Memorie dal sottosuolo
Alla scoperta delle oltre 500 grotte censite sul territorio varesino. Tra le più abbordabili anche dai neofiti, la Tana della Volpe a Brusimpiano, la Grotta dell’Alabastro e l’Antr
Alla scoperta delle oltre 500 grotte censite sul territorio varesino. Tra le più abbordabili anche dai neofiti, la Tana della Volpe a Brusimpiano, la Grotta dell’Alabastro e l’Antro delle Gallerie in Valganna, La Grotta del Frassino che fende il terreno al Campo dei Fiori, la Grotta Belvedere in cima al monte Minisfreddo in Valceresio
Abissi, orridi, canyon, spelonche, caverne, strapiombi, anfratti, crepacci, vertigini e addirittura precipizi verso gli inferi: il campionario dei termini abbinati alla speleologia è di solito abbastanza inquietante. Sembra quasi che la letteratura e la manualistica ci prendano gusto a spaventare il neofita che si avvicina con curiosità. Al contrario, la speleologia si può definire con parole assolutamente tranquillizzanti: spettacolo, natura, bellezza, meraviglia, cristalli, acqua, doline, ruscelli, laghi e nevai sotterranei. È in fondo il fascino contraddittorio di ciò che non si conosce, l’oscuro, l’ignoto. Chi nel sottosuolo ci è stato e ci torna regolarmente per sport o per piacere, giura che è un’esperienza imperdibile.
Una cosa è certa, in provincia di Varese ci si può togliere la voglia. Il nostro territorio ospita qualcosa come 500 grotte individuate fino a oggi, disseminate nelle principali aree carsiche del Campo dei Fiori, in Valceresio, Valganna e Valcuvia. Le cavità conosciute sono descritte con le caratteristiche geologiche e speleometriche, profondità, grado di difficoltà, passaggi, cunicoli. Tutte insieme sono raccolte nel catasto regionale, consultabile contattando la federazione speleologica lombarda. Il Campo dei Fiori risale al Mesozoico, l’era dei dinosauri, ed è fittamente ricoperto dai boschi. Scendere nel suo ventre è avventuroso come racconta Giulio Verne nel “Viaggio al centro della terra”. Ogni varco è avvolto nel “mito”, accompagnato da cronache di viaggi avventurosi e storiche esplorazioni. Come la grotta Remeron a Comerio, 685 metri d’altezza tra Varese e Gavirate, percorsa per la prima volta nel 1900 da Luigi Vittorio Bertarelli, più tardi fondatore del Touring Club Italiano, che con materiali di fortuna e in compagnia dell’imprenditore milanese Luigi Orrigoni e di due sacerdoti della zona, don Luigi Tadini di Comerio e don Giacomo Pensotti di Barasso, raggiunse un lago sotterraneo a 200 metri di profondità che porta il suo nome. O come l’Antro dei morti all’Orrido di Cunardo, che a dispetto del nome non presenta difficoltà maggiori di una scampagnata su un sentiero di montagna. È un luogo attrezzato con i corrimani, senza pericoli, l’unico traforo idrogeologico della Lombardia, il “grottone” è infatti attraversato su un lato dal fiume Margorabbia. Il Comune di Cunardo ha speso centinaia di migliaia di euro per agevolarne l’accesso.
Qualcuno ricorderà di certo il drammatico salvataggio della scolaresca bloccata in una caverna in Thailandia nel 2018. La speleologia è un’attività divertente e ricreativa, consigliabile a tutti, o è qualcosa di più impegnativo e pericoloso? “Ci sono vari livelli – risponde Guglielmo Ronaghi, presidente del Gruppo Speleologico Prealpino e istruttore nazionale del Cai (Club Alpino Italiano) -. C’è un livello ludico paragonabile a una passeggiata e vi possono accedere anche i ragazzi di quinta elementare. Le attrezzature vengono fornite dall’associazione, basta avere un paio di stivali, una tuta da meccanico e un paio di guanti in gomma da giardinaggio. Al resto pensiamo noi. Per chi vuole approfondire l’esperienza c’è il ciclo formativo teorico-pratico. Costa 150 euro. Più sale il livello più si richiedono capacità, conoscenza e prestanza fisica”.
Il Gruppo Prealpino, con 46 iscritti, oltre alle esplorazioni delle grotte lavora spesso con le scuole medie secondarie e superiori, l’Isis di Bisuschio per esempio. Organizza periodicamente visite guidate nelle grotte “facili”. Nel Varesotto ce ne sono cinque o sei: la Tana della Volpe a Brusimpiano, la Grotta dell’Alabastro nei boschi vicino al laghetto Fonteviva in Valganna e, sempre in zona, l’Antro delle Gallerie, un complesso artificiale di 5-600 anni fa, un’antica miniera di galena dove gli studi sono ancora in corso. La Grotta del Frassino fende il terreno al Campo dei Fiori nei boschi nella zona alta, parco naturale. Per entrarci bisogna avere il permesso e avvalersi dei gruppi speleologici. La Grotta Belvedere in cima al monte Minisfreddo in Valceresio è ricca di fossili. A Saltrio sono state scoperte recentemente sette grotte verticali, pozzi molti profondi dove è richiesta la progressione su corda. Gli esperti non escludono di trovarvi fossili di animali preistorici.
C’è ancora molto da scoprire, la speleologia è un grande libro di cui sono state sfogliate solo le prime pagine. A parte l’Indiana Jones Bertarelli alla grotta Remeron, la storia della speleologia prealpina è già ricca di aneddoti. Negli anni ‘90 fu scoperta in modo avventuroso la grotta Schiaparelli nel bosco sotto il Belvedere al Campo dei Fiori, profonda 640 metri, ancora in fase di esplorazione. Ci si è arrivati scalpellando alcune gallerie anguste che man mano hanno rivelato ambienti sempre più grandi, fino a uno spettacolare salone di 30 x 40 metri. Per scendere alla grotta dei Fulmini, sempre al Campo dei Fiori, gli esploratori hanno superato una frana dietro alla quale si è spalancato un ambiente enorme, con fossili bellissimi. Nei pressi c’è l’Abisso della Scondurava, che precipita a 330 metri dalla superficie terrestre in una rapida successione di pozzi e gallerie.
È vero o è un luogo comune, chiediamo, che bisogna essere piccoli e magri per praticare questo sport? “Non necessariamente – risponde Ronaghi – È questione di preparazione. Entrare in grotta richiede una conoscenza tecnica già di per sé selettiva. Ci vuole il giusto atteggiamento psicologico, è inadatto per esempio per chi soffre di claustrofobia. Il contatto diretto con la grotta fa emergere i problemi, non si può barare. Le escursioni durano sette-otto ore ma possono protrarsi anche per due o tre giorni con pernottamento. A 700 metri di profondità si possono ammirare formazioni minerali, cristalli, stalattiti, stalagmiti. Un mondo parallelo riservato a pochi fortunati”.
Tanti sono i protagonisti varesini che hanno legato il proprio nome alle imprese sotterranee. Maurizio Negrini di Albiolo, autentico highlander del sottosuolo, ha 85 anni e pochi mesi fa è sceso nel Remeron a 200 metri di profondità superando pozzi vertiginosi. Nella stessa grotta Felice Binda promosse le esplorazioni negli anni ’50, come più tardi il figlio Augusto e Luigi Anzi nei rami settentrionali. Paolo Amedeo negli anni ’60 scoprì le zone più interne della Tana della Volpe, Aldo Zamignana legò il proprio nome al soccorso speleologico. E Ferdinando Macchi esplorò anche la grotta Marelli, scoperta nel 1906 durante la costruzione del Grand Hotel Tre Croci di Giuseppe Sommaruga.
In provincia di Varese operano altre associazioni speleologiche nell’ambito delle sezioni del Club Alpino Italiano, ciascuna con il proprio sito Internet, spesso con finalità scientifiche e di pubblica utilità. Organizzano corsi, esplorano cavità naturali e artificiali, fanno protezione ambientale e acquifera, educano, divulgano e insegnano a conoscere la natura. Il gruppo grotte Cai di Gallarate collabora per esempio alla bonifica dei corsi d’acqua inquinati nel Pozzo di Cima Paradiso al Campo dei Fiori e compie studi nella grotta Giurati sullo spostamento dell’aria e il soffio sotterraneo del vento. La sezione di Busto Arsizio è particolarmente attiva nel massiccio delle Grigne, le grotte più profonde e misteriose della Lombardia (scendono a 1 km e 300 metri). E il gruppo di Carnago festeggia oltre sessant’anni di attività. “Noi abbiamo una vocazione esplorativa, cerchiamo posti nuovi per ampliare la conoscenza del mondo ipogeo – spiega Peter Beatrice, segretario della sezione speleologica del Cai di Varese, una delle più numerose –. Nel 2015 abbiamo scoperto la grotta Mattarelli al Campo dei Fiori e da allora abbiamo esplorato 5 km di gallerie. La prima parte è un abisso verticale, poi scende costante verso le sorgenti di Luvinate e Barasso. Svolgiamo anche studi scientifici. Nel sistema carsico l’acqua scorre sottoterra, poi incontra strati impermeabili e torna fuori. Vogliamo capirne il percorso, inseriamo sostanze a monte e vediamo dove escono a valle. L’estate scorsa facemmo prelievi per aiutare l’Arpa a fronteggiare lo sversamento di idrocarburi alla base militare del Campo dei Fiori”.
I più anziani ricordano Alfredino Rampi caduto in un pozzo artesiano a Vermicino nel 1981, che uno speleologo tentò invano di salvare. Una tragedia. Sottoterra potrebbe capitare ciò che avviene in alta montagna con cordate domenicali che affrontano sempre più spesso salite impegnative senza avere la necessaria preparazione? “Intende dire prendere rischi sottogamba? No, non credo – risponde Beatrice -. Sotto terra non ci sono funivie panoramiche e ghiacciai da affrontare in scarpe da tennis. Attaccati alle funi a decine di metri di profondità non c’è spazio per l’improvvisazione. In cinque settimane di corso, però, possiamo insegnare a scendere al lago Bertarelli. In tutta sicurezza”.