La rivoluzione si stampa in 3D

Pensate a un’impresa meccanica impegnata nella realizzazione di prototipi per i propri clienti che una volta era costretta a disegnare il pezzo, a produrlo fisicamente e a spedirlo magari negli

Pensate a un’impresa meccanica impegnata nella realizzazione di prototipi per i propri clienti che una volta era costretta a disegnare il pezzo, a produrlo fisicamente e a spedirlo magari negli Stati Uniti, o da qualsiasi altra parte nel mondo, con tempi e costi non irrilevanti. Oggi la stessa azienda può disegnare il medesimo pezzo sui propri computer, inviare il file all’azienda statunitense che lo stamperà in tempo reale, dando un feedback in giornata.
 

Dalle grandi aziende multinazionali, alla più piccola industria: è in atto un cambiamento di paradigma nella prototipazione dei prodotti. Anche in provincia di Varese gli esempi si sprecano. Come quelli di BTicino, Vibram, BTSR, Mirage, Secondo Mona

Una volta, dai primi prototipi di un prodotto alla loro messa in produzione passavano mesi e i costi da sostenere erano elevati. Oggi, grazie alle tecnologie di prototipazione e fabbricazione digitale, potrebbe essere questione di giorni, a costi ridotti. Sta cambiando il mondo.
Un nuovo paradigma industriale basato sulla stampa 3D, ma non solo. Altri elementi protagonisti di quella che The Economist ha ribattezzato la “Terza Rivoluzione Industriale” sono le schede elettroniche per la prototipazione rapida e le macchine laser da taglio.
Scenari a cui si lega ciò che molti chiamano l’Internet delle cose (“Internet of things”). Oggetti che parlano fra loro, anche grazie al web. Un mondo che divide in due la realtà delle imprese. Da una parte c’è chi queste attività le porta avanti magari da anni. Dall’altra c’è chi rimane a bocca aperta e vede in questi concetti delle novità assolute, quasi avveniristiche. Riuscire a mettere in contatto i primi (il più delle volte grandi imprese), con i secondi (spesso piccole industrie) è lo scopo con il quale è nato all’interno della LIUC – Università Cattaneo, per stessa volontà dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, SmartUp, un nuovo laboratorio di fabbricazione digitale. Luogo divenuto da pochi mesi anche sede del primo Innovation Center in Europa di MakerBot, uno dei più importanti produttori al mondo di stampanti 3D, che dopo i tre centri fatti sorgere alla State University di New York, alla Florida Polytechnic University e alla University di Cincinnati, è sbarcato nel Vecchio Continente, passando dall’Italia, dalla porta di Castellanza.
“La nostra sfida – ha spiegato più di una volta il Presidente della LIUC – Università Cattaneo, Michele Graglia – è di fare in modo che le aziende più esperte contagino con la propria esperienza quelle che ancora non hanno idea delle potenzialità che queste tecnologie possono rappresentare. Occorre creare e attivare, da qui il termine ‘creattivare’ da noi coniato, un dialogo tecnologico che parta dalla messa in comune della conoscenza. La vera domanda a cui dare risposta oggi è: quante sono le imprese che potrebbero avere sostanziali vantaggi da tali tecnologie e, invece, non hanno mai preso in considerazione la loro adozione? Magari per difficoltà di implementazione. Magari solo per mancanza di sufficienti informazioni”.
Ma qual è l’utilizzo che le imprese della provincia di Varese oggi fanno della fabbricazione digitale? Gli esempi si sprecano. Alcuni sono raccontati in un volumetto realizzato proprio da SmartUp: “Fabbricazione Digitale – Esperienze di Imprese” (disponibile on-line sul sito Internet dell’Unione Industriali: www.univa.va.it). Una raccolta di testimonianze di realtà del livello di BTicino: l’azienda di Varese del Gruppo Legrand che produce apparecchiature elettriche, interruttori, placche differenziali, quadri elettrici ed elettronici: “Per noi – racconta l’azienda nel libretto scritto dai ricercatori di SmartUp – la creazione di nuovi modelli è ormai quasi interamente realizzata attraverso la stampa 3D, sia per i prototipi funzionali, allo scopo di validarne forma e caratteristiche tecniche, sia per i prototipi estetici, utili a verificare la rispondenza di quanto si sta sviluppando con le specifiche di design”. I vantaggi: “Durante il ciclo di sviluppo di un nuovo prodotto si è ridotto il numero di modifiche da apportare, si sono ridotti i tempi d’attesa per la realizzazione di nuovi prototipi” Non solo, in BTicino grazie alla possibilità di trasferire i file dei modelli CAD 3D tra i vari centri di ricerca è possibile stampare velocemente prototipi funzionali, migliorando la qualità complessiva del processo di sviluppo.
 

In un volume curato dal laboratorio SmartUp della LIUC – Università Cattaneo, il racconto dell’utilizzo della stampa 3D nell’industria del territorio

Esempio pratico di come può cambiare un’azienda grazie alla stampa 3D lo dà il racconto della Vibram, l’azienda di Albizzate produttrice di articoli in gomma per l’industria calzaturiera che aveva “l’esigenza di realizzare prototipi in grandezza naturale del prodotto finito senza dover costruire costosi stampi campione e senza limitarsi alla produzione di disegni tecnici, che non forniscono informazione sufficiente circa l’ergonomia del prodotto: la prototipazione rapida ha risolto questo problema”. Non solo “i tempi di esecuzione dei progetti di sviluppo si sono notevolmente ridotti e i costi di prototipazione sono stati più che dimezzati ottenendo importanti benefici anche in fase contrattuale”. Infine, “si è valorizzata l’immagine dell’azienda, che si presenta puntualmente allineata all’avanguardia tecnologica; ciò ha addirittura spinto alcuni clienti a utilizzare essi stessi questo tipo di tecnologie”.
La stampa 3D è realtà dal 2004 anche alla BTSR International, impresa di Olgiate Olona del settore meccanotessile con un’ottantina di dipendenti. “Le tecnologie di stampa 3D – raccontano dall’azienda – sono considerate oggi fondamentali al nostro interno e sono pienamente integrate nel ciclo di sviluppo dei prodotti: dall’idea progettuale, che viene sviluppata utilizzando da subito sistemi avanzati di progettazione digitale (CAD 3D), si passa direttamente alla creazione di prototipi e pre-serie utilizzando per la stampa 3D diversi tipi di combinazioni materiale/colore: magnesio, titanio, alluminio, compositi vari, ceramica, zirconio, fibra di vetro”.
Fin qui il presente. Ma quali sono i futuri sviluppi in imprese come la Mirage di Venegono Inferiore che, con un’ottantina di addetti, produce occhiali da sole? “Nel settore industriale in cui opera Mirage la produzione di prodotti finiti in grande scala mediante stampa 3D non è ancora accessibile. L’azienda non ha quindi apportato modifiche alla propria catena di fornitura. Solo in un prossimo futuro, quando eventualmente tutte le condizioni di compatibilità di materiali e di costo lo permetteranno, si potrà pensare all’utilizzo della stampa 3D per produzioni in serie”.
Il punto di vista sui prossimi anni, però, cambia da un settore all’altro. Più ottimista, sull’implementazione della fabbricazione digitale nel ciclo produttivo è, infatti, un’importante realtà del Lombardia Aerospace Cluster come la Secondo Mona, che con una struttura di circa 240 dipendenti produce sistemi carburanti: “Secondo Mona sta valutando la possibilità di estendere l’utilizzo della stampa 3D anche al di fuori dell’ambito delle attività della Direzione Tecnica, in particolare in alcuni casi specifici legati alla produzione di prodotti finiti, per esempio per serie molto piccole o per prodotti obsoleti, ma ancora richiesti dagli operatori di vecchi velivoli. Perciò l’azienda ritiene che l’uso di queste tecnologie potrebbe permetterle di realizzare prossimamente, su piccole serie, prodotti che a causa della loro geometria non è possibile ottenere con le tecniche di produzione tradizionali, con prestazioni migliori, e tempi di realizzazione più brevi”. Non solo prototipi, insomma.

Leggi anche il libro “Fabbricazione Digitale – esperienze di impresa”

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