Il valore della verità
Una volta si chiamavano rumors, oggi il digitale le ha ribattezzate “fake news”. Cambiano le definizioni, ma il fenomeno è lo stesso, da sempre: influenzare i mercati sulla base di
Una volta si chiamavano rumors, oggi il digitale le ha ribattezzate “fake news”. Cambiano le definizioni, ma il fenomeno è lo stesso, da sempre: influenzare i mercati sulla base di notizie non verificate. Ma chi ci guadagna, come e perché? Intervista al giornalista Gianfranco Fabi
Qual è il valore della verità nell’informazione economica e finanziaria nell’era delle fake news? La domanda è più che lecita. Non altrettanto scontata, però, è la risposta. Anche perché i nuovi fenomeni legati al digitale, in questa specifica branca della comunicazione, si legano a vizi che si perdono nella notte dei tempi e nei corridoi, sempre affollati, di quelli che gli addetti ai lavori, ma non solo, chiamano da sempre “rumors”. Che poi, in realtà, non sono altro che notizie non confermate. “La verità nel giornalismo economico è un bene fondamentale. Ogni scambio economico e finanziario è basato sulla conoscenza, quindi sull’informazione. Tanto più l’informazione è vera, ampia e condivisa, tanto più il mercato può essere efficiente e quindi garantire ai consumatori il migliore rapporto qualità/prezzo.
“Una delle prassi degli operatori in Borsa è quella di comprare sulle voci e sulle aspettative e di vendere sulla notizia. Chi possiede l’informazione vera ha una posizione di vantaggio rispetto alla generalità del mercato”
Questo è tanto più vero nel settore finanziario dove uno dei problemi principali è costituito da quella che viene chiamata asimmetria informativa, quando un’informazione non è condivisa integralmente fra gli individui che partecipano al processo economico: una parte ha maggiori informazioni rispetto al resto dei partecipanti e può trarre un vantaggio”. Gianfranco Fabi è uno dei più importanti giornalisti economici espressione del territorio varesino. Per vent’anni vice-direttore del Sole 24 Ore ha ricoperto anche l’incarico di direttore di Radio 24.
Anche le fake news, però, rischiano di avere un valore, di essere preziose e di far guadagnare chi le diffonde sul mercato o su Internet a mercati aperti.
Certo, sono frequenti i casi in cui le voci, i rumors, le soffiate, fanno muovere le quotazioni dei titoli. Una delle prassi degli operatori in Borsa è quella di comprare sulle voci e sulle aspettative e di vendere sulla notizia. Chi possiede l’informazione vera e quindi conosce l’affidabilità di una anticipazione ha una posizione di vantaggio rispetto alla generalità del mercato. Bisogna ricordare tuttavia che utilizzare informazioni riservate o privilegiate è un reato. Un amministratore di una società può essere punito pesantemente se utilizza direttamente le informazioni di cui dispone in virtù del suo ruolo: reclusione da uno a sei anni e con la multa fino a 3 milioni di euro che il giudice può poi aumentare fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato.
Ma se c’è qualcuno che ci guadagna dalle fake news, dall’altra parte c’è un danno generale per l’economia e la società. Quali possono essere le conseguenze e i costi?
Le fake news sono una distorsione del mercato e quindi comportano costi aggiuntivi o perdite finanziarie. Il compito del giornalista economico è particolarmente delicato: da una parte c’è l’obbligo morale e deontologico di verificare le notizie, ma questo non è sempre possibile, dall’altra tuttavia non si possono nascondere gli effetti che le indiscrezioni provocano in Borsa. Se un titolo sale del 10% sull’attesa di un evento particolare (una fusione, una cessione, risultati inattesi…) non si può certo non darne notizia. Nella mia esperienza ricordo soprattutto la difficoltà di interpretare i “no comment” che spesso erano la risposta a richieste di conferma o smentita. Salvo poi il giorno dopo dover affrontare le ire del presidente della società dopo aver considerato il “no comment” una sostanziale conferma.
“Non dimentichiamo che diffondere informazioni false può diventare turbativa di mercato e quindi quel reato penalmente perseguibile che viene denominato aggiotaggio”
Le fake news nell’informazione economico-finanziaria sono veramente un fenomeno nuovo, figlio dei social?
Le fake news sono vecchie quanto il mondo. In fondo la prima fake news è quella di Caino che a Dio che gli chiede conto di Abele risponde: “Non lo so, sono forse io il custode di mio fratello?” I rumors sono poi quasi una componente naturale dei mercati finanziari. In fondo se tutti fossero in possesso delle stesse informazioni non ci sarebbe l’incontro tra domanda e offerta. I social tuttavia rischiano di amplificare le informazioni distorte, diventa vero quello che è verosimile, quello che è ripetuto, quello che è condiviso. Non dimentichiamo che il diffondere informazioni false può diventare turbativa di mercato e quindi quel reato penalmente perseguibile che viene denominato aggiotaggio.
Lei ha appena terminato un corso alla LIUC – Università Cattaneo sulle tecniche e i nuovi scenari della comunicazione economica. Qual è l’aspetto che più l’ha colpita negli interventi dei vari relatori e nella risposta degli studenti?
C’è stato un grande interesse da parte dei ragazzi, sia nel corso delle lezioni, sia nelle testimonianze che sono state di volta in volta portate dagli esperti. Grande attenzione ha avuto l’intervento finale di Ferruccio De Bortoli che si è soffermato sul rischio che i moderni strumenti di comunicazione tolgano spessore agli approfondimenti della realtà. Così l’intervento di Luca De Biase che ha invitato a dominare gli strumenti prima di essere dominati.
Comunicazione di impresa, brand journalism, storytelling… Gli stessi uffici stampa sono ormai organizzati come delle redazioni che fanno informazione. Come questo sta cambiando il rapporto tra imprese e giornalisti?
L’informazione si sta modificando perché ha perso la tradizionale verticalità in cui il giornalista era il mediatore professionale tra i fatti e la loro comunicazione. Ora l’informazione è largamente diffusa, ognuno può diventare testimone e interprete. Questo richiede una nuova grande attenzione, ma offre anche interessanti opportunità. Si parla di multimedialità e soprattutto di crossmedialità con il rischio della dispersione, di perdersi nel mare sempre più vasto dei social. Ma anche con la possibilità di raggiungere un pubblico prima inavvicinabile.
Un consiglio a un ragazzo che volesse oggi intraprendere la carriera di giornalista economico?
Coraggio. Il giornalismo è una professione con un grande passato e un incerto futuro. Bisogna conoscere i nuovi strumenti e le vecchie regole che impongono chiarezza, semplicità e curiosità. Bisogna avere ben presente che la specializzazione è un requisito fondamentale, ma senza perdere di vista gli importanti cambiamenti di scenario. Bisogna guardare ai nuovi aspetti della professione. Primo fra tutti il fatto che ogni impresa, ogni associazione, deve essere una “web company”.
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