La Casina rosa di Guido Morselli
Esiste una foto un po’ sfumata di Guido Morselli a Santa Trinità: disteso su un fianco, la testa appoggiata al braccio sinistro, la mano destra infilata in tasca, un plaid a grandi quadri
Esiste una foto un po’ sfumata di Guido Morselli a Santa Trinità: disteso su un fianco, la testa appoggiata al braccio sinistro, la mano destra infilata in tasca, un plaid a grandi quadri ad isolarlo dal prato che, dietro di lui, si erge ancora alto. Dev’essere il pomeriggio d’una primavera inoltrata o forse già d’autunno e lo scrittore, sui trent’anni, accenna ad un sorriso. Sembra essere, se non felice, almeno un poco sereno. Una visita al Parco comunale che, adagiato nel silenzio che sovrasta la chiesetta di Santa Trinità e la strada provinciale del Sasso di Gavirate, quasi a picco sul lago, in cerca di Guido Morselli può ben partire da questo ricordo in bianco e nero.
Gavirate, un poggio al sole sopra Santa Trinità. E’ il luogo dove lo scrittore (bolognese di nascita, varesino d’adozione) trascorse gli anni più belli della sua drammatica esistenza
Qui progettò e si fece costruire nei primi anni Cinquanta la “casina rosa” che sino alla morte fu, insieme, eremo, rifugio, pensatorio. Non un luogo qualunque, di sicuro. “Quivi l’autunno principia presto: appena dopo il culminar dell’agosto; palese in una più lieve tempra dell’aria, in una chiara e trepida trasparenza delle tinte, in un lene posar delle cose”. Quasi una guida letteraria sui generis, la capacità tutta poetica di dipingere l’ambiente e di farcelo sognare. “La natura sorride con una vaghezza che diresti quasi consapevole. Le mattine sono umide di rugiada, nei tramonti vincono sulle altre luci il tenero verde e il violetto. Dalle alture al lago una brezza nuova spira, aromatica di resine, e la montagna si risveglia, mentre le cupole dei faggi già trascolorano”. Una tavolozza di colori, ma anche di profumi e sensazioni che possono farci da viatico ancor oggi, dopo più di mezzo secolo e nonostante il mutare improvvido delle stagioni e lo stravolgimento del territorio che comunque qui, superati (a piedi, bene inteso e in una decina di minuti) i tornanti della stradina tortuosa che si stacca dai tentacoli del traffico veicolare, conserva quasi intatto l’atmosfera morselliana. Vegetazione rigogliosa, silenzio crescente, panorama via via più largo: “Il succo sale più dolce entro i frutti e la vite piega sotto il peso; ma il cuculo si fa ardito, mette le sue due note anche nel pieno del meriggio, e la notte in luogo della cicala veglia l’assiolo”. Prosa (quella di “Realismo e fantasia”) o poesia fate voi.
Di certo possiamo pensare che se l’autore di “Roma senza Papa” e “Divertimento 1889” pensò alla vita più che alla morte, fu qui, su queste prime balze del Campo dei Fiori. Il 23 maggio 2010 il Comune aprì al pubblico il Museo Morselli con foto d’epoca, libri, oggetti personali, pannelli didattici. Ne furono artefici il poeta varesino Silvio Raffo, che parla di Morselli come dell’esempio “più emblematico dello scrittore italiano incompreso e rifiutato, geniale ma sfortunato” e la storica Linda Terziroli (“era un europeista convinto quando la Comunità europea era di là da venire”). Insieme hanno ideato il Premio Morselli per un romanzo inedito. Uomo sfuggente la sua parte, timido per un verso, ironico per un altro, non semplice da leggere ed interpretare ma, forse per questo, ancora più affascinante da scoprire attraverso una passeggiata che può durare un paio d’ore tra gli alberi del parco e nella “casina rosa” in cima alla collina che nel testamento vorrà lasciare ad un asilo o ad una colonia elioterapica. “Caro Calvino – scrive nel 1963 al collega di lettere – qui da me, a Santa Trinita, non ho un aspirapolvere, un frigorifero. Non ho nemmeno la tv. In cambio ho un discreto cavallo da sella, col quale esploro la montagna che incombe subito dietro la mia casetta”. Paradiso in terra che non bastò a strapparlo da morte volontaria la notte fra 31 luglio e primo agosto 1973, a sessantuno anni, quando rientrando nella villa varesina di via Limido trovò il manoscritto rifiutato da Mondadori di “Dissipatio H.G.”.