Il nuovo umanesimo passa dall’AI
C’è qualcosa in cui le persone non sono sostituibili da entità artificiali? Questa la domanda a cui cerca di dare una risposta il professore dell’Università Liuc
C’è qualcosa in cui le persone non sono sostituibili da entità artificiali? Questa la domanda a cui cerca di dare una risposta il professore dell’Università Liuc di Castellanza, Luca Mari per riflettere sugli impatti che l’AI ha nella vita di tutti i giorni; sulle conseguenze che può portare con sé sul capitale umano e in particolare sui giovani; sui risvolti a livello lavorativo per gli Hr delle aziende e per i docenti. Anche a livello di orientamento degli studenti
“Il termine ‘intelligenza artificiale’ sembra essere nato apposta per creare problemi. Non a caso è polisemico, cioè, ha significati diversi. Stiamo vivendo un cambiamento rapido e radicale per cui non ci sono soluzioni. Ma il grande rischio odierno non è l’AI, bensì l’ottusità umana”. Così Luca Mari, professore dell’Università Liuc di Castellanza, parlando dei rischi e dei benefici dell’intelligenza artificiale.
“Un’idea diffusa è che non sarà un’IA a togliere il posto di lavoro alle persone, ma delle persone che sanno usare l’IA meglio di altri – continua Mari –. Dunque, se non saremo creativi anche nell’utilizzo dei programmi di intelligenza artificiale, se non sceglieremo di essere originali e diversi rispetto a ciò che può elaborare un’IA, l’IA stessa sarà un amplificatore di differenze, nel lavoro e nell’intelligenza. Di certo è che non possiamo tornare indietro, le cose inventate non si dis-inventano. Ma non dobbiamo avere paura perché, se da un lato, sarà sempre meno importante chi o cosa svolge una mansione o un lavoro, dall’altro, sarà sempre più importante chi se ne assume la responsabilità”.
Un po’ come a dire che “l’intelligenza artificiale ci può aiutare nel risolvere i problemi, ma non siamo sostituibili in intelligenza, creatività e intuizione”. Tema, questo, che Mari ha affrontato recentemente anche nella cornice della Elmec Informatica, l’azienda di Brunello attiva nel settore ICT, durante l’evento dal titolo “Intelligenza artificiale e nuovo umanesimo: ripensare le competenze delle persone e i percorsi di formazione?”. Un appuntamento organizzato da Confindustria Varese nell’ambito del progetto Generazione d’industria (volto ad avvicinare i giovani al mondo dell’impresa), e dedicato a Hr manager, imprenditori, docenti di aziende e scuole partner del progetto.
D’accordo con Luca Mari, Marco Maroni, responsabile Hr di Elmec Informatica: “Sull’intelligenza artificiale stiamo investendo molto per sviluppare la nostra offerta e la nostra attività, ma la riteniamo sempre più uno strumento al servizio di altre funzioni”.
Quello su cui riflette Luca Mari sono gli impatti che l’AI ha nella vita di tutti i giorni; le conseguenze che può portare con sé sul capitale umano e in particolare sui giovani; i risvolti a livello lavorativo per gli Hr delle aziende e i docenti. Anche a livello di orientamento degli studenti.
E a proposito del rapporto dei ragazzi e delle ragazze con gli strumenti di AI, “quando l’obiettivo è di risolvere un problema, se un’entità artificiale è più efficiente o efficace di noi, è razionale farsi affiancare o anche sostituire – tiene a precisare Mari –. Non deve essere considerato sbagliato. Lo è, invece, quando l’obiettivo per cui usiamo uno strumento di AI non è risolvere un problema, ma diventare persone migliori. Ovvero, ciò che dobbiamo far capire sempre di più agli studenti è che i compiti non servono solo per valutarli, e tanto meno per vessarli, ma per farli diventare persone migliori. E se, nel fare i compiti, si fanno sostituire da tutti quei ‘cosi’ di intelligenza artificiale, contribuiscono a far diventare migliori solo quei ‘cosi’”. È proprio così che li chiama Luca Mari: “cosi”.
Strumenti che nascono e si sviluppano così rapidamente da essere ormai di fronte a uno “scenario in forte mutazione di settimana in settimana”. ChatGPT, ChatBot, Copy.ai, sono solo alcuni esempi. “C’è chi sostiene che siano solo un trend, una moda, ma qualcosa mi dice che l’intelligenza artificiale sia qualcosa di più – sottolinea Mari –. Basti pensare che è la prima volta nella storia che possiamo dialogare con un’entità che non sia un individuo della specie homo sapiens, con uno scambio verbale vero e proprio, ricco di significato e semantica. Ecco perché non si tratta di intelligenza solo artificiale, ma anche aliena. Non in senso che arriva da un altro sistema solare, ma che letteralmente, come vuole il latino (da alienus), ‘dipende da altri’. Esplorando l’intelligenza artificiale capiremo meglio anche quella naturale. Abbiamo i superpoteri cognitivi in tasca, ma dobbiamo trovare le strategie culturali, psicologiche e pedagogiche per aiutare i ragazzi e le ragazze a capire che se usano questi strumenti per staccarsi la spina delle capacità cognitive, per non fare sforzi come il ragionare e lo scrivere, stanno spegnendo il cervello. Se smettiamo di alzarci dal letto per mesi, fare una corsa diventa difficile, allo stesso modo se smettiamo di scrivere, ad esempio, perdiamo una di quelle competenze che ci rendono persone migliori”.