Fondi europei, ecco chi li perde e chi non se li fa scappare

Ci sono fondi indiretti che non riusciamo a spendere e che rischiamo di dover restituire: a bloccarli è l’inefficienza della pubblica amministrazione. Quando invece i finanziamenti vanno

Ci sono fondi indiretti che non riusciamo a spendere e che rischiamo di dover restituire: a bloccarli è l’inefficienza della pubblica amministrazione. Quando invece i finanziamenti vanno direttamente a imprese e centri di ricerca gli italiani sono tra i più bravi ad accedere alle risorse

Una tavola imbandita da piatti ricchi e appetitosi, dove però non sempre i commensali riescono davvero ad arrivare alla fine del pranzo: potremmo così rendere l’idea di quello che accade per i cinque Fondi strutturali e di investimento europei, finalizzati a sostenere lo sviluppo economico generale.  Qui si parla più che altro attraverso sigle come Feasr (dedicato allo sviluppo agricolo); Fesr (Fondo europeo per lo sviluppo regionale); Fse (Fondo sociale europeo, per promuovere l’occupazione); Fc (fondo di coesione) e Feamp (fondo per affari marittimi e la pesca). Si tratta di fondi cosiddetti “indiretti”, la cui gestione passa cioè attraverso gli Stati membri, nel caso del nostro Paese da Ministeri e Regioni, con tutto ciò che ne consegue in termini di lentezze e burocrazia.

L’Italia per il periodo 2014/2020 aveva da spendere il suo bel tesoretto, che superava i 75 miliardi di euro tra finanziamento Ue e cofinanziamento. Ma il nostro Paese fa fatica a spendere e spesso gli investimenti restano bloccati: peggio di noi fanno solo Spagna e Malta. Ad esempio i due principali programmi, ovvero Fesr e Fse, ammontano complessivamente a 55 miliardi, ma a fine 2018, la cifra spesa era appena del 12,62 per cento, con un grado di avanzamento dei progetti in media del 32 per cento: un ritardo importante dal momento che il 2020 è oramai dietro l’angolo e c’è il rischio di perdere i fondi non spesi. Ma perché facciamo così tanta fatica a spendere? Di certo i passaggi burocratico-amministrativi nel nostro Paese non agevolano: i fondi europei insomma rischiano di restare intrappolati nei grovigli delle regole nostrane, nella litigiosità delle gare d’appalto e nella lentezza della giustizia, pagando una inefficienza tipica della nostra pubblica amministrazione che, in ultima analisi, fa da collo di bottiglia.  

Per andare a vedere da vicino quanto è stato pianificato, deliberato e speso ecco un link utile anche per un confronto con altri Paesi: https://cohesiondata.ec.europa.eu/countries/IT

C’è poi invece un ambito in cui cittadini, imprese, Università e centri di ricerca accedono direttamente a fondi e finanziamenti dell’Ue e qui troviamo una bella notizia: nel capitolo dei cosiddetti “fondi diretti” siamo tra i più bravi ad accedere alle risorse. In questo caso non c’è una quota riservata a ciascuno Stato, ma il confronto avviene con tutti i competitori dell’Unione. E se si guarda ai cinque programmi più importanti (Erasmus Plus, Life, Cosme, Creative Europe e Horizon 2020) i progetti targati Italia sono al secondo posto appena dietro la Spagna e davanti a Germania, Regno Unito e Francia. Insomma – a differenza dei fondi indiretti che passano dalla pubblica amministrazione nostrana e che facciamo fatica a spendere – qui si respira un’aria diversa che sa di cittadinanza europea.

Ecco un elenco completo dei programmi in essere: https://ec.europa.eu/info/funding-tenders/funding-opportunities/funding-programmes/overview-funding-programmes_it

 

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