La seduzione della natura nelle opere di Wolfgang Laib
Gli spazi espositivi di Villa Panza offrono un viaggio tra misticismo e cultura orientale, Minimalismo e Land Art con l’artista tedesco che usa come materia prima delle sue opere pollini, riso
Gli spazi espositivi di Villa Panza offrono un viaggio tra misticismo e cultura orientale, Minimalismo e Land Art con l’artista tedesco che usa come materia prima delle sue opere pollini, riso e cera d’api. In mostra fino a fine febbraio
La scelta iniziale di Wolfgang Laib, nato a Metzinger il 25 marzo 1950, era stata di seguire la professione dei suoi familiari, noti medici di Diberback. L’interesse per la macchina umana era nato da quella famiglia, dedita alla cura del corpo. Per questo si era laureato a Tubinga in medicina. Poi la vita, lo studio della filosofia, e gli incontri di un cammino consapevole e ricco di curiosità, primo fra tutti quello con l’artista tedesco Jakob Bräckle, pittore di paesaggi con interessi volti alla cultura orientale, il Giappone soprattutto, hanno contribuito a condurlo (direbbe Susanna Tamaro) là dove porta il cuore. La prima mostra nel 1975, una lastra di marmo bianca cosparsa di latte, la sua prima Milkstone, prelude già a una curiosa carriera che trova un primo snodo centrale nel 1977 nella scoperta del polline attorno al prato di casa. Dall’anno successivo inaugura infatti un ciclo di mostre internazionali con i suoi noti “Quadrati di polline”, che espone in Germania, Italia, Svizzera e Stati Uniti.
Di questo viaggio e del flusso vitale di un’arte minimalista, profondamente radicata e interiorizzata, fatta di gesti rituali e ripetuti, ma anche di poetica, ci dà idea la mostra varesina “Passageway”, curata da Anna Bernardini (che ha recentemente lasciato l’incarico di Direttrice della Villa). L’esposizione sarà visitabile, per chi non l’avesse ancora potuta apprezzare, nelle Scuderie e negli spazi per le carrozze di Villa Panza fino al 25 febbraio. Costituita da quattro installazioni, di cui una allestita appositamente per la Villa di Biumo Superiore, la rassegna si inserisce nel primo ciclo del circuito espositivo quadriennale di “Natura e Forma” e segue la mostra dello scorso anno “Ex Natura-nuove opere dalla collezione Panza”, della quale vi avevamo già ampiamente raccontato. Il tutto è riconducibile alle celebrazioni quadriennali dei cento anni dalla nascita di Giuseppe Panza, il conte collezionista cui si deve la nascita dell’intera collezione di arte contemporanea della Villa, inserita nel circuito internazionale Guggenheim.
L’arte di Laib, pur non presente fino ad ora nella collezione, si sposa perfettamente alla ricerca di artisti che alla natura hanno guardato come mezzo e progetto della propria espressività. A giudicare dai suoi lavori, che possiamo ammirare ora negli spazi della Villa, ma anche da quelli, e sono davvero tanti, presentati anno dopo anno in giro per il mondo, da un continente all’altro, Wolfgang Laib ha costruito un colloquio mistico con il suo lavoro, dove il linguaggio dell’arte nasce e s’esprime nel silenzio puro e in un tempo sospeso: osiamo immaginare appena “ricamato” dal ronzio degli insetti, dai sospiri del vento, dallo zampillare discreto ma vitale di polle di acqua sorgiva. Dove i materiali più utilizzati sono quelli naturali a lui cari: come la cera d’api, i pollini, la carta e il riso. La prima installazione “Passageway Inside-Downside” (2011-2012) è rappresentata da 52 elementi, questa volta in ottone, adagiati su cumuli bianchi di riso. Nell’insieme richiama a un’onirica flotta, luccicante e abbagliante, eppure ordinata e serena, pronta a salpare in uno spazio cosmico carico di attesa e promessa, dove il tempo appare però poeticamente sospeso, rarefatto come piace a Laib. “Perché – dice a chi l’ascolta – per me è molto bella, addirittura magica, la sensazione di poter superare il tempo. E credo che l’arte davvero importante sia senza tempo”.
Wolfgang Laib ha costruito un colloquio mistico con il suo lavoro, dove il linguaggio dell’arte nasce e s’esprime nel silenzio puro e in un tempo sospeso
Importante lo è certo l’arte poetica e minimalista del nostro, come ben spiega la curatrice Anna Bernardini che ne intravede una via “capace di condurre a una dimensione più intima e meditativa”, ne sottolinea “il vocabolario formale che tende all’astrazione, basato sulla stilizzazione di figure geometriche e corpi solidi”, ne elogia quei poetici rimandi a immagini elementari di case, montagne, barche e scale. Ma avverte: la stilizzazione delle forme, dei colori e dei materiali utilizzati cela significati molto più profondi e complessi, sospinti da un forte potere evocativo. Nello spazio della scuderia piccola è accolta una seconda opera “Brahmanda” (2016-2022) realizzata in granito nero. Spicca sullo sfondo della sala una forma ovoidale ispirata a Brahma e a un mito: quello dell’uovo cosmico. Rappresentazione della creazione dell’universo nella lingua sanscrita. La cultura indiana è stata ed è ancora fondamentale nel percorso dell’artista, che trascorre parte della sua vita, oltre che in un villaggio del sud della Germania, dove ha casa, a New York e in India, perché qui ha altri due studi. E proprio in India, tra le colline granitiche del Puli Malai, sta progettando la costruzione di un enorme Brahamanda.
Ancora a proposito di India, nella prima delle due rimesse delle carrozze di Villa Panza 7 lavori di carta su legno raccontano la sua terza opera: “Crossing the River-for Bodhiharma”. Si tratta di un altro viaggio spirituale dedicato a un mistico indiano. Che, legatosi ai princìpi del Buddismo e delle arti marziali, indica la via della saggezza, dell’illuminazione interiore e della contemplazione. Per l’osservatore dell’opera è interessante notare come il disegno emerge e si fa osservare, allusivamente, solo in base al modo in cui la luce si riflette nell’opera. E torna alla mente l’opera di Hermann Hesse e del suo Siddharta, in cammino a sua volta verso l’illuminazione, protagonista di un libro amatissimo tra gli estimatori del prolifico scrittore tedesco. Nella seconda sala delle rimesse è l’opera “Site Specific Untitled 2023”, concepita e realizzata per Villa Panza utilizzando come materiali il riso e la cera d’api. È un invito al visitatore a immergersi nell’atmosfera suggestiva e nel profumo intenso della cera. E davvero l’impressione è di sentirsi avvolti dal profumo penetrante e da una sensazione di estraniazione benefica, positiva per la mente. Importanti esposizioni di Laib si sono tenute in ogni dove. All’Arc di Parigi, alla Biennale di Sidney, al Toyota Municipal Museum, al National Museum of Modern Art di Tokyo, al National Museum of Modern Art di Seul, alla Fondation Beyeler di Basilea, al Macro di Roma, al Complesso di Sant’Apollinare in Classe di Ravenna, al Kunstmuseum di Bonn, al Reina Sofia di Madrid, al Musée de Grenoble, al MoMa di New York, al Centre Pompidou di Parigi. E potremmo continuare ancora.
Nel 2015 gli è stato assegnato il Praemium Imperiale a Tokyo. Un giusto riconoscimento per la ricerca di un artista che non ha conosciuto limiti culturali, e ha assimilato e fatti suoi, seguendo un personalissimo percorso, traguardi insieme semplici ed elevati, cui oggi guardiamo tutti. Ma che in passato a pochi sono interessati. Come la cura del nostro pianeta, dei pollini e delle api operose, piccole e umili presenze, che lo tengono però vitale. Forse a soccorrere le nostre aspirazioni, a svelare le necessità di ciascuno, è mancata la capacità di ascoltare, in silenzio. E ogni tanto anche in solitudine. Quella che Laib ci indica e ci impone nelle sue opere, nei suoi originali tappeti, nelle sue scale odorose di polline che portano su. Verso il cielo che tutto accoglie e comprende.
WOLFGANG LAIB
Passageway
Fino al 24 marzo 2024
Villa Panza, Pizza Litta 1, Varese
da martedì a domenica, dalle 10 alle 18
Tel. 0332 283960