Come si coltiva l’inclusività
Dare un impiego vero e dignitoso a ragazzi con disabilità cognitive, intellettive e relazionali. Questo è lo scopo con cui è nata l’impresa agricola sociale di Gemonio Papp
Dare un impiego vero e dignitoso a ragazzi con disabilità cognitive, intellettive e relazionali. Questo è lo scopo con cui è nata l’impresa agricola sociale di Gemonio Pappaluga. Un progetto aziendale con una propria sostenibilità economica (“i nostri clienti non fanno beneficienza”) che oggi conta 14 giovani nel proprio organico
Una collina scoscesa e boschiva sopra Gemonio, un terreno non semplice da coltivare, lontano dall’urbanizzazione. Undici ragazzi assunti con contratto a tempo indeterminato e tre tirocinanti, tra i 17 e i 28 anni, coltivano ortaggi di stagione, radicchio, cavolfiore, broccoli, cavolo nero, erbe aromatiche, pomodori, melanzane, insalate, finocchi, porri ed una particolare varietà di fragole chiamata Mara Des Bois. I prodotti di questo lavoro vanno a finire nelle cucine di ristoranti e chef stellati oppure vengono venduti tramite una rete di negozi e distributori specializzati in coltivazioni a km 0. Questa è la realtà di Pappaluga, impresa sociale agricola che dà lavoro a giovani con disabilità cognitive, intellettive e relazionali.
Un’impresa agricola sociale, realtà ben diversa sia da una cooperativa sociale sia da un’impresa agricola, nella sua forma giuridica presenta tutti gli aspetti tipici di un’impresa, ma si caratterizza per un quid in più che ne sottolinea l’appartenenza alla categoria sociale, ovvero l’esercizio di un’attività d’interesse generale, per finalità civiche, solidaristiche e di utilità, per l’appunto, sociale. L’impresa agricola sociale è, pertanto, un ente ibrido, che condivide le caratteristiche proprie dell’impresa e quelle del mondo sociale, dove l’agricoltura diventa uno strumento concreto per rispondere in maniera innovativa a bisogni sociali emergenti, fuori da una logica puramente assistenziale.
“Questo vuole essere un progetto imprenditoriale non filantropico, in grado di autosostenersi – spiega Davide Macchi, fondatore di Pappaluga e papà di Carlo, un ragazzo disabile cognitivo –. Il nostro obiettivo è far sapere che esiste un modo diverso ed alternativo per assolvere agli obblighi di legge sulle assunzioni di persone disabili o altre categorie protette. Oltre all’assunzione diretta o al pagamento di un contributo esonerativo, esiste una via alternativa: una convenzione per cui una realtà come Pappaluga ottempera per conto terzi al vincolo dell’assunzione obbligatoria, i terzi finanziano il progetto e in questo modo assolvono al loro obbligo”.
In parole più semplici, come precisa Macchi, si tratta di una sorta di “adozione a distanza” di un giovane disabile che, tramite Pappaluga, ha la possibilità di mettere a frutto le proprie capacità e competenze, svolgendo un lavoro a tutti gli effetti, retribuito e gratificante. “Lo scopo di questa impresa agricola sociale è dare un impiego vero e dignitoso a persone che, altrimenti, non lo avrebbero. La nostra vuole essere una risposta concreta ai bisogni di giovani non normodotati”, racconta di nuovo Davide Macchi che, nella sua personale esperienza, prima ancora di scoprire nel 2009 che il suo terzo figlio avesse una disabilità cognitiva, aveva avuto modo di collaborare per diverso tempo, in qualità di allenatore, con diverse organizzazioni, tra cui Special Olympics, l’associazione sportiva internazionale che organizza i Giochi Olimpici Speciali.
Davide Macchi: “Se i prodotti non raggiungono gli standard richiesti, vengono semplicemente mandati indietro. I clienti comprano realmente, non lo fanno per beneficenza né tanto meno per carità”. Tra questi, ristoranti, chef stellati e negozi specializzati nel km 0
Ed è proprio da queste esperienze e dalla voglia di restituire qualcosa a chi ne ha più bisogno, che nel 2018 ha preso il via l’esperienza di Pappaluga, inizialmente nata da un’idea di Macchi, come startup di moda per l’ideazione e la commercializzazione di collezioni di abiti in stile streetwear: “La pandemia e il Covid sono arrivati proprio mentre il nostro progetto iniziava a prendere forma e ci ha tarpato le ali – specifica Macchi –. Ma non ci siamo persi d’animo, anzi, e abbiamo deciso di reinventarci come azienda agricola, puntando sull’agricoltura bioinclusiva, in grado di rispettare i ritmi della natura così come quelli dei nostri ragazzi”. Ma come avviene la fase di selezione dei collaboratori di Pappaluga e come si svolge una giornata tipo di lavoro? “Noi lavoriamo in modo particolare, se così si può dire. Alla fase selettiva iniziale collabora una psicologa: riceviamo qualcosa come 200 richieste di assunzione alla settimana. Dopo essere stati selezionati, i ragazzi restano in osservazione per due o tre giorni, poi si passa ad un tirocinio di tre mesi ed infine all’assunzione vera e propria. Ogni giorno tre educatori, una sorta di capi reparto, dividono i ragazzi in gruppi e, dopo la colazione, si inizia il lavoro nei campi, partendo da quello che ciascuno sa ed è in grado di fare”.
Sì, perché sono molte e anche parecchio diverse tra loro le disabilità dei giovani che lavorano in Pappaluga: c’è chi, ad esempio, ha problemi sensoriali o motori, chi non parla, chi è ipoudente, chi ha iniziato un percorso, a volte non sapendo né leggere né scrivere, per imparare la lingua dei segni. E tutte queste diversità collaborano ogni giorno alla creazione non solo di prodotti alimentari eccellenti, ma anche, e soprattutto, di senso di inclusione e di dignità. “Applichiamo, in tutto quello che facciamo, i principi di gentilezza, fantasia, bellezza, arte e luce. Per fare in modo che questi ragazzi abbiano un perché, uno scopo nella loro vita – racconta Macchi orgoglioso dei suoi giovani perennemente fuori luogo e fuori contesto, come ama definirli –. Pensate che un nostro collaboratore, che prima di conoscere Pappaluga non usciva di casa da diverso tempo, ora non vuole nemmeno più andare in vacanza, perché se lui non c’è, chi si prenderà cura dei suoi pomodori? Cambiare la vita a queste persone è il primo tassello per trasformare la società. Posso dire di conoscere delle persone felici e la felicità non è una colpa ed è contagiosa. Piantiamo non solo alberi ma alberi genealogici, uomini che crescono, li alimentiamo”.
Dove vanno a finire i prodotti coltivati da Pappaluga? Innanzitutto, si tratta di coltivazioni su richiesta: gli chef mandano all’impresa agricola periodicamente elenchi molto precisi delle verdure e degli ortaggi che hanno intenzione di utilizzare per la preparazione dei loro piatti. “Se i prodotti non raggiungono gli standard richiesti, vengono semplicemente mandati indietro. I clienti comprano realmente, non lo fanno per beneficenza né tanto meno per carità”, sottolinea Macchi. Tra i clienti che si riforniscono da Pappaluga è possibile trovare ristoranti come il milanese Seta by Antonio Guida, ma anche il negozio NaturaSì di Varese. Tra i progetti futuri dell’impresa agricola sociale di Gemonio c’è la volontà di crescere ed arrivare ad assumere almeno 20 ragazzi. “Abbiamo tanti piani, ci piacerebbe fare davvero tante cose, a partire dalla piantumazione di alcuni faggi nel nostro terreno. Siamo alla continua ricerca di aziende che abbiano voglia di sostenere Pappaluga, anche semplicemente adottando un campo di fragole oppure un’isola formativa”, conclude Davide Macchi.
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