Non abbiate paura del Bail-In

“Di fronte ai grandi mutamenti che stanno coinvolgendo il sistema finanziario non possiamo, come imprenditori, stare fermi ad aspettare gli eventi. Dobbiamo, invece, saper governare la nostra fi

“Di fronte ai grandi mutamenti che stanno coinvolgendo il sistema finanziario non possiamo, come imprenditori, stare fermi ad aspettare gli eventi. Dobbiamo, invece, saper governare la nostra finanza. Altrimenti l’alternativa è che siano altri soggetti, con altre logiche e altri obiettivi rispetto a quelli del’impresa, a decidere le sorti dei nostri business. E questo non ce lo possiamo permettere.   L’innovazione finanziaria parte dal ripensamento della cultura d’impresa. L’imprenditore deve avere il coraggio di rimettersi in discussione aprendosi anche a nuovi orizzonti di conoscenza”. Gli orizzonti a cui si riferisce il Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, Riccardo Comerio, sono quelli che vuole aprire alle imprese il ciclo di incontri “Approfondimenti di Finanza – Scuola d’impresa”. Tema al centro dell’ultimo appuntamento è stato il Bail-In.
 

Nei futuri salvataggi di una banca gli azionisti saranno quelli che ci rimetteranno per primi, seguiti dagli obbligazionisti e dai possessori di depositi eccedenti i 100.000 euro

Secondo la nuova normativa il “salvataggio” di una banca in difficoltà dovrà effettuarsi anche con il ricorso a risorse interne all’istituto di credito stesso. In estrema sintesi gli azionisti saranno quelli che ci rimetteranno per primi, attraverso la riduzione del valore delle azioni detenute, seguiti dagli obbligazionisti ed infine dai possessori di depositi eccedenti i 100.000 euro.
E dunque? Risparmiatori, correntisti e imprese devono temere oppure no il Bail-In? “Meno di quanto ci è stato raccontato in questi mesi da un dibattito sui giornali fin troppo allarmista”, ha rassicurato Claudio Grossi, Docente di Programmazione, Controllo e Finanza Aziendale presso l’Università Cattolica di Milano e Presidente di Mark Up Consulting Srl.
Di sicuro però qualcosa sta cambiando: “Per anni siamo stati giudicati dalle banche attraverso i rating. Ecco forse è ancora presto, ma pian piano ci stiamo avvicinando ad una sorta di nuova era in cui saranno le banche a dover essere giudicate maggiormente da risparmiatori e correntisti. E in base a queste valutazioni saranno sempre più oggetto da parte della clientela di una selezione”.
 

L’opinione dell’esperto, Claudio Grossi: “Il sistema bancario italiano è solido, non dobbiamo avere troppe paure”

Detto questo: “Il sistema bancario italiano è solido, non dobbiamo avere troppe paure”. Questa l’opinione di Grossi. Basata sui numeri. Un esempio? Il dato sui derivati. Le prime due banche italiane per attivi di bilancio sul Pil nazionale hanno in pancia derivati tra il 7% e il 9% dei propri asset. Nulla a confronto al primo istituto tedesco, dove i livelli dei derivati superano il 36%, o a quello inglese dove si varca il tetto del 32%. La prima banca francese ha una percentuale più bassa rispetto a questi record, ma che è comunque doppia rispetto a quella dei colleghi italiani: 21%.
Per quanto riguarda la concessione di credito, invece, le due prime banche italiane battono i primi istituti degli altri Paesi. Mentre in Italia la percentuale del credito sul totale degli asset viaggia tra il 49 e il 55%, in Germania scende a 37%, in Gran Bretagna al 31%, in Francia al 31,5%.
Non tutto ciò che luccica, però, è oro. Pur solido il sistema bancario italiano in questi anni ha bruciato il 32,31% del proprio Roe (l’indice di redditività del capitale proprio, ossia la capacità di una società di ripagare i propri azionisti dell’investimento fatto nel capitale). Una piccola risalita è prevista per il Roe della banche italiane del 2016: +1,6%. Un ritmo però troppo lento. A questo passo si tornerebbe ai livelli del 2006 solo nel 2028.
Come dire: ci sono luci e ombre. Ma queste ultime, secondo Grossi, in Italia e nel suo sistema bancario non sono più buie di quelle che caratterizzano altri sistemi europei: “Sono troppe le classifiche che ci penalizzano, ma sono quasi tutte troppo sbilanciate sul giudizio basato sui crediti deteriorati e poco inclini, invece, a calcolare altri rischi a cui i nostri istituti sono più al riparo”. Non fosse altro per gli accantonamenti assicurati dalle nostre banche a copertura dei e in rapporto ai crediti deteriorati. Fieno in cascina che nelle prime due banche della Penisola arriva ai livelli del 50%, contro il 22% della Gran Bretagna o il 37% tedesco.
Morale, consigli agli imprenditori e in genere ai correntisti? “Diversificare le banche. Non ci resta che cercare di convivere con un sistema sempre più complesso”.

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