Le sfide della comunicazione aziendale

Sguardo rivolto al futuro, naturalmente all’Intelligenza Artificiale, ma anche piedi ben piantati a terra, con un’attenzione crescente su quello che si comunica (e come lo si comunica) al

Sguardo rivolto al futuro, naturalmente all’Intelligenza Artificiale, ma anche piedi ben piantati a terra, con un’attenzione crescente su quello che si comunica (e come lo si comunica) al mercato, ai giornalisti e agli stakeholder, ma anche all’interno degli uffici e tra i colleghi per creare senso di appartenenza. Come affrontano la complessità i professionisti che, nelle imprese, si occupano di informazione, ufficio stampa, social network e marketing? Lo abbiamo chiesto alla Community dei Comunicatori di Confindustria Varese

Cambiamento continuo e ritmi incessanti. Sembrerebbe il mood del comunicatore del 2024, un po’ Milanese Imbruttito, un po’ novello Eraclito: tutto scorre. E molto in fretta. Quasi in modo ansiogeno. Per chi si occupa di comunicazione in azienda, la corsa è duplice: per stare al passo con l’innovazione digitale (e non solo) dell’impresa in cui si lavora e per stare al passo con una comunicazione che, anche in termini di strumenti e di canali, varia con una velocità spesso superiore alla capacità di aggiornarsi. Ma è davvero così estenuante o l’esperienza e i metodi consolidati nel tempo, competenze più giornalistiche e coerenza di visione con la strategia aziendale, restano un punto saldo nel tempo per chi comunica pur nel variare dei contesti? La risposta è probabilmente soggettiva, ma una sicurezza c’è: la solidità della comunicazione del territorio si riscontra in un continuo fermento creativo che si concretizza nelle attività più disparate e di successo. Ma come si comunica in azienda? Abbiamo chiesto ad un campione di 30 professionisti comunicatori che fanno parte della Community dei Comunicatori di Confindustria Varese di raccontarci la strategia della loro impresa. La Community è un gruppo di professionisti che lavorano all’interno delle aziende del territorio, diverse per classe dimensionale, settore produttivo e posizione geografica all’interno della provincia e che si occupano, specificatamente o in parte, di ufficio stampa, comunicazione e promozione d’immagine. Un gruppo che mette insieme professionisti che, pur in ambiti molto diversi, si trovano ad affrontare sfide simili. 

Il quadro disegnato dagli intervistati sostanzialmente racconta di una presenza di una struttura dedicata alla comunicazione per la quasi totalità delle imprese (94%), ma solo il 50% di queste ha al suo interno un team dedicato. Nel 36,6% l’azienda punta sulla figura di comunicatore unico e nel 7% sull’attività di un professionista che si occupa di altre mansioni, ma prestato alla comunicazione. Spesso la realtà dei fatti è che si tratta di funzioni prossime, ma soprattutto di persone con una spiccata sensibilità al tema. 
All’interno di questo contesto, i professionisti si dicono soddisfatti dell’efficacia della strategia comunicativa aziendale esterna (molto efficace secondo il 17% ed efficace per il 62%). Solo il 3,5% degli intervistati la ritiene inefficace, ma nessuno totalmente inefficace. La soddisfazione è meno decisa per quanto riguarda la comunicazione interna. In questo caso, accanto ad un 3% che non ha intrapreso nessun progetto specifico, un buon 30% la ritiene neutra o addirittura inefficace nel centrare gli obiettivi. Un dato interessante che si allinea con quello nazionale messo in luce dall’indagine “About Us 2024”, promossa dall’agenzia The Van Group, che indaga i trend della comunicazione interna nelle imprese italiane, concentrandosi, però, su un campione di grandi. La ricerca mette in evidenza soprattutto come “nella profonda evoluzione che la comunicazione ha visto negli ultimi 20 anni, quella interna si è ritrovata suo malgrado a essere la Cenerentola, spesso superata (in termini di rilevanza e di budget) da quella esterna e ingiustamente frenata da una serie di vincoli”. Un’attitudine che, secondo tutti i dati emersi, sta cambiando in particolare sulla spinta della diffusione di una serie di sensibilità, a cavallo tra la comunicazione e le risorse umane, che ha avuto una evidente accelerazione in post pandemia.

Per quanto riguarda, invece, le aree d’azione, nelle imprese varesine sono presenti molteplici ambiti: oltre alla classica comunicazione esterna e a quella interna, coesistono strutture dedicate più specificamente al marketing e alla grafica. Solo il 33%, tuttavia, ha anche un ufficio stampa. Dal punto di vista tattico, l’investimento in attività di social network coinvolge le imprese sulle principali piattaforme. Se il gruppo Meta, in linea con tutti i dati nazionali e quelli di riferimento di Wearesocial, la fa da padrone, sommando la presenza su Facebook e X (ex Twitter), mentre TikTok fa timido capolino in classifica, le imprese, come abbastanza prevedibile, puntano su LinkedIn con una presenza del 96,6% degli intervistati. In quanto a strategie social particolari, come il coinvolgimento di influencer testimonial, solo il 13% ha dichiarato di aver intrapreso attività di questo tipo e di avere l’intenzione di ripeterle. 

I comunicatori varesini sono soddisfatti dell’efficacia della propria strategia aziendale esterna. Margini di miglioramento, invece, per la comunicazione interna

Il punto più interessante del sondaggio (tanto più se si pensa che lo stesso è stato realizzato con l’assistenza dell’Intelligenza Artificiale come test) riguarda proprio l’AI. Il 41,3% dei professionisti intervistati ha dichiarato di aver messo in campo progetti ad hoc. Se mettiamo questo dato a confronto con i numeri dell’edizione 2024 dell’Osservatorio Artificial Intelligence, promosso dal Politecnico di Milano con partner prestigiosi, emerge che 6 grandi imprese su 10 hanno già avviato almeno un progetto di AI, mentre solo il 18% delle Pmi ha fatto altrettanto. Per citarne altri, i dati regionali presentati durante i roadshow di Piccola industria e Anitec-Assinform evidenziavano gli elevati investimenti in merito per la Lombardia. Va detto che questi numeri non sono specificamente concentrati sull’ambito creativo della comunicazione, ma quello che si evidenzia in tutti i contesti è un ampio margine, e una relativa volontà, di crescita. In soldoni, però, tanto se ne parla, ma dal punto di vista operativo molte imprese sono ancora nella fase di sperimentazione o addirittura di cauto “chi va là”. Nello specifico, i comunicatori intervistati raccontano di utilizzare la AI, in particolare Chat GPT principalmente per la generazione di testi e copy in prima bozza, per la formulazione di testi da utilizzare sui social, per presentazioni e schede di progetto, per la realizzazione di immagini, per offrire spunti interessanti e aiutare a strutturare meglio i contenuti, ma anche per traduzioni, analisi dati e report. Considerando il tema specifico, ma non solo, ai comunicatori è stato chiesto se, valutando il contesto attuale, pensassero di possedere tutte le competenze tecniche adeguate al ruolo. Il 70% ha risposto di non sentirsi del tutto preparato, ma di cercare di formarsi sempre costantemente. Probabilmente questa è la risposta solida per non soccombere al “panta rei”. Quella di continuare a formarsi non solo è la natura dei comunicatori, ma sembra l’unica via per affrontare le nuove sfide. Che, per quanto si presenteranno rapide, troveranno così professionisti pronti ad affrontarle. 

Per sapere di più sulla Community dei Comunicatori di Confindustria Varese e partecipare alle iniziative del gruppo è possibile scrivere un’email a: comunicazione@confindustriavarese.it

 

Per saperne di più

Articoli correlati