Baj, Guttuso e Tavernari, le virtuose relazioni varesine

A Masnago le opere di 3 maestri che decisero di vivere a Varese con la loro arte. Amici e protagonisti di un ambito culturale, anche locale, carico di entusiasmi e fertile di proposte in anni di sper

A Masnago le opere di 3 maestri che decisero di vivere a Varese con la loro arte. Amici e protagonisti di un ambito culturale, anche locale, carico di entusiasmi e fertile di proposte in anni di speranza. La mostra, visitabile fino al 31 gennaio 2025, si propone di offrire ulteriori informazioni e materiali che ben documentano l’impegno degli artisti, tra i più importanti esponenti del XX secolo, nel lavoro e nel contesto socioculturale prealpino dell’epoca

Ci sono momenti della storia di un territorio in cui si incontrano e si incrociano magicamente tra loro personaggi ed eventi destinati a lasciare per sempre il segno. Anche Varese ha conosciuto occasioni importanti in cui le è stato dato di essere visitata, frequentata e vissuta da personalità che hanno fatto grande la vita culturale e artistica, non solo locale, ma del Paese. Per una prova, basta visitare la mostra, che sarà aperta fino al 31 gennaio 2025, allestita al Castello di Masnago in 5 stanze della Ala Quattrocentesca e che ha il suo fulcro nella Sala degli Svaghi. Imperniata sugli artisti Enrico Baj, Renato Guttuso e Vittorio Tavernari, conosciuti a livello internazionale, è il felice racconto, a cura di Serena Contini, di “virtuose relazioni varesine”, 3 importanti esponenti dell’arte del XX secolo che erano al centro di un ambito culturale carico di entusiasmi e fertile di proposte e iniziative di primo piano. Nessuno di loro era in realtà varesino di nascita.

Tavernari, nato a Milano nel ‘19, arrivò a Varese essendo stato ricoverato al Kursaal, trasformato in ospedale militare, durante la Seconda Guerra Mondiale. Lì aveva incontrato la futura moglie, Piera Regazzoni, violinista, in occasione di un concerto dedicato proprio ai ricoverati. E per amore di lei e della terra che la ospitava, vi rimase per sempre. Enrico Baj (1924), milanese a sua volta, aveva compiuto da ragazzo qualche scorribanda estiva nel Varesotto, ospite dei nonni, prima di essere “un po’ parigino e un po’ italiano in giro per il mondo”. A incantare lui e la giovane moglie Roberta sarebbe stata, un giorno, una villa abbandonata in mezzo al verde, in quel di Vergiate. “Eravamo entrati nel giardino carichi di curiosità, scavalcando il cancello arrugginito”. Così aveva un giorno raccontato Roberta e lì si erano fermati mettendo casa e studio. Fu, dunque, Enrico a consigliare Guttuso (1911) di allestire in Varese, a sua volta, uno spazio di lavoro nella quiete di Velate. La moglie di Renato, Mimise Dotti, aveva ereditato qui una casa e la coppia era venuta per venderla. Ma, alla vista di un posto così magico, i due avevano cambiato idea. Li aveva conquistati la scuderia, divenuta poi il terzo studio del maestro di Bagheria: dopo quello siciliano e l’atelier romano di Palazzo del Grillo. “L’ho allargato con questa vetrata che tu vedi, che io trovo che è la cosa più bella che è successa nella mia vita, avere un prato che entra nello studio… Io sono felice, ci sto felicemente. E trovo che il Varesotto è tra le zone più belle d’Italia (…) qua sono ricondotto in me stesso”. Così raccontava all’amico carissimo Marcobi, fratello del partigiano martire Walter, suo testimone di lavoro e confidente. Al cui prezioso archivio fu dedicata nel 2022 la mostra “I tempi della pittura”, raccontata anche da queste pagine. 

La rassegna attuale si propone di offrire, accanto ad importanti e fondamentali lavori, sia della collezione museale, sia in comodato, ulteriori informazioni e materiali che ben documentano, con l’aggiunta di una sezione di volumi, lettere, pubblicazioni d’epoca, schizzi d’arte e altro, il loro impegno nel lavoro e nel contesto socioculturale varesino del tempo. A Guttuso sarebbe stata conferita la cittadinanza onoraria di Varese nell’83. Di grande interesse è anche la documentazione del legame tra Baj, Tavernari e Guttuso e lo scrittore e amico Piero Chiara. Che si trasformava non di rado in collaborazione professionale vera e propria, frutto di sottile intesa tra testo letterario e segno grafico: ne sono esempio le pregiate cartelle d’artista in mostra. Si veda quella di “Il povero Turati” (1966) con un racconto di Piero Chiara e due acqueforti di Renato Guttuso e anche “Gli Amanti” (1971), produzione di Tavernari per lo scrittore luinese e, infine, la cartella d’artista del 1990, che a un brano di Piero, tratto dal romanzo “Una spina nel cuore”, affianca un’acquaforte di Enrico Baj. Sempre di Baj sono in sovraccoperta due opere per i romanzi Mondadori di Chiara: “Il Piatto Piange” e “La Spartizione”, entrambi del ‘67.

In questo ambiente culturale varesino, non va dimenticato, si collocava e operava un altro comune amico, Giuseppe Panza (1923), il conte collezionista che ospitava gli artisti prediletti nella sua dimora biumense, oggi sede museale di arte contemporanea inserita nel circuito Guggenheim. “Il sonno della ragione genera mostri”, una tecnica mista di Guttuso del 1980 e il polimaterico “Carlo Martello a Poitiers” del 1997, di Baj, tra le prime opere del percorso, alludono agli eventi politici e storici vissuti o evocati dai due, che mai si sono sottratti a un confronto aperto e al sostegno dei diritti umani. Esercitato in modo diretto, attraverso l’impegno politico o il proprio lavoro. Così fu anche per Vittorio Tavernari. Nel percorso tra le 5 sale si incontrano anche le grandi opere dei due artisti: “Spes contra Spem”, “Van Gogh porta l’orecchio tagliato nel bordello di Arles”, “Il Gineceo” (opere in comodato della Fondazione Pellin) sono tra i capolavori guttusiani che spiccano con forte impatto coloristico e narrativo. “L’affondamento del Nautilus” e “Il tesoro del Titanic”, entrambi di Baj e Hervé Di Rosa, del ‘93 e ‘94, non sono da meno per la magia del racconto e la forza del segno.

Altri famosi lavori, opere di Guttuso, come la notissima “Vucciria”, dove si propone il colorato mercato palermitano in un contesto narrativo ricco di simbologie, dipinti proprio a Velate. L’ultima sala del percorso con “Spes Contra Spem”, nata a sua volta a Velate, rappresenta il momento alto e finale di un percorso di vita: ci sono gli amici più cari, alcuni già morti, la moglie Mimise, l’amica Marta che spalanca la finestra aperta sul mare, mentre la figlia bambina dei custodi della dimora palermitana attraversa correndo la grande sala. Nel fiore tra le sue mani è il segno della freschezza di una giovane vita che prelude al domani. Accanto è la splendida opera di Vittorio Tavernari, quattro pittosculture (parte dei cicli cosiddetti “Cieli”) ispirate dai concerti per violino “Le quattro stagioni” di Vivaldi. Nei tenui ma luminosi colori di Vittorio è piena sintonia con la sublime riflessione dell’amico che, scorrendo il film della propria esistenza, guarda a un finale di luce.  

Chi volesse può allargarsi all’intero del percorso museale, che dopo il rinnovamento, tende a esaltare ancor più opere come “La Bambina con i fiori” di Balla e la “Tamar di Giuda” di Hayez, gioielli della collezione che tutti ben conosciamo. Da notare i numerosi ritratti, alcuni anche di benefattori noti del museo. Che lo furono spesso anche dell’Ospedale di Varese, antichissima istituzione. Per ragguagli sulla quadreria varesina dei benefattori ci si può riferire anche a un’opera del 1931 “L’Ospedale di Varese”, scritta da Giovanni Bagaini, fondatore della Cronaca Prealpina, quotidiano storico di Varese nato nel 1888. Di radici milanesi, formatosi alla scuola di Leone Fortis, rimase al suo giornale, che i varesini chiamavano affettuosamente la Bagaina, fino al 1928. Finché non lo cacciò la ingrata protervia del regime. Ma sono rimaste le sue parole, la sua ampia e dotta produzione scritta a documentare eventi e personaggi. Un maestro inarrivabile, che tanto dedicò anche alla conoscenza dei musei e dei suoi fondatori. E degli artisti del suo tempo, pittori e validi ritrattisti come Federico Gariboldi e Giuseppe Montanari, per citarne solo due, autori di delicati ritratti in mostra al Castello di Masnago.  

 

Baj, Guttuso, Tavernari: Virtuose relazioni varesine  

Fino al 31 gennaio 2025
Castello di Masnago
Via Cola di Rienzo 42, Varese 
Info: 0332 820409  

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