Fare impresa nel Nord del Varesotto

Le aziende varesine al confine con la Svizzera si raccontano, scattando una fotografia del territorio fra luci e ombre: da una parte la capacità attrattiva di realtà industriali dinamic

Le aziende varesine al confine con la Svizzera si raccontano, scattando una fotografia del territorio fra luci e ombre: da una parte la capacità attrattiva di realtà industriali dinamiche e uniche nel mondo, dall’altra la difficoltà strutturale di un’area di frontiera in eterna competizione con i vantaggi fiscali e retributivi elvetici 

SPM: “Le persone tornano dove si sta bene”

Tre anime per un’azienda: automotive, moda e sport. Sono le tre divisioni che portano il nome di SPM ad affermarsi sui mercati di tutto il mondo con prodotti molto noti, tra cui il famoso paletto snodabile inventato proprio qui nel 1979, che ha rivoluzionato lo sci agonistico. Anime che, quindi, hanno portato il nome di Brissago, un paesino di poco più di 1.200 anime in Valtravaglia in cui SPM ha la sede da sempre, alla notorietà internazionale. Diventando di fatto un simbolo per i piccoli comuni del Nord della provincia e per tutto il territorio. A raccontarci, però, cosa significhi oggi fare impresa in un’area molto vicina al confine con la Svizzera è Giovanni Berutti, Presidente dell’azienda. “Esistono due tipi di problemi” spiega. “Il primo è definibile come etico, per il fatto che chi lavora in Svizzera paga meno tasse pur godendo degli stessi servizi e benefici di chi lavora in Italia. Con i nuovi accordi transfrontalieri in parte si ridurrà questo gap, ma fino ad oggi è stata una sorta di concorrenza poco leale. Oltre a pagare meno tasse, è anche evidente una disparità di trattamento fiscale. Poi c’è il discorso della concorrenza delle imprese svizzere sul fronte degli stipendi. Questo si accentua nel settore dei servizi: professionisti come infermieri, medici e insegnanti, solo per fare degli esempi, fuggono in Svizzera con il rischio di lasciare sempre più sguarnite le strutture del Nord della provincia afflitte da una cronica mancanza di personale”.

Non è questione di attrattività delle singole realtà. Anzi, secondo Berutti “le nostre imprese sono molto attrattive. La verità è che nelle aziende varesine si sta meglio che altrove. Lo testimoniano i flussi di ritorno. Da noi si conta più di un caso di dipendente andato in Svizzera e poi tornato. Del resto negli anni passati abbiamo perso sempre meno persone per la concorrenza delle imprese svizzere. Chi torna lo fa perché da noi si trova bene, per l’ambiente e per la qualità del lavoro. Senza dimenticare che ci sono degli svantaggi nello scegliere di lavorare oltre confine, come ad esempio le code, l’inquinamento, il tempo per gli spostamenti. Metà delle persone che lavorano in SPM abitano nel raggio di 5 km dall’azienda e possono venire al lavoro in bicicletta”. Sta, dunque, nella cultura d’impresa, secondo Berutti, la carta vincente da giocare per trattenere talenti: “Lo stipendio è importante ma contano anche gli obiettivi aziendali e il sistema di welfare. Noi, ad esempio, abbiamo un asilo nido in azienda da settembre. I giovani sono incentivati a rimanere dalla possibilità di un percorso di carriera e di crescita definito, con responsabilità e la possibilità di avere voce in capitolo in merito agli obiettivi aziendali”. Rimane, però, il problema del contesto esterno. “Da parte nostra cerchiamo di dare il massimo come imprese, anche promuovendo la formazione dei giovani, in rete con le altre realtà del territorio, ad esempio sostenendo il corso post-diploma Ifts in Automazione e Robotica della Fondazione Its Incom. I tempi dei governi però non sono i tempi delle aziende. Se potessimo pagare di più i dipendenti con riduzione del cuneo fiscale, con la detassazione degli straordinari per offrire un importo netto in busta paga senza tutti gli oneri altissimi previsti attualmente o anche partire da una decontribuzione dei superminimi, sarebbe già un inizio”.

RETTIFICATRICI GHIRINGHELLI: “Puntare su formazione e fidelizzazione”

È una storia di passione e di forte legame con il contesto socioeconomico del luinese quella della Rettificatrici Ghiringhelli, Pmi familiare che dal 1921 rappresenta un punto di riferimento nel settore della meccanica in tutto il mondo. Un’impresa con sede a Luino che da sempre è attenta alle dinamiche del territorio come testimoniano le numerose collaborazioni con le scuole. Oltre alla recente partecipazione al nuovo corso Ifts in Automazione e Robotica, la Ghiringhelli è stata fautrice 20 anni fa della realizzazione del corso di Meccatronica con l’istituto superiore Volontè di Luino. Conosce quindi bene le sue zone e cosa significhi essere azienda di confine, Patrizia Ghiringhelli, imprenditrice, diventata di recente componente del Consiglio della Camera di Commercio di Varese: “Un’impresa ha bisogno di talenti interessati e preparati. Per le aziende di confine, raggiungere quest’obiettivo è però più difficile. Inutile nasconderlo”, spiega. “Noi che siamo qui da oltre 100 anni ci conviviamo da sempre: il tema è ricorrente e si acutizza nei periodi in cui la domanda di personale è forte anche al di là del confine. È normale che persone competenti e preparate, soprattutto se giovani, guardino a percorsi di carriera con prospettive retributive migliori di quelle italiane. Vanno però evidenziati anche i vantaggi competitivi delle nostre aziende.

A fare la differenza è l’ambiente. Chi lavora da noi e ha talento sa che ci saranno sempre progetti nuovi e sfide, trovandosi a fare parte di un contesto interessante, stimolante, internazionale. Ma sa anche di poter trovare un ambiente familiare, in cui si cerca sempre di lavorare in armonia, dove c’è un sistema reale di welfare e dove il talento viene premiato.  Per questo può capitare che le persone tornino da noi dopo un’esperienza fuori dall’Italia. Il fattore che fa la differenza nelle nostre imprese è la fidelizzazione”. Ghiringhelli è fiduciosa: “Da parte della politica, c’è una nuova attenzione al tema delle aziende di confine. Come imprese faremo la nostra parte. Dobbiamo trovare soluzioni sempre nuove per le nostre persone, soluzioni su misura, in maniera da essere sempre più attraenti. E poi dobbiamo supportare la formazione. Dobbiamo formare tecnici competenti e preparati che troveranno da noi terreno fertile. Del resto, tutte le imprese del Nord della provincia hanno la specificità di essere uniche nel mondo: questo diventa un richiamo anche per le persone dall’estero con voglia di imparare. Ovviamente se si potesse appesantire meno la busta paga, avvicinando il livello retributivo a quello del Canton Ticino sarebbe meglio. Se si colmasse il gap non avremmo rivali”.

MONTEFERRO: “La vera innovazione è appassionare”

Quando ormai 50 anni fa, la Monteferro optò per Monvalle come località dove costruire la sua sede produttiva principale, la scelta fu dettata da esigenze di spazio, motivi strategici (per la posizione estremamente vantaggiosa per un’impresa pensata per essere internazionale) e per la sua bellezza ambientale. Basti pensare che il vicino monte Sasso del Ferro è nel suo stesso nome. Per l’azienda meccanica, gruppo leader di mercato in tutto il mondo nella produzione di guide e componenti per ascensori, quella posizione di confine oggi porta con sé la problematica della concorrenzialità degli stipendi del Canton Ticino. Che in alcuni momenti diventa ancora più dura. “La nostra azienda da oltre un anno ha iniziato un importante percorso di riorganizzazione, diversificazione e innovazione anche digitale che comporta la ricerca di nuove figure tecniche specializzate a supporto delle funzioni tradizionali, come ad esempio, l’information technology e le operations, ma anche per ruoli nuovi che ci aiutino ad affrontare la ‘nostra’ transizione tecnologica e digitale”, racconta il Responsabile delle risorse umane di Monteferro Spa, Samuele Pavan. “In questo percorso di crescita ci stiamo scontrando con la mancanza di figure specializzate e con il tema del frontalierato. Da una parte non sempre le persone rispondono ai desiderata: c’è ancora troppa poca presenza sul mercato di figure tecniche specializzate e, banalmente, capita ancora purtroppo che i candidati dichiarino nel cv di conoscere l’inglese per poi scoprire, durante i colloqui, che così non è. È assolutamente normale, invece, che figure professionali giovani e preparate si facciano attrarre dalle retribuzioni stellari oltre confine. Ma attenzione: non è tutto oro quello che luccica. A fronte di una disparità di stipendio e di una tassazione alla fonte più favorevole poi mancano le tutele contrattuali.

C’è inoltre il tema delle distanze e degli spostamenti. Infine c’è la capacità delle nostre imprese di essere un’opportunità di crescita formativa unica. Per questo le persone spesso tornano indietro, dopo aver messo un po’ di ‘fieno in cascina’. Bisogna anche tenere presente in questo flusso che il mondo del lavoro, anche per effetto della pandemia, è cambiato e le persone non sono più disposte a trascorrere nella stessa azienda la loro intera vita lavorativa”. Ma cosa può fare un’impresa in questo contesto? “Abbiamo aderito con entusiasmo al progetto dell’Ifts in Automazione e Robotica, ma oggi non possiamo più limitarci a formare i ragazzi. Dobbiamo appassionarli, intrigarli. Qui sta la vera innovazione, che passa anche dal saper raccontare un progetto di sviluppo aziendale e professionale. Del resto, chi fa questo lavoro è perché ha la passione: bisogna puntare su questo”.

CUMDI: “L’imprenditore sia un grande motivatore”

È un progetto importante quello avviato da Cumdi nel Nord della provincia. L’impresa di Germignaga, nata a Cunardo nel ‘79, specializzata nelle lavorazioni di metalli, ha iniziato lo scorso anno un percorso che coinvolge l’ex torcitura di Rancio Valcuvia che, grazie ad un investimento di oltre 30 milioni di euro, verrà riqualificata. L’ambizione del Presidente Giuseppe Niesi è quella di creare un polo produttivo, unico nel suo genere, con almeno 100 nuovi posti di lavoro. “Una azienda bella” sintetizza. “Delle due l’una: o siamo pazzi o coscienti delle possibilità che ci sono oggi. La nostra idea è quella di costruire un progetto unico, innovativo e sostenibile. Naturalmente si tratta di un grande impegno economico: siamo pronti a destinare tutti gli utili in questo progetto di crescita economica e sociale per i nostri giovani. Un’iniziativa di economia circolare vera e propria”. Un’iniziativa visionaria, dunque. Ma come si concilia con i problemi del territorio? “L’area è oggettivamente difficile, non ce lo nascondiamo, ma la via per lo sviluppo è fare sistema, puntare sullo spirito di squadra. Faremo i Don Chisciotte? Non importa! Quello che importa è creare il nuovo e essere noi stessi innovativi, fare quello che gli altri non fanno. Allo stesso tempo come imprenditori dobbiamo diventare grandi motivatori: i nostri progetti, le nostre specificità, devono essere raccontate e stimolare le persone. Questa è l’attrattività. Solo questo può riportare la fascia di frontiera a livelli di splendore. E poi bisogna avere fiducia anche nelle istituzioni e nella politica. Credere tutti nel comune progetto: imprese, scuole e territorio. Ciascuno deve fare la propria parte e nessuno va lasciato solo”.

RATTI: “Non chiediamo incentivi per le imprese, ma per i lavoratori”

Affonda le radici nel 1869 la Ratti Luino di Cassano Valcuvia, nome noto nel mondo nel settore delle macchine tessili. Non si può quindi dire che in azienda non conoscano bene la storia del territorio anche grazie all’esperienza de La Minuteria Locatelli Giovanni e figli Srl, il cui percorso si lega a quello di Ratti. “Conosciamo bene il contesto” racconta Andrea Locatelli, Direttore generale di Ratti. “La questione sul tavolo è sempre quella della concorrenza salariale del Cantone Ticino che si concretizza nel problema di formare sul campo persone capaci per poi vedersele portare via. Come imprese cerchiamo ovviamente di fare il meglio per le nostre persone, renderle ‘felici’ di lavorare con noi, ma il problema resta e si acuisce in un momento storico come quello attuale, in cui il costo della vita aumenta. Non è un mistero il fatto che i giovanissimi guardino prima allo stipendio piuttosto che all’imparare un mestiere e noi dobbiamo trovare dei modi per trattenerli, puntando su di loro e investendo nella formazione, pur con il rischio che poi ci lascino”. Una visione pessimista? “No, sono fiducioso, ma serve fare rete e dare maggiore attenzione a questo territorio. Da parte delle istituzioni c’è sicuramente una nuova sensibilità che ci auguriamo non svanisca, ma è tanto che, come imprese, ci battiamo e chiediamo aiuto. E attenzione: chiediamo sì incentivi, ma non per le nostre aziende: per i nostri dipendenti”.  

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