Gli antifuffa
I deinfluencer, gli antieroi dei social, sulla carta, sono la nemesi degli influencer e nascono per contrastarne appunto l’influenza. Attraverso critiche, prove alla mano, di consigli e suggeri
I deinfluencer, gli antieroi dei social, sulla carta, sono la nemesi degli influencer e nascono per contrastarne appunto l’influenza. Attraverso critiche, prove alla mano, di consigli e suggerimenti solo all’apparenza veritieri. Il tutto in difesa del consumo consapevole e dei consumatori. Un vero e proprio cambiamento culturale in corso, che parte da una messa in discussione degli stimoli digital e non solo, ma che essenzialmente indica un bisogno di autenticità
Debunking, detox, deinfluencer. Ciclicamente, per chi vive in maniera attiva anche la vita digitale, ecco riaffiorare il mantra del “de”. Un “de” che non ha il sapore del lessico delle nuove generazioni, ma che era già un classico quando Cicerone andava a scuola, che ha una storia autorevole e ci allerta quando arriva il momento di togliere qualcosa e non di aggiungere. Less is more, per dirla alla maniera della moda, senza niente togliere al dibattito sul lessico made in Italy. Togliere, ecco il verbo che ritorna: insieme a sfatare e a fare luce. Approfondire, distogliendo lo sguardo dal dettaglio per osservare il generale, possibilmente cercando di stare fuori da quella bolla informativa che ciascuno di noi si è costruito e che si è lasciato costruire attorno. Il “de” del momento? Il fenomeno sul digitale, e in particolare su TikTok, è quello del deinfluencer.
Sulla carta, la nemesi dell’influencer nasce per contrastarne appunto l’influenza, criticando, prove alla mano, i suoi consigli: celebre la rivelazione del bluff di una creatrice di contenuti che promuoveva gli effetti di un mascara, mentre in realtà si era applicata le ciglia finte o di un ex commesso di una nota catena di profumeria che spiegava come mai alcuni prodotti venissero restituiti dai clienti. O, dello “smascheramento” di una mamma, che aveva centrato la sua narrazione su una storia familiare non del tutto vera.
Gli esempi non rendono giustizia ad un cambiamento culturale più sottile, che parte da una critica forte ma costruttiva (non si tratta di azioni da haters), da una messa in discussione degli stimoli digital e non solo, che essenzialmente indica un bisogno di autenticità. Piace pensare che fenomeni come questo possano portare ad un consumo consapevole, anche più sostenibile. Per chi comunica non si può nascondere che si tratta di una nuova sfida: più il consumatore è sveglio, più la strategia deve tenerne conto. Grazie al cielo, verrebbe da dire! In pratica però in un mondo in cui la comunicazione è personalizzata, chi si affida a testimonial non potrà più valutarne solo i numeri, ma sceglierli con un preciso criterio: la coerenza etica. Facile solo in apparenza.