I numeri dell’innovazione a Varese
Da una parte i primati in termini di addetti nei settori high tech, i podi nazionali per numero di lavoratori in diverse nicchie manifatturiere, la presenza di due Università. Dall’altra
Da una parte i primati in termini di addetti nei settori high tech, i podi nazionali per numero di lavoratori in diverse nicchie manifatturiere, la presenza di due Università. Dall’altra i pochi brevetti, gli scarsi spazi per la condivisione e l’incubazione di idee imprenditoriali. In mezzo, la realtà delle startup innovative ben presenti sul territorio, ma non sufficienti alle sue ambizioni. Luci e ombre dei campi su cui si gioca la partita del futuro dell’industria locale. Tra questi, l’open innovation, i passaggi generazionali e la capacità di sviluppare nuove competenze
Varese è la quinta provincia in Italia per numero di addetti impiegati nei settori ad elevato contenuto tecnologico. L’11,3% della forza lavoro della manifattura del territorio, infatti, opera proprio nei comparti che rientrano nella definizione “high tech”. Una percentuale particolarmente elevata se si pensa che la media nazionale si attesta sul 5,3%. In questo primato gioca sicuramente un ruolo fondamentale l’essere terra di industria aerospaziale. Ma non è solo questo. Nella fascia definita medium high tech, infatti, lavora il 31,3% degli addetti manifatturieri del Varesotto. E anche in questo caso il dato è abbondantemente superiore rispetto al 26,5% del resto dell’industria italiana. Sono numeri che rispondono, almeno in parte, alla domanda di quanto sia innovativo il sistema economico e produttivo all’ombra delle Prealpi. C’è, però, un altro fattore che la dice lunga rispetto alle potenzialità del sistema economico varesino: la presenza in una provincia di 1.220 chilometri quadrati e quasi 881mila abitanti di ben due Università, l’Insubria e la LIUC. Un patrimonio di conoscenza non banale che non tutte le aree del Paese possono vantare, soprattutto se si esce da quelle metropolitane e che “ha facilitato nel tempo un rinnovo delle competenze e un’apertura al futuro”, sottolinea il Centro studi di Confindustria Varese nel documento, disponibile al pubblico, “La provincia di Varese in breve – Sintesi dei principali indicatori sociali ed economici”. Un rapporto che mette in evidenza l’elevata propensione all’innovazione del sistema produttivo locale, testimoniata anche dalle 101 startup innovative presenti sul territorio e registrate come tali alla Camera di Commercio. Il dato pone la provincia di Varese al 33esimo posto nella classifica nazionale e al quinto in quella regionale.
Ogni statistica, però, ha diversi punti da cui può essere vista e interpretata. Se, infatti, in termini assoluti sul numero di startup innovative Varese si piazza nella prima metà della graduatoria italiana, lo stesso dato rapportato al totale delle imprese presenti sul territorio cambia non poco lo scenario. Osservato con queste lenti, infatti, il Varesotto scende in 86esima posizione, secondo l’Indice del Fermento Imprenditoriale redatto dall’Institute for Entrepreneurship and Competitiveness (IEC) dell’Università LIUC per conto di Confindustria Varese. Secondo questa analisi, in termini di innovazione, la provincia varesina si piazza in 76esima posizione, 4 in più rispetto a due anni fa, ma non certo ad un livello che ci si aspetterebbe da uno dei territori più industrializzati d’Italia. Per i ricercatori di IEC, a trainare al ribasso le performance innovative delle imprese varesine è la scarsa “propensione alla protezione dell’innovazione e quindi della tutela della conoscenza attraverso la registrazione di marchi, brevetti e disegni industriali” dove Varese è 79esima, con 3 posizioni guadagnate rispetto alla rilevazione precedente, ma con un trend che non fa certo stappare bottiglie di bollicine per festeggiare.
C’è un fattore che la dice lunga rispetto alle potenzialità del sistema economico varesino: la presenza in una provincia di 1.220 chilometri quadrati e quasi 881mila abitanti di ben due Università, l’Insubria e la LIUC
C’è da dire, però, che alle statistiche sfugge un carattere distintivo di un’economia locale manifatturiera, come quella di Varese, fatta per il 90% da piccola industria: ossia quella della silenziosa e diffusa innovazione incrementale che fa parte del lavoro quotidiano dentro i capannoni produttivi proprio delle Pmi. Non ci sono numeri a conferma e in grado di tracciare queste attività. Ma se così non fosse non si spiegherebbero i primati che, tra punti di forza e punti deboli, comunque contraddistinguono l’industria di questa provincia. Quarta in Italia per numero di addetti nei settori della gomma e delle materie plastiche; ottava nel chimico-farmaceutico (e quarta nel solo chimico); decima nel tessile-abbigliamento (e quinta nel solo tessile); decima nel metalmeccanico (e terza nel solo comparto degli aeromobili). Tanto per citare i principali.
Fin qui il presente. Ma l’innovazione guarda al futuro e quello dell’industria della provincia di Varese sta anche in alcuni numeri emersi nell’ultima Assemblea del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Varese, dedicata proprio ai temi dell’open innovation, del dialogo tra imprese e startup e di quello tra diverse generazioni all’interno delle stesse aziende. Dati che tracciano le sfide dietro l’angolo. Anche qui bastano solo pochi esempi: a Varese la percentuale di imprese guidate da over 70 è pari al 28,1%, un dato in pratica in linea con il 27% della media nazionale, ma più alto del 22,3% di Milano o del 24,5% della vicina Novara. Le imprese a conduzione familiare sono in provincia di Varese l’83,6%, contro una media nazionale dell’80,9%. Il 12,7% delle aziende varesine, secondo le previsioni, è stata o sarà coinvolta in un passaggio generazionale nel periodo tra il 2023 e il 2025. È qui che si gioca una delle partite più importanti per il futuro dell’imprenditoria varesina: nell’innovazione della governance. Un match, come sottolineato dallo stesso Presidente dei Giovani Industriali varesini, Pietro Conti, che coinvolge “le sfere affettive e le relazioni personali (familiari e non solo); gli ambiti tecnologici; la gestione stessa dei processi di innovazione; la necessità di una maggiore apertura delle nostre imprese al mercato dei capitali; la predisposizione ad attrarre startupper; la costruzione di nuove competenze manageriali sempre più trasversali”.
Varese è la quinta provincia in Italia per numero di addetti impiegati nei settori ad elevato contenuto tecnologico
Su questo, sulla capacità di sviluppare nuove competenze, Varese deve fare di più e meglio, sempre secondo gli esperti dello IEC dell’Università LIUC. Mancano alcuni strumenti. In primis, i parchi scientifici e tecnologici, a parte la felice eccezione dell’Insubrias BioPark di Gerenzano, tra le principali realtà in Italia dedicata al mondo biotech (di cui parliamo nelle pagine di “Economia” di questo numero di Varesefocus). Pochi gli spazi per la collaborazione: a livello di co-working e fab-lab, Varese è 74esima. Povera l’offerta di programmi di incubazione, accelerazione ed educazione all’imprenditorialità (51esima). Bassi i numeri di community di innovatori (66esima). Luci e ombre su cui costruire strategie in termini di open innovation, attrazione di startup, brevettazione, passaggi generazionali, nuovi prodotti e processi, valorizzazione delle risorse umane. In una parola: innovazione. Non solo tecnologica, ma anche (e forse soprattutto) legata alla creazione di una nuova cultura imprenditoriale.
Per saperne di più
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