I tre scenari da tenere sotto controllo

L’andamento del Pil, le dinamiche demografiche, la rete degli scambi globali. Il quadro internazionale ha un forte impatto su sistemi produttivi locali come quello varesino, più di altri

L’andamento del Pil, le dinamiche demografiche, la rete degli scambi globali. Il quadro internazionale ha un forte impatto su sistemi produttivi locali come quello varesino, più di altri aperto al mondo. Le geografie economiche sono in profonda trasformazione con inevitabili conseguenze sulle imprese. Non solo per via dei conflitti, del post-pandemia e dei blocchi logistici. È anche una questione di saper pesare, con i giusti metri di misura, i blocchi continentali in competizione tra di loro. Una partita il cui risultato finale molto dipenderà dal ruolo che vorrà e potrà giocare l’Europa, alle cui sorti è legata l’industria di Varese

Il nuovo anno si apre all’insegna della variabilità delle prospettive su base intercontinentale. Negli ultimi anni si sono manifestati numerosi eventi (pandemia, blocchi logistici, rialzo delle materie prime energetiche, apertura di fronti di guerra, diversificazione delle alleanze geopolitiche) che hanno agito da “trigger” (fattori scatenanti) di nuovi equilibri geoeconomici a livello mondiale, cambiando schemi di alleanze e conseguentemente flussi commerciali e produttivi.
Diventa quindi sempre più complesso disegnare un unico scenario economico globale senza tener conto delle tensioni e della perenne ricerca di nuovi equilibri che caratterizzano i tempi. La globalizzazione, in queste condizioni, appare sempre più frammentata nella sua dimensione estesa (mondiale) e viene invece praticata all’interno di ciascun blocco geoeconomico di appartenenza (“globalizzazione intra-area o parziale”). I flussi economici tengono sempre più conto non solo dell’ottimizzazione dei costi, ma anche dei parametri di affinità culturale. E qui si ridisegnano le geografie economiche.
In queste condizioni è utile ragionare non su uno, ma su una molteplicità di scenari cercando di interpretare correttamente i dati che si differenziano molto tra le varie aree geografiche. Mettere a confronto i tassi di crescita del Nord America con quelli dell’Europa e del Sud-Est asiatico non basta per orientarsi in uno scenario di prospettiva. Stabilire che l’economia Usa nel 2024 terrà, anche sulla scorta del ciclo economico che sempre accompagna quello elettorale; capire quanto la Cina abbia rallentato nell’ultimo periodo e perché; tracciare il disegno strategico con cui le produzioni manifatturiere si stanno trasferendo nelle economie asiatiche vicine a quella di Pechino; saper prevedere quale sarà l’Europa dei prossimi anni e se uscirà rafforzata o frammentata dal rinnovo elettorale del Parlamento di Strasburgo ormai alle porte: questi sono tutti elementi importanti per le imprese, quanto saper indovinare l’andamento del tasso di cambio o del prezzo del petrolio.  
Lo scenario in cui si affacciano le aziende varesine va interpretato alla luce di tutte le varie dinamiche in atto, ma anche alla luce degli spostamenti di equilibrio internazionali. Proprio perché quella varesina è una delle economie manifatturiere italiane tra le più aperte internazionalmente, essa non può fare a meno di confrontarsi anche con questi temi alti. Solo apparentemente lontani, ma dal forte e immediato impatto locale. 
Quindi, prima ancora di considerare i dati di congiuntura è opportuno “guardare” le mappe del peso assoluto tra blocchi mondiali. Da lì si intuiscono tante cose. Capire ciò aiuta ad avere una visione lunga ed un orientamento per interpretare ciò che viene nel breve periodo. 
Sono tre le mappe che ci aiutano a cogliere, anzi ad intuire visivamente, cosa potrà accadere ad un territorio come quello varesino: altamente manifatturiero, molto aperto agli scambi commerciali, con catene di componentisti ad elevata specializzazione che, però, spesso non hanno uno sbocco diretto sul mercato. Un territorio con aziende portatrici sane di innovazione di processo, ma meno portate a brevettazione di prodotto. Imprese che hanno nelle loro caratteristiche distintive la capacità di fare lavorazioni tailor made e molto personalizzate, che soffrono davanti all’affermarsi delle piattaforme, che hanno difficoltà a valorizzare la differente qualità delle produzioni e che comparano asetticamente i prezzi. Un profilo di alta qualità e specializzazione che deve trovare la sua collocazione competitiva in un mondo a blocchi in cui la produzione e la generazione di ricchezza avviene in maniera molto differenziata.

La mappa del Pil

La prima mappa da osservare è quella del Pil, in cui emergono i pesi economici del mondo (vedi mappa n. 1). Che la Cina sia cresciuta enormemente dal 2004 quando è entrata ufficialmente nel Wto (World Trade Organization) è una percezione condivisa. L’abbiamo vista salire rapidamente nel ranking dei Paesi sviluppati arrivando ad essere nella parte più alta della classifica mondiale se considerata singolarmente; diverso è invece esaminare la sua posizione non solo come singola, ma come elemento trainante di un blocco asiatico che nel complesso genera la parte più consistente del Pil mondiale (32,4%), pari a 33,4 trilioni di dollari.
Il blocco del Nord e Centro America è poco al di sotto, con il 30,4% di peso relativo nella generazione del Pil mondiale e 31,5 trilioni di dollari. L’Europa pesa complessivamente circa un quarto del Pil mondiale (24,6%), generando 25,6 trilioni di dollari.
Prima considerazione: i due blocchi asiatico e americano sono caratterizzati dalla presenza di “Paesi faro” molto forti singolarmente (Cina ed Usa) che fungono da traino. L’Europa si presenta invece molto frammentata, anche visivamente, al proprio interno, sia nella produzione del Pil, sia nelle regole di funzionamento. Nell’Europa continentale, geograficamente intesa, si deve considerare anche la Russia e quindi alla divisione dimensionale, tipica dell’Unione Europea, si aggiunge anche la profonda cesura geopolitica apertasi con il conflitto ucraino. Ci sono importanti linee di faglia interne e dimensionamenti di impresa differenti e specializzazioni molto differenziate (dai settori del made in Italy alle alte tecnologie della chimica tedesca) che richiedono politiche industriali e tutele differenziate che vanno negoziate in sede europea. 
Facendo poi un calcolo approssimativo sulla capacità di generare valore, la Cina da sola riesce a produrre un Pil come quello dell’intera Unione Europea. Se poi al Pil cinese si applicassero le previsioni di crescita del World Economic Outlook dell’Ocse, che per il 2024 ammontano al 4,6%, vedremmo che si aggiungerebbe una quota di 0,8 trilioni di dollari (a prezzi costanti) contro un aumento in Ue di 0,2 trilioni di dollari a fronte di una crescita media prevista di appena l’1,2% e di 0,6 trilioni di dollari degli Stati Uniti con un aumento previsto del 2,1%. 

La mappa della popolazione

La mappa del Pil si accompagna poi a quella della popolazione che aiuta a relativizzare alcune dinamiche e molto ci dice sugli equilibri non solo economici, ma anche umani (vedi mappa n. 2). Rimane ed anzi si ingrandisce la preponderanza del continente asiatico dove accanto alla Cina questa volta spicca l’India, perdono di peso Europa e Nord – Centro America a vantaggio dell’Africa che da sola vale come tutte le Americhe e più dell’Europa continentale e del Medio Oriente.

La mappa degli scambi

La terza ed ultima mappa che è interessante esaminare è quella degli scambi internazionali, in cui ancora una volta la frammentazione europea emerge in maniera evidente, così come spicca il ruolo di forza della Germania nei flussi di esportazione internazionale (vedi mappa n. 3). Principalmente da lì parte il flusso di esportazioni extra-Ue. È quella la piattaforma che dobbiamo tracciare ed è per questo motivo che il rallentamento degli scorsi mesi ed il suo indebolimento nel posizionamento di alcuni mercati del futuro (ad esempio quello dell’auto elettrica) getta un’ombra anche sullo scenario di Paesi che strutturalmente ospitano le catene di fornitura. 
Come uscirne? Molto dipenderà dalla capacità dell’Europa che andremo a disegnare di cogliere gli stimoli di cambiamento e di saper ritagliarsi un ruolo nella mappa competitiva mondiale. Certo è che sia l’Europa delle istituzioni, sia l’Europa delle imprese avranno davanti a loro la sfida di saper raggiungere una “taglia competitiva” adeguata a competere in un’economia a blocchi. Allora guardiamo con attenzione ed interesse a quanto emerge dalla congiuntura economica, ma anche all’analisi degli investimenti in capacità produttiva, in digitalizzazione ed Intelligenza Artificiale ed in tecnologie compatibili con i parametri Esg (vedi articoli che seguono nel focus). Da lì si inizia a misurare la capacità di cambiare che ancora una volta detterà il ritmo del nostro futuro.  

 

 

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