Il mestiere del Diversity & Inclusion Manager
Le politiche aziendali di inclusione partono ancora prima dell’inserimento lavorativo. Intervista a Daniele Regolo, D&I Ambassador del Gruppo Openjobmetis. Una chiacchierata aperta su parit
Le politiche aziendali di inclusione partono ancora prima dell’inserimento lavorativo. Intervista a Daniele Regolo, D&I Ambassador del Gruppo Openjobmetis. Una chiacchierata aperta su parità di genere, accoglimento della disabilità, progetti d’integrazione dei rifugiati nelle imprese. Tra criticità, passi avanti e iniziative innovative. Tra vecchi e nuovi tabù. E muri ancora da abbattere sui fronti della genitorialità e dell’ageismo
‘‘Che lavoro fai?” dovrebbe essere la domanda più semplice da porre ad un professionista. Eppure, per una figura come quella di Daniele Regolo, Diversity & Inclusion Ambassador del Gruppo Openjobmetis, la risposta non solo è ricca di sfumature ma è in continua evoluzione. Oggi responsabile delle tematiche di inclusione per l’agenzia per il lavoro con headquarter a Gallarate, classe ‘72, marchigiano, disabile uditivo dalla prima infanzia, Regolo fonda già nel 2013 Jobmetoo, la prima piattaforma online dedicata esclusivamente alla ricerca e selezione di lavoro per persone con disabilità e, nel 2020, la società Jobdisabili Srl detentrice del marchio acquisita da Openjobmetis. Un percorso che, evidentemente, parte da una esperienza personale, ma che lì non si ferma grazie alla capacità innata di guardare oltre il contingente, ad una personalità poliedrica che lo vede sperimentare diversi talenti (oltre che scrittore, è sceneggiatore di fumetti) e al desiderio continuo di formarsi e studiare che lo porta ad osservare con lucidità le evoluzioni della gestione delle risorse umane nel mondo del lavoro. L’incontro con il Gruppo varesino, specializzato nella somministrazione, ricerca, ricollocazione e formazione del personale, unica realtà del suo genere quotata in Borsa Italiana, è perfetto: Regolo ha la professionalità, l’azienda ha già un humus fertile per far nascere un percorso che dalla valorizzazione delle diversità tragga un nuovo punto di forza. In pratica si tratta di mettere a sistema le precedenti esperienze e partire.
E, quindi, oggi che lavoro fa?
Per sintetizzare, la mia professionalità da una parte si rivolge all’esterno, come consulenza ai clienti che sono alla ricerca di figure da inserire in azienda, con una focalizzazione sul tema del collocamento mirato delle persone disabili: in questo senso portiamo avanti, forti dell’appartenenza al Gruppo Openjobmetis, la mission di Jobmetoo. E sempre nel segno di una continua evoluzione, come Seltis Hub (controllata del Gruppo in cui il brand di Jobmetoo è collocato), abbiamo iniziato a fornire consulenza, soprattutto formativa, per tutti i temi della D&I, e non solo della disabilità. Dall’altro, il mio ruolo si rivolge internamente nei confronti dei nostri dipendenti, che sono oltre 800 affinché i temi di diversità e inclusione siano quanto più possibile interiorizzati e partecipati.
Partiamo dalla ricerca di figure. I vostri clienti cercano anche professionisti come lei, specializzati nella gestione di politiche di Diversity & Inclusion?
Non esiste ancora una domanda specifica importante. Per quanto questi temi siano sempre più sentiti in azienda, il ruolo specifico viene affidato a chi ne ha già un altro: un responsabile delle risorse umane o spesso un responsabile della comunicazione. Ma in futuro non potrà più essere così: questa funzione dovrà “stare in piedi da sola”, non solo per focalizzare al meglio le strategie, ma anche per evitare conflitti di interesse. Dovrà esserci una figura libera e capace di tenere rapporti con tutte le altre funzioni aziendali.
A proposito di libertà, alcune ricerche (ad esempio l’Indagine sulle discriminazioni nei confronti delle persone LGBT del 2020-21) sottolineano come spesso i candidati abbiano paura di affrontare l’iter di inserimento per il proprio orientamento. Lei lo riscontra?
Innanzitutto, va sottolineato che non serve conoscere nei dettagli le inclinazioni di una persona per l’inserimento nel lavoro. Ma il candidato può facilmente sapere in anticipo com’è il clima aziendale. Le imprese inclusive non sono poche, lo comunicano molto bene perché tengono a farlo sapere: in questi ambienti gli inserimenti avvengono in modo sicuramente più agevolato. Il nostro lavoro si concentra sugli ambiti con rischio di emarginazione, che sono innumerevoli e delicati. Pensiamo, ad esempio, al tema dell’ageismo, sempre più attuale vista la composizione della nostra società. Noi lavoriamo sugli strumenti di inclusione, che contribuiscono anche alla attrattività di un’azienda.
Delicati è la parola giusta. Pensiamo al tema della parità di genere: emergono chiare molte complessità.
Muovendosi in questi ambiti, bisogna stare attenti a non cadere in tranelli e fraintendimenti. Ci sono alcune domande contraddittorie nella questione femminile, ad esempio legata al numero delle persone in azienda. In realtà, però, dobbiamo cercare sempre di vivere serenamente queste domande per arrivare a standard che ci indichino come muoverci in futuro. La parità di genere, ad esempio, non è una questione meramente quantitativa ma di parità di trattamento. Se partiamo da questo punto molto semplice, ci sono buoni presupposti per costruire il futuro.
La questione femminile è sempre più al centro della riflessione purtroppo anche per il tema della violenza di genere. Lavorate anche su questo?
È una questione di cui bisogna continuare a parlare. Openjobmetis ha avviato un progetto ad hoc con l’Associazione 6Libera, che parte da un sondaggio per valutare l’indice di attenzione delle imprese nella prevenzione delle molestie sul luogo di lavoro. Il risultato evidenzia ancora troppe criticità. Il punto oggi non è lavorare sulla parte femminile ma su quella maschile che deve essere aiutata ad aiutare. Siamo, inoltre, orgogliosi di aver ottenuto la Certificazione della parità di genere con l’obiettivo di garantire pari opportunità di carriera, pari trattamento economico, condizioni di work-life balance adeguate alle diverse fasi di vita e proattive nel riequilibrio dei carichi familiari tra uomini e donne, nonché un ambiente di lavoro che rifiuti stereotipi, discriminazioni, ogni forma di abuso fisico, verbale, digitale e proponga invece una cultura della diversità e dell’inclusione.
I temi sono tanti. L’accoglimento della disabilità sembra, se si può dire, quasi meno problematico.
È sicuramente vero che negli anni le condizioni delle persone con disabilità nei contesti lavorativi siano migliorate e che le persone con una buona preparazione occupino posti medio alti. Ma è pur vero che c’è una legge che favorisce l’inserimento. Bisogna continuare su questa strada. Ci sono però altri ambiti su cui invece occorre lavorare di più.
Ad esempio?
Quello dell’inserimento degli stranieri. Come Openjobmetis abbiamo realizzato diversi progetti e attività legate ai rifugiati (in un anno sono state assunte ben 1.870 persone) tanto da aver ricevuto da UNHCR Italia Agenzia ONU per i Rifugiati il premio “Welcome. Working for refugee integration” per l’impegno in interventi specifici nell’inserimento lavorativo dei rifugiati, richiedenti asilo e beneficiari di protezione. Vogliamo contribuire allo sviluppo di un mercato del lavoro più inclusivo, restituendo dignità a chi ha dovuto abbandonare il proprio Paese per guerre, persecuzioni e violazioni dei diritti umani. Un tema delicato anche per la complessità legata allo status di rifugiato.
E l’ambito con maggiori criticità?
Non si può fare una classifica, bisogna semplicemente aprirsi alla diversità. Curiosamente, però, un argomento intorno al quale ruotano tanti tabù è ancora quello della genitorialità. Il nostro Gruppo ha realizzato un set di misure di welfare chiamato “WoW-Parental edition” (acronimo di Welfare Openjobmetis wellbeing), una serie di servizi, strumenti e opportunità dedicati alle mamme e ai papà. Un tema sul quale le imprese devono ancora lavorare molto. Come devono lavorare sulla comunicazione interna ed esterna e su un allineamento tra le due: le persone spesso vengono a sapere da terzi cosa succede in azienda e questo va risolto. Del resto, i primi clienti di un’impresa sono i suoi dipendenti.
Tanti i suoi campi d’azione. E per chi sentisse di voler diventare un professionista D&I qual è il consiglio?
Bisogna essere molto preparati. Non basta, ad esempio, avere una disabilità per essere esperti in un campo che è vastissimo, ma occorre una solida base di studio. Non c’è un percorso formativo più indicato: avendo a che fare con le persone, serve una preparazione trasversale e, soprattutto, la consapevolezza che non bisogna mai smettere di approfondire, studiare, formarsi. Serve coltivare l’empatia e la capacità di ascolto e costruire un rapporto di fiducia con le persone. Costruire è la parola chiave: non si tratta, o non si tratta solo, di avere delle predisposizioni personali ma di lavorarci. E poi di vivere serenamente i propri limiti: non possiamo sapere tutto, ma dobbiamo avere gli strumenti per imparare con la massima serenità.
Per saperne di più
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- L’alleanza tra imprese e cooperative sociali
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