua produzione anticipò Scapigliatura e Divisionismo 

Fu uno dei pittori più amati da Piero Chiara. Tanto che lo scrittore ne fu anche appassionato collezionista, ammirato sia dalle sue capacità di ritrattista, sia dal raffinato paesaggista. Se ne erano accorti peraltro anche i ricchi coetanei di Giovanni Carnovali, detto il Piccio (1804-1873) che gradivano appenderne le opere nelle loro case, sia paesaggi sia ritratti, abbellendole con quell’arte personalissima e sensibile di curioso artista ottocentesco. Amante della natura e della libertà, di estenuanti camminate, spesso con gli amici artisti a lui più vicini, di spazi aperti e acque pulite in cui rinfrescarsi e nuotare nelle calde giornate estive, era uso sguazzare nel Po e poggiare gli abiti in un ombrello rovesciato. Quell’amore per l’acqua e l’abitudine gli furono fatali. Annegò infatti proprio mentre si bagnava per refrigerarsi dall’afa del caldo estivo a Coltaro.

Era il 5 luglio del 1873. Uno dei suoi ultimi autoritratti, eseguito quattro anni prima, ci rimanda in mostra la fisionomia di un viso sereno, ormai addolcito e spiritualizzato negli anni dall’amore per il suo buon lavoro. Figlio di Serafina, una contadina, e di Giovanni Battista, capomastro, lasciò col padre a soli 8 anni la sua Montegrino Valtravaglia, sopra Luino. La destinazione era Albino, in provincia di Bergamo. Appena undicenne fu allievo all’Accademia Carrara di Bergamo di Giuseppe Diotti, pittore neoclassico, cui lo avevano indirizzato i suoi protettori, i conti Spini di Cremona, entusiasti del suo talento naturale. Tanto era più giovane degli altri allievi che fu subito detto il Piccio, cioè il piccolo. E tale sarebbe rimasto per sempre.  

Il Diotti ben presto pronosticò: “Io predico che se costui dispiegherà nella immaginazione i medesimi talenti che già nella imitazione dimostra, diverrà non già un artista bravo ma straordinario”. A 150 anni dalla morte la città di Luino ospita a Palazzo Verbania una rassegna, promossa e organizzata dall’Associazione Amici del Piccio, che ha sede a Montegrino, luogo in cui l’artista aveva visto la luce. Nel verde paesino luinese ancora oggi è la sua casa natale, accanto al busto che lo ricorda voluto a suo tempo dall’Associazione Amici del Piccio per mantenerne viva la memoria. A questo scopo iniziative e giornate di studi sulla sua opera sono sempre in atto per l’infaticabile attività degli Amici, presieduti da Carolina De Vittori. Che della mostra in corso è anche curatrice. 

La rassegna presentata a Luino, nella felice cornice del bell’edificio affacciato sulle acque del Verbano, offre esempi significativi della varietà dell’arte del Carnovali. Sono 21 i dipinti esposti, tra ritratti e paesaggi, temi biblici e mitologici e 50 i disegni, per lo più inediti, recuperati in aste o provenienti da collezioni private. Si tratta di una scelta molto importante, dicono i curatori, che vuole illustrare compiutamente il percorso artistico di Piccio al quale “deve esser riconosciuto il merito di una ricerca continua di sperimentazione, di una innata originalità nella rappresentazione di episodi che si rifanno alla mitologia o alla storia sacra, di uno stile personale e coloristico che ‘illumina’ le sue opere di una luce diffusa, caratterizzata da tinte chiare e armoniose”. Quanto al tratto dei suoi lavori, inconfondibile lo descriveva nel 1947 Roberto Bassi, “non è deciso ma irrequieto e quasi palpitante nel tentativo di raggiungere quell’effetto mobile d’ambiente atmosferico che smorza al disegno ogni durezza, facendolo pieno di suggestione sentimentale”.

Di queste suggestioni sono infatti carichi i disegni, utilissimi non solo per confermarne la magistrale bravura di chi sa ritrarre, con un tratto che gli arriva di getto, ogni paesaggio o viso. Ma anche per testimoniare la veridicità dei suoi racconti, di lunghi viaggi, chilometri e chilometri macinati a piedi, spesso con amici artisti come il Faruffini e Giacomo Trecourt, financo a Parigi o Napoli. O Paestum, dove la meraviglia della natura e delle architetture dei templi lo avvince nella luce dorata di quel magico luogo. Mentre a Cremona si sofferma a riprodurre a matita il Po e il Monte Rosa colti al calar del sole. Segno che il suo incanto di artista lo induceva a rimanere a lavorare fino al tramonto, per coglier i migliori effetti dell’ultima luce proiettata sul paesaggio. Attimi divenuti eterni nei suoi tratti di matita. Da naturalista ante litteram trovava nella natura un affiatamento francescano e nei suoi colori e nelle sfumature di verde e di grigio intravedeva e ricercava un’evanescenza tutta nuova, anticipatrice di correnti pittoriche ancora da venire, come Scapigliatura e Divisionismo.

 

 

Di ogni viaggio il Piccio ha lasciato testimonianza, come la mostra racconta al visitatore: in riproduzioni reali di laghi e città, di fiumi, ma altre volte si tratta di soggetti idealizzati, come boschi abitati da piccole creature, anse di fiumi o tratti, nascosti in parte, o visi di donne e fanciulli seminascosti nel fittume del verde. Va sottolineato come l’amore per il paesaggio fosse anche frutto del riandare al luogo natio, lasciato troppo presto e a quel ricordo di un vivere libero tra laghi e laghetti, valli ubertose, montagne e foreste, mai dimenticati. 
“Preme sottolineare – spiega la curatrice della mostra – come il racconto popolare di un Piccio stravagante e forse un po’ sfuggente al perbenismo dei suoi contemporanei sia da superare a favore di una storia personale messa poco in risalto da studiosi e da storici dell’arte. Piccio fu certamente ‘strambissimo’, come lo definì il suo maestro, ma in senso positivo, dotato di intelligenza e di sensibilità non comuni. Inoltre, la sua cultura era ben evidente nelle interpretazioni di vari episodi biblici o mitologici illustrati nelle sue opere, che sapeva rendere con particolari accuratamente studiati, ma resi unici dal suo ingegno”. 

Si vedano in mostra al proposito “Diana e Atteone” (1865), soggetto mitologico che ritorna più volte nella sua produzione pittorica, anche in alcuni disegni e ancora il soave, delicatissimo ritratto dedicato a “Flora” (1871), scelto come immagine della mostra. Che fosse un ritrattista di mano felice è evidente anche nell’opera “Contadina con fazzoletto rosso” (1859), un soggetto ispirato dall’amore fervido per il suo Paese e insieme caro al suo gusto di conteur della semplicità e genuinità umana. O nelle più raffinate Madonne, ispirategli dal conterraneo Bernardino Luini. “Mosè salvato dalle acque”, un bozzetto a olio del 1875, rivela invece tutta la modernità del Piccio nell’accostamento dei colori stemperati in quel suo innovativo, personalissimo intendere, così come è assolutamente particolare, ben oltre il manierismo coevo consueto di interpretazione accademica, la “Deposizione” del 1875. Un disegno “moderno” che rende appieno la statura del personaggio e dell’artista prediletto da Piero Chiara. 

Quattro dei disegni in visione, provenienti dalla collezione Finazzi, saranno riprodotti su biglietti che resteranno a futura memoria della mostra e potranno essere timbrati per l’annullo postale. Si tratta del viso sorridente nel “Ritratto di Piero Moretti”, di un “Busto di giovinetta” realizzato con veloci tratti, di una “Sacra famiglia” e di una “Giovane donna che legge accanto a un bambino”. Campeggia, sul monumento dedicato al Carnovali nel cimitero di Cremona, una significativa benché semplice scritta: “Pittore fra i sommi nacque, visse all’arte virtuosissimo”.  

PICCIO tra vero e ideale

Omaggio all’artista a 150 anni dalla scomparsa
Dal 6 al 30 luglio 2023

Palazzo Verbania, Luino (Va) Tel. 0332543546
Catalogo della mostra a cura di Elisabetta Staudacher, Responsabile archivio Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano

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