La seconda vita delle edicole
È per molti la prima persona che si incontra una volta usciti di casa, la stessa che con una sola battuta ci anticiperà ciò che è accaduto nel mondo, se ancora non abbiamo
È per molti la prima persona che si incontra una volta usciti di casa, la stessa che con una sola battuta ci anticiperà ciò che è accaduto nel mondo, se ancora non abbiamo fatto in tempo a connetterci o ad accendere la tv. Quella dell’edicolante è una professione senza eguali. Un lavoro solo all’apparenza semplice, ma che richiede in realtà sacrificio, levatacce e oggi anche innovazione, competenza e ingegno. Questo perché ci riferiamo a un mestiere in profonda trasformazione.
C’è chi, grazie al Jrc di Ispra, punta sui lettori stranieri. Chi, invece, attrae i clienti attraverso i social network. Mentre la Regione Lombardia ha stanziato 1 milione di euro per la loro innovazione. Ecco come sul territorio una delle attività commerciali tra le più tradizionali cerca di reinventarsi andando oltre la crisi del settore che ne ha sempre garantito l’esistenza: l’editoria
Le file per comprare i quotidiani, il giorno dopo eclatanti avvenimenti, restano ormai un remoto ricordo. Il motivo è facilmente intuibile: le nuove tecnologie e i cambiamenti che hanno rivoluzionato il mondo dell’informazione, della carta stampata in particolare e dell’intera filiera dell’editoria, non hanno certo risparmiato l’ultimo anello della distribuzione. Il drastico calo delle copie vendute dei giornali, il crollo della domanda dei prodotti collaterali e alcuni problemi nei meccanismi su cui si basa il sistema distributivo si sono tradotti in pesanti conseguenze per i venditori al dettaglio. Nel 2005 in Italia erano attive 43mila edicole, in meno di dieci anni sono state più di diecimila le saracinesche che si sono abbassate, una su quattro. E si stima che le imprese a rischio nell’immediato futuro possano essere molte di più.
Pier Luca Santoro nel suo libro “L’edicola del futuro, il futuro delle edicole” edito da Informant, li definisce “i peones dell’editoria contemporanea”, sono i giornalai che ancora reggono, quelli che spesso si caratterizzano per una marcia in più, per aver trovato valori di distinzione o almeno una visione per il futuro. A loro si è rivolta Regione Lombardia con l’iniziativa “Voltapagina” un bando che ha messo a disposizione un milione di euro per interventi di innovazione e valorizzazione dei punti vendita di libri, giornali, riviste e periodici. I contributi erano rivolti a micro e piccole imprese, singole o aggregate con almeno un punto vendita sul territorio lombardo. I finanziamenti hanno permesso di sostenere le spese per investimenti come opere strutturali, acquisto di software e hardware, spese per migliorare l’efficienza energetica, corsi per la formazione degli imprenditori e del personale, acquisto di attrezzature, organizzazione di eventi e progetti di attività di promozione on line e off line.
Ma in che modo si può fare innovazione se lo stesso dilemma attanaglia anche chi deve “costruire” il prodotto da vendere? Qualcuno una propria strada l’ha trovata: “Da quando abbiamo rilevato questa attività, cinque anni fa, molto è cambiato – racconta Eleonora Compagnoli dell’edicola il Globo di Cadrezzate -. Le persone interessate ai quotidiani sono molto meno ma ci sono dei periodici di nicchia che invece ancora reggono”. La posizione di questo negozio ha permesso però una specializzazione che ha portato a una strategia di differenziazione: «Essendo nelle vicinanze del Jrc, il Centro europeo di ricerca di Ispra, è venuta istintivamente l’idea di puntare su un’offerta di tipo internazionale. Qui si trovano i quotidiani e le riviste in lingua francese, inglese e tedesca e i principali titoli in spagnolo. Da maggio a settembre abbiamo anche i giornali per i cittadini olandesi che frequentano il territorio. Tra l’altro gli stranieri leggono ancora molto la carta stampata, molto di più che gli italiani. Qualcuno ci dice: ‘Vengo qui perché trovo titoli per i quali altrimenti dovrei andare in aeroporto’. Noi abbiamo cercato di diventare attrattivi in questo modo”.
Nel 2005 in Italia erano attive 43mila edicole. In meno di dieci anni sono state più di 10mila le saracinesche che si sono abbassate: una su quattro
C’è poi un altro segreto da non sottovalutare, il fattore umano, che non è cosa da poco. L’edicolante di fiducia è una persona con cui si scambia qualche parola al mattino, nei piccoli paesi rimane uno dei punti di riferimento della comunità e allo stesso tempo è quello che ha l’accesso a un vasto numero di informazioni “personali” sui propri clienti: dagli hobby alle passioni e perfino agli orientamenti politici. Conoscere i gusti e di conseguenza suggerire scelte d’acquisto è da sempre un’arte dei bravi venditori. E nell’era della condivisione on line c’è anche chi si affida ai social network per far circolare i propri consigli. È il caso di molte edicole della provincia, una fra tutte quella di Biumo che sulla pagina di Facebook oltre a tenersi in contatto con i lettori ogni tanto pubblica qualche segnalazione sulle nuove uscite, le raccolte per gli appassionati, i numeri speciali delle riviste dedicati alle star della musica o del cinema. Anche questo si può considerare un modo per innovare, sfruttando la rete come risorsa e canale di comunicazione.
“La rivoluzione che ha colpito l’editoria passa attraverso internet ma non è causata dalla Rete – osserva nel suo studio Pier Luca Santoro -. Il sistema editoriale, la sua filiera, l’organizzazione interna e dal tipo di proposta di lettura degli editori, alle rivendite, passando per i distributori nazionali e locali, richiede un profondo ripensamento. L’attuale crisi non è il frutto della tanto declamata rivoluzione digitale ma della staticità dell’offerta e del sistema nel suo complesso che allo scossone dato dalla crisi economica e dall’avanzare dei media digitali ha mostrato con chiarezza la propria inadeguatezza. Un ripensamento, un riassetto complessivo che deve essere realizzato inevitabilmente di concerto con il contributo e l’accordo di tutti gli stakeholders scevro dalle attuali contrapposizioni di parte che dilatano solamente i tempi della sua realizzazione”.