L’idrogeno sarà il nuovo petrolio?
Con un chilo è possibile far correre un’automobile per più di 100 chilometri. Oppure scaldare per un paio di giorni una casa. O, ancora, produrre 9 chilogrammi di acciaio. Ecco le
Con un chilo è possibile far correre un’automobile per più di 100 chilometri. Oppure scaldare per un paio di giorni una casa. O, ancora, produrre 9 chilogrammi di acciaio. Ecco le potenzialità della nuova fonte di energia inesauribile oggi sulla bocca di tutti e al centro di molti piani nazionali di sviluppo. Ma il futuro rischia di non essere proprio dietro l’angolo. Soprattutto se l’obiettivo è di averne in grandi quantità e con processi del tutto green
L’idrogeno è il più semplice elemento che esiste in natura, il primo che si formò dopo il Big Bang ed il più abbondante nell’Universo e, non ultimo, è l’elemento principale della nostra stella, il Sole. Se preso da solo è un gas incolore e inodore. È un elemento molto leggero e lo si trova in diversi composti, come l’acqua ad esempio o in molecole organiche. Sapendolo maneggiare opportunamente è possibile con un chilogrammo di idrogeno far correre un’automobile per 100-120 chilometri oppure riscaldare per un paio di giorni un’abitazione o produrre 9 chilogrammi di acciaio a partire dal ferro. Insomma, è un elemento di grandi potenzialità. Peccato però che non lo si trovi in forma libera in natura, ma può essere prodotto attraverso vari processi chimici e fisici.
Al momento i sistemi più utilizzati sono procedimenti chimici che richiedono molta energia. Lo si ottiene per esempio dal metano, dalla nafta e anche dal carbone. Sono processi ben sperimentati con l’unica pecca di produrre anidride carbonica e quindi gas serra. Al momento sono allo studio anche sistemi innovativi, che coinvolgono, ad esempio, enzimi o batteri, con lo scopo di ridurre al minimo l’inquinamento. Idealmente il processo migliore sarebbe l’elettrolisi dell’acqua. Usando energia elettrica si può spaccare la molecola dell’acqua in idrogeno e ossigeno. Se per l’operazione si utilizzassero le energie rinnovabili, come l’eolico o il solare, non si produrrebbe in alcun modo anidride carbonica e quindi si avrebbe idrogeno assolutamente pulito. Al momento però questa strada non produce più del 5% dell’idrogeno oggi utilizzato che ammonta a circa 500 miliardi di metri cubi. Ma con fonti pulite che producono energia a costi sempre più confrontabili con quella derivata dai combustibili fossili, molto probabilmente questa strada sarà sem utilizzata nei prossimi anni.
L’idrogeno, una volta prodotto, possiede due caratteristiche importanti: il fatto di essere facilmente trasportabile sia attraverso gasdotti o mezzi di trasporto come navi o camion e di essere facilmente stoccato a costi di circa 10 volte inferiori rispetto alle batterie. Ma se oggi l’idrogeno è ampiamente utilizzato in applicazioni industriali, come nel settore siderurgico, nel petrolchimico e nell’alimentare, c’è la possibilità, e per molti la speranza, che possa diffondersi anche nel trasporto e più in là possa sostituire il gas naturale nel riscaldamento di edifici.
Ma come funziona un veicolo ad idrogeno? Diciamo che il sistema non differisce di molto da quello di un’auto elettrica, anzi è del tutto simile, con un’unica differenza: nelle auto elettriche che si stanno diffondendo in questi ultimi anni l’elettricità che serve per far funzionare il motore arriva da batterie, mentre nelle auto ad idrogeno viene prodotta dalle “celle a combustibile”. Il processo è di per sé semplice. Si tratta di far sì che idrogeno e ossigeno si uniscano in una reazione non esplosiva che produca elettricità. Il sistema è ben conosciuto. Si tratta di mettere dell’idrogeno in uno scomparto dove un anodo (ossia un elettrodo in grado di strappare elettroni) separa l’elettrone dell’atomo o dal nucleo. A questo punto lo ione idrogeno (ossia l’idrogeno senza l’elettrone) è in grado di transitare attraverso un’opportuna membrana al di là della quale può unirsi all’ossigeno posto in un altro contenitore, che poi altro non è che aria. Gli elettroni che erano stati strappati producono la corrente elettrica che fa funzionare il motore e fatti circolare lungo un opportuno tragitto raggiungono lo ione idrogeno che, unendosi all’ossigeno, danno origine all’acqua, unico prodotto di scarico. La reazione produce anche calore che può essere utilizzato, quando voluto, per riscaldare l’abitacolo.
L’idrogeno è il più semplice elemento che esiste in natura, il primo che si formò dopo il Big Bang ed il più abbondante nell’Universo e, non ultimo, è l’elemento principale della nostra stella, il Sole. Se preso da solo è un gas incolore e inodore
Si capisce dunque, come la differenza sostanziale rispetto agli altri veicoli elettrici consista nel fatto che i veicoli a idrogeno producano da soli l’energia elettrica. Non prelevano l’energia da una batteria integrata come le auto esclusivamente elettriche o ibride. Le auto a idrogeno hanno, per così dire, una propria efficientissima centrale elettrica a bordo. E questa centrale elettrica è la cella a combustibile. Basta fare il pieno di idrogeno, per il quale ci vogliono non più di 3-4 minuti (e non ore come per ricaricare le batterie) e il veicolo è pronto per coprire una distanza molto simile a quella di un’auto o un camion a combustibile fossile. Come le auto elettriche, anche i veicoli a idrogeno sono in grado di recuperare l’energia in frenata.
Ci sono due domande che nascono a questo punto: i serbatoi dell’idrogeno sono sicuri? E, se tutto sembra positivo, perché non esistono già (se non pochissimi esemplari) auto ad idrogeno? Un fatto è certo: i serbatoi sono stati sottoposti a prove e controprove di sopravvivenza in crash test, durante i quali hanno sempre dimostrato la sicurezza totale della loro struttura: i serbatoi non hanno mai subito danni e l’idrogeno non è mai fuoriuscito. Il fatto che le auto ad idrogeno non siano ancora in circolazione lo si spiega, invece, da un lato perché al momento sono costosissime, ma soprattutto perché non esiste alcuna rete di distribuzione dell’idrogeno. D’altra parte, finché non ci saranno auto in circolazione, difficilmente nasceranno delle colonnine dalle quali fare rifornimento. Una situazione quindi che richiede diverse volontà: la volontà da parte delle case automobilistiche di impegnarsi in questa nuova frontiera produttiva; la volontà da parte dei grandi distributori di fonti di energia di creare una rete di distribuzione. E poi, non meno importante, la volontà politica di diffondere questi veicoli. Se non si trova una collaborazione tra questi tre gruppi di interesse, la strada per la diffusione dell’idrogeno sarà ancora molto in salita.
(prima puntata)
L’IDROGENO SECONDO CONFINDUSTRIA
L’attuale consumo di idrogeno in Italia è pari a circa 16 terawattora (TWh), pari all’1% dei consumi finali di energia a livello nazionale (1.436 TWh) e corrispondente a circa 480.000 tonnellate all’anno, di cui pressapoco 8.500 risultano commercializzati in bombole e in apposite tubature. È questa la fotografia dell’attuale impiego dell’idrogeno nel nostro Paese scattata da uno studio di Confindustria. Il dato emerge da un paper ribattezzato dagli esperti di Viale Dell’Astronomia “Piano d’azione per l’idrogeno”. “Ad oggi – si legge nel documento – il consumo di idrogeno in Italia è quasi interamente limitato agli usi industriali nella raffinazione e nella chimica ed è prevalentemente di tipo grigio”, ossia prodotto utilizzando fonti fossili. Da qui il primo suggerimento di Confindustria per una strategia che propone di partire “proprio da tali usi (industriali ndr) per sostituire l’idrogeno grigio con idrogeno sostenibile”. Ossia il cosiddetto idrogeno verde, quello generato sfruttando l’elettricità prodotta da impianti ad energia solare, eolica o altre fonti rinnovabili. Senza alcuna emissione di anidride carbonica. “Le aziende italiane – è la convinzione di Confindustria – sono già oggi altamente competitive nella produzione di tecnologie per l’idrogeno pulito e sono ben posizionate per beneficiare di uno sviluppo globale”. A dimostrarlo c’è il fatto che ai tavoli di lavoro del Ministero dello Sviluppo Economico per avviare un Piano Nazionale sull’idrogeno siano state trasmesse ben “22 proposte nell’ambito dei diversi settori industriali, di cui una buona parte ricadenti in sperimentazioni già in essere, e quindi con un orizzonte operativo di breve-medio periodo”. (D.C.)
(Il “Piano d’azione per l’idrogeno” di Confindustria sarà approfondito nella seconda puntata dell’inchiesta che verrà pubblicata su Varesefocus 2/2021)
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