La cultura al servizio della comunità
Intervista a Bruno Belli, umanista, storico, giornalista, poeta e scrittore, ma soprattutto seguace della bellezza, autore di un libro su Palazzo Estense di Varese e i suoi giardini, noto per gli inc
Intervista a Bruno Belli, umanista, storico, giornalista, poeta e scrittore, ma soprattutto seguace della bellezza, autore di un libro su Palazzo Estense di Varese e i suoi giardini, noto per gli incontri del “Venerdì di Bruno Belli” tenuti al glorioso Caffè Zamberletti fino al 2014
“Fin dall’ingresso di casa ti accorgi che qui si respira aria d’altri tempi”, scriveva Mario Praz nell’incipit del suo capolavoro, il libro che rispecchiava il suo essere collezionista e amante di ogni forma d’arte. E “La casa della vita” è anche quella di Bruno Belli, umanista e storico, giornalista pubblicista, poeta e scrittore, ma soprattutto seguace della bellezza, circondato in ogni recesso di stanza da libri, dischi, stampe antiche, bronzetti e marmi, quadri e altri memorabilia che testimoniano anni di ricerche e studi, di “amicizie” letterarie e musicali cementate in lunghe sere di letture e ascolti.
Bruno Belli, nato il 5 agosto 1972 sotto il segno del Leone (e un bronzo presente nel suo salotto omaggia il felino) è un intellettuale multiforme, già collaboratore ed editoralista del quotidiano La Prealpina, Direttore del magazine culturale “Thea” fino al 2008, autore di due libri di poesie, notissimo in città per gli incontri del “Venerdì di Bruno Belli” tenuti al glorioso Caffè Zamberletti di corso Matteotti fino al 2014, candidato nel 2011 per la lista civica di Movimento Libero, nonché fondatore nel 2018 dell’associazione “Prospettive culturali per Varese”, poi abbandonata due anni dopo. Da quattro anni cura la pagina ufficiale “bellibruno/arte” su Facebook, dove pubblica alcune rubriche fisse sulla storia di Varese, oltre ad articoli di cultura, attualità e riflessione. Bruno non è persona che si tira indietro, difende le sue convinzioni e non esita a polemizzare, ma sempre argomentando per filo e per segno le sue scelte di campo e ciò, in una città di provincia, ha i suoi costi, in termini di emarginazione e definizioni di “scomodità”. Così si rifugia nella sua splendida casa della cultura, in mezzo ai libri e alla musica e scrive, pubblicando volumi di grande rilevanza, come le monografie su Giuseppina Grassini, varesina, cantatrice eccelsa e amante di Napoleone e sulla storia di Palazzo Estense, quest’ultimo uscito di recente, come l’altro, a stampa Pietro Macchione Editore.
En passant, Belli ha anche pubblicato un fortunato libro su Villa Toeplitz e un volumetto intitolato “L’opera nell’Ottocento: la Bibbia del popolo” per l’Associazione Mazziniana italiana. Ma partiamo dall’inizio, dall’innamoramento subitaneo per la musica, avvenuto in tenerissima età. “In casa la musica si ascoltava, ma furono le suore dell’asilo che frequentavo ad accorgersi della mia inclinazione, del buon orecchio musicale. Così, a 4 anni, misi per la prima volta le mani su un pianoforte e a 6, grazie all’acquisto da parte dei nonni materni di uno strumento tedesco degli inizi del ‘900, incominciai a studiarlo. Alle medie acquistai i primi dischi e, a 13 anni, ascoltai per la prima volta un’opera intera, ‘La scala di seta’ di Rossini, il compositore che ancora oggi amo di più, in una edizione Rca ‘Red Seal’ con Graziella Sciutti. Ricordo che in gioventù preferivo Haydn a Mozart, forse per la mia innata abitudine alla quadratura delle cose connaturata al Classicismo apollineo del compositore di Rohrau. Poi amo anche la Scapigliatura, sembra un paradosso, ma ritengo che l’arte se bella vada ammirata senza preclusioni”, spiega Bruno Belli, che organizzò al Caffè Zamberletti oltre 300 incontri pubblici in 10 anni.
“Se una persona ha una dote naturale non ha alcun merito, il merito arriva se quella dote la sa coltivare e sviluppare al meglio. Quando animavo i ‘Venerdì di Bruno Belli’, cercavo di trattare non soltanto letteratura o musica, ma anche argomenti di attualità o scienza”
“Il vero ascoltatore è colui che apprezza una buona esecuzione, serve un vero e proprio allenamento all’ascolto, che si matura con l’età e l’esperienza – continua Bruno Belli –. A 20 anni Wagner mi sembrava una montagna, adesso so apprezzarne le qualità e le sfumature. Oggi si va troppo sullo specifico, sull’iper-specializzazione, mentre la conoscenza deve essere una mescolanza di nozioni che interagiscono tra loro. Se una persona ha una dote naturale non ha alcun merito, il merito arriva se quella dote la sa coltivare e sviluppare al meglio. Quando animavo i ‘Venerdì di Bruno Belli’, cercavo di trattare non soltanto letteratura o musica, ma anche argomenti di attualità o scienza”.
Belli attende alle sue ricerche e alla scrittura nelle ultime ore del mattino, spesso da mezzogiorno alle 14.00, altrimenti il pomeriggio, “ma da giovane amavo scrivere anche la sera tardi”, precisa. Nei suoi libri ogni concetto è espresso con chiarezza, “perché il lettore deve capire ciò che racconti e potersi fidare di chi ha svolto una ricerca approfondita prima di scrivere. Oggi si danno nozioni ma non la spinta a indagare più a fondo: nessuno ha risposte definitive, ma la ricerca appassionata serve ad avvicinarsi al sapere”. Tra le incisioni che raffigurano l’amata Giuseppina Grassini, che anche Praz apprezzava, i ritratti di Giuseppe Verdi e Gioachino Rossini, il busto di Goethe e una ceramica con l’effigie di Mozart, Bruno Belli, membro della Società Storica Varesina, dice la sua sulla cultura: “A chi parla? A cosa serve? Se la si esibisce soltanto per metterla in vista, allora vale quanto un soprammobile. Invece va messa a frutto in base agli errori commessi in passato, alimentando la conoscenza dei fatti in modo che la cultura sia al servizio della comunità. Oggi dà l’impressione di essere musealizzata oppure manovrata dai politici soltanto per avere consenso”.