Dobbiamo fare meglio sul gap retributivo
Da un lato, l’incremento di occupazione femminile, di imprese guidate da quote rose e di amministratrici comunali, che fanno ben sperare in un divario sempre più stretto tra i piatti sul
Da un lato, l’incremento di occupazione femminile, di imprese guidate da quote rose e di amministratrici comunali, che fanno ben sperare in un divario sempre più stretto tra i piatti sulla bilancia del gender equality. Dall’altro, numeri negativi come quelli sul gap retributivo e sulle violenze sessuali. Luci e ombre che tratteggiano un quadro in cui “il territorio è sulla buona strada ma c’è ancora tanto da lavorare”. Intervista ad Anna Danesi, Consigliera di Parità della Provincia di Varese
Secondo l’ultima indagine de Il Sole 24 Ore, Varese è la sesta provincia per qualità della vita delle donne. Anna Danesi, nella veste di Consigliera di Parità della Provincia di Varese come commenta questo risultato?
Essere sesti tra le 107 province italiane è un buon risultato. È innegabile. Ma non dobbiamo sentirci arrivati. Tra gli indicatori che hanno portato il nostro territorio a rientrare nella top ten per il benessere percepito dalle donne, ce ne sono alcuni molto importanti e lodevoli, mentre altri ci fanno capire che siamo ancora un po’ indietro in termini di parità di genere.
Luci e ombre, dunque, ma i dati dicono che il Varesotto è avanzato di 15 posizioni rispetto all’anno scorso.
C’è ancora tanto da lavorare, ma siamo sulla buona strada. È vero. Il territorio è migliorato in termini di occupazione femminile, con un +6,3% rispetto al 2023, passando dal 30esimo al 19esimo posto. La stessa posizione l’abbiamo raggiunta per la presenza di quote rosa con la carica di amministratrici comunali. In questo caso c’è stato un balzo del +9,6% rispetto all’anno precedente in cui eravamo 34esimi, che significa che sono in aumento le donne dedite alla politica. E poi c’è un 86esimo posto per imprese femminili che è dovuto ad un incremento, anche se piccolissimo, del +0,6%. Un dato positivo che ci fa salire, seppur solo di qualche gradino, dal 93esimo posto dello scorso anno, ma che mi lascia l’amaro in bocca perché potremmo fare meglio. Così come mi preoccupa l’essere 57esimi per quanto riguarda le violenze sessuali. Senza dimenticare il 30esimo posto per numero di amministratrici all’interno delle imprese. Spaccato, questo, che ci dà l’idea di quanto ancora oggi sia difficile per le donne riuscire ad affermarsi in ruoli apicali.
Un altro divario importante è quello retributivo. Il Varesotto è 85esimo per gender pay gap.
È un dato che purtroppo devo confermare con una certa sicurezza. Guardando i rapporti biennali, cioè quelli sulla situazione del personale maschile e femminile nelle aziende, sia pubbliche, sia private, con più di 50 dipendenti, ho trovato una diversità di retribuzione sostanziale. Come dirigenti, ad esempio, le donne tendono a percepire se non la metà, il 60% di quello che percepiscono gli uomini.
A questo, si lega un altro gap: quello della distribuzione dei compiti di cura. Sì, perché, nonostante gli ultimi interventi legislativi abbiano cercato di implementare l’utilizzo dei congedi, anche dei padri, vediamo che le mansioni di cura, sia legate alla gestione dei figli, sia legate alla Legge 104, spesso sono ancora, per quasi la totalità, gestite dalle donne. Anche questo incide sulle retribuzioni e sulle possibilità di carriera. Da un lato, è vero che i congedi sono utilizzati di più dalle donne perché sono quelle che hanno lo stipendio più basso e dunque, in un nucleo familiare, se così si può dire, “più sacrificabile” nella gestione del ménage familiare. Dall’altro, però, è anche vero che, così facendo, le donne avranno sempre retribuzioni più basse rispetto agli uomini. Senza dimenticare il fenomeno delle molestie. Ci sono ancora parecchie segnalazioni e purtroppo i casi presi in carico sono solo la punta dell’iceberg. Spesso succede che riceviamo richieste di intervento, ma poi quando cerchiamo di incontrare queste persone per gestire la loro situazione, spariscono.
“È stato fatto tanto in questi anni, dobbiamo essere realisti oltre che ottimisti. Oggi c’è sicuramente una sensibilità sulle tematiche delle pari opportunità che anche solo 5 anni fa non c’era”
Come mai secondo lei?
Perché hanno timore di non essere credute e perché alcune di queste problematiche non sono ancora considerate gravi, per cui la persona che denuncia pensa di non trovare supporto, nemmeno in chi sa o in chi ha visto. Ad esempio, se alcuni colleghi vengono a conoscenza di situazioni critiche tra un uomo o una donna sul luogo di lavoro, è difficile che lo segnalino a chi di dovere. Quando, invece, nel caso in cui si trattasse di essere spettatori di un incidente stradale, nessuno avrebbe dubbi nel segnalare l’accaduto, quanto meno per dovere civico. Tra le mura lavorative, invece, c’è la tendenza a pensare che ciò che succede attorno a noi non sia un problema nostro. Da un lato, è ancora un tema tabù, non riconosciuto con il disvalore sociale che dovrebbe avere. Dall’altro, c’è il timore che segnalando situazioni scomode, si possa arrivare persino a perdere il proprio impiego e qui si apre la questione culturale. Le molestie sul lavoro vengono ancora considerate come fatti privati, mentre invece si tratta di problematiche sociali.
Al di là dei numeri, come vede la situazione sul territorio in termini di parità tra uomini e donne?
È stato fatto tanto in questi anni, dobbiamo essere realisti oltre che ottimisti. Oggi c’è sicuramente una sensibilità sulle tematiche delle pari opportunità che anche solo 5 anni fa non c’era. Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad un passo in avanti non indifferente. Sia in termini di iniziative e progetti, sia per quanto riguarda la consapevolezza dell’esistenza di un problema. Questo anche grazie alla collaborazione di tutti gli enti sul territorio, non solo delle parti sociali, delle associazioni datoriali e dei sindacati, ma anche delle varie istituzioni.
Come procederà il suo impegno nel corso dell’anno?
Con il dialogo. Lo scorso ottobre abbiamo organizzato con Confindustria Varese e tutte le parti sociali del territorio, un evento dedicato alle varie sfaccettature della parità di genere e ripeteremo degli appuntamenti dedicati anche quest’anno. Sono uno strumento fondamentale per sollecitare il cambiamento culturale di cui abbiamo bisogno. Come Consigliera di Parità continuerò a lavorare sull’importanza delle certificazioni e su un linguaggio volto a non fare discriminazioni di genere. Un tema, quest’ultimo, su cui ci sono posizioni contrastanti: è evidente ormai che ci sia la necessità di una transizione anche in termini di linguaggio, la nostra attenzione non può prescindere da questo. Il modo in cui ci esprimiamo non è una questione secondaria. Si tratta di un cambiamento culturale che richiede tempo.
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