Le proposte poliedriche del Maga

Sono svariate, e anche molto diverse tra loro, le rassegne in corso al museo gallaratese, a partire da quella dedicata alla moda di Missoni, storico marchio tessile della provincia di Varese, interpr

Sono svariate, e anche molto diverse tra loro, le rassegne in corso al museo gallaratese, a partire da quella dedicata alla moda di Missoni, storico marchio tessile della provincia di Varese, interpretata dall’artista e fashion illustrator Gladys Perint Palmer, fino ad arrivare alla retrospettiva sull’arte di Dadamaino. Passando per l’installazione ambientale di Michele Ciacciofera, che coinvolge anche il Terminal 1 di Malpensa

L’attività del Maga, museo gallaratese amato dal territorio, prosegue nella poliedricità di proposte che lo contraddistingue da anni e vede sempre più impegnata l’istituzione, nata nel 2010 come emanazione della locale Gam (Galleria d’arte moderna). Da quest’ultima si deve risalire al Premio Arti Visive Città di Gallarate (era il lontano 1949) come luogo d’arte e di incontro tra operatori del mondo culturale, comunità e istituzioni locali. Oggi il Maga prosegue questo fondamentale intendimento di essere parte attiva di un dialogo con istituzioni e aziende, lavorando anche con Confindustria Varese verso una nuova sostenibilità culturale d’impresa. Il 28 febbraio è nato un progetto Triennale, un “Patto per le Arti”, che li vede entrambi schierati insieme in nome della cultura (per approfondire, si legga l’articolo precedente, “Il Patto per le Arti”).  C’è una rassegna in corso al Maga fino al 1° settembre, “Fashion Illustration, la Moda Missoni interpretata da Gladys Perint Palmer”, a cura dell’Archivio Missoni, che ben richiama il senso di fare arte in perfetto rapporto con la realtà locale e col suo divenire. Proiettato verso un domani che s’apre a esperienze sempre più nuove, a realtà un tempo appena abbozzate e oggi punte di eccellenza dell’economia locale, ma soprattutto riferimento per un’economia globale che passa anche da qui. Interagendo con gli operatori dei diversi settori rappresentati. La Sala Arazzi Ottavio Missoni, non è un caso, è punto centrale del Maga. Non c’è visitatore che non abbia modo di esplorare, in questa suggestiva e avvolgente cornice, tra gli splendidi arazzi di Ottavio, il patriarca dell’azienda, le meraviglie di una realtà produttiva locale. Che s’affaccia insieme al mondo dell’arte e dell’industria

Non si sbagliava Silvio Zanella quando, istituendo con un gruppo di amici artisti, di collezionisti ed esperti del mondo dell’arte il Premio Città di Gallarate, prodromo a una collezione di artisti del territorio, poi a una sede museale in perenne crescita e in contatto con il mondo dell’arte, individuava nel territorio, antica patria di cesellatori, orafi, tessitori e ricamatori di tessuti preziosi, il luogo ideale. Per far scattare quella scintilla di interesse autentico verso l’arte che avrebbe acceso un fuoco di amore per la stessa. Oggi il Maga custodisce nel suo ventre migliaia di importanti opere e nomi di artisti contemporanei. Ma è anche luogo di incontri, di concerti e conferenze, di scambio di esperienze o di studio, che guardano alle meraviglie e alla globalità dell’arte. Una seconda sala, anche questa, di riferimento ai Missoni, con telai a pettine liccio appositamente progettati per le attività educative dedicata alle attività di apprendimento, per chi avesse voglia di imparare, legate alla tessitura. Mentre nella Sala Arazzi è appunto in corso la mostra “Fashion Illustration, la Moda Missoni interpretata da Gladys Perint Palmer”.

Oggi il Maga custodisce nel suo ventre migliaia di importanti opere e nomi di artisti contemporanei. Ma è anche luogo di incontri, di concerti e conferenze, di scambio di esperienze o di studio

Come noto, Rosita, moglie di Ottavio Missoni, è nata in una famiglia in cui l’attività artigianale era di casa. Certi segreti sulla lavorazione della maglieria sono nel suo dna, trasmessi dai genitori. Con Ottavio esplose la magia di un mix perfetto tra tessuto e colore e la loro avventura umana ed imprenditoriale fu così felice, proprio perché arricchita da diverse sorgenti. Quella della capacità tecnica e quella del buon gusto, del senso del colore e dell’armonia. In questo entra però anche la conoscenza di ottimi disegnatori e stilisti, che Rosita iniziò a frequentare già da subito. Alla piccola Rosita toccò uno dei divertimenti migliori che può capitare a una bambina: quello di ritagliare i modelli in carta dalle riviste di cui i grandi le facevano dono. Fu un piacere per lei la conoscenza di questa interessante donna, ben nota agli addetti ai lavori, che disegnava con la sua magica matita. Nel tempo, erano gli anni ‘90, Gladys ebbe modo di lavorare a lungo per Missoni. Si erano conosciute nel 1989 tramite la giornalista Anna Piaggi, che della prima aveva curato una mostra milanese alla stessa dedicata. Come rivelano i tanti disegni in mostra a Gallarate, nei tratti decisi spicca il senso di un’eleganza innata che guidava la mano della donna. Che coglieva e fissava, nell’essenzialità della linea, ma anche nella preziosità di certi particolari, il segno di un’intuitiva propensione al bello. A Rosita importava anche evidenziare il lato allegro e ironico della moda firmata Missoni. Per questo si era rivolta a noti designer come Brunetta negli anni ‘70, ad Antonio Lopez negli anni ‘80, scelse infine, erano gli anni ‘90, Gladys Perint Palmer.

Ha scritto di lei lo scrittore e stilista Colin McDowell nell’introduzione al libro della designer “Fashion People” (Assouline, 2004): “Gladys, la cui opera è sempre firmata GPP, non è una pittrice ma una illustratrice di rara qualità (…) ha uno stile altamente peculiare, scaltro, distaccato e divertito, basato su uno sguardo che è diventato saggio e sardonico con il tempo. Apprese presto che catturare il carattere di una persona o ‘fissare’ la personalità di un capo era prima di tutto il risultato di un occhio attento ai dettagli, seguito dal rigore intellettuale di ridurre tutte le informazioni che ha davanti a sé in poche righe significative. Gladys è della vecchia scuola. Ha trascorso tre anni alla St. Martin’s School of Art di Londra imparando il suo mestiere, seguito da un periodo trascorso ad affinarsi alla Parsons di New York. Da allora ha disegnato per alcuni dei nomi più luminosi della moda, tra cui Missoni, Versace, Geoffrey Beene, Oscar De la Renta e John Galliano per Dior. Il suo lavoro è apparso su Harper’s Bazaar, The New Yorker, The New York Times Magazine, San Francisco Examiner e nella sezione Style del London Sunday Times”.  

Il prossimo ottobre, a sottolineare ulteriormente il senso di un proficuo, parallelo cammino tra arte e industria, ci sarà una grande mostra dal titolo “Arcipelago Design”, nata da un’idea di Philippe Daverio che l’aveva concepita proprio per il Maga. In oggetto sarà il rapporto tra la creatività dei linguaggi artistici e il progetto industriale dagli anni ‘50 fino agli anni ‘90. In contemporanea la XXVII edizione del Premio Città di Gallarate, curata da Chiara Alessi, proporrà un’indagine sui grandi temi del presente attraverso i designer degli ultimi trent’anni. Museo Maga e Premio Città di Gallarate saranno dunque uniti, in un’ampia rassegna interamente dedicata al Design.  

Fashion Illustration la Moda Missoni interpretata da Gladys Perint Palmer

Fino al 1° settembre 2024
Museo Maga, via De Magri 1, Gallarate
info@museomaga.it

 

 

Le tre mostre visitabili fino al 7 aprile

 

È dedicata a Dadamaino (Edoarda Emilia Maino, 1930-2004) un’ampia retrospettiva, in dialogo con le opere del Maga, curata dall’ottimo Flaminio Gualdoni. Tra le maggiori protagoniste delle avanguardie del secondo ‘900, amica di Manzoni, di Fontana, Castellani, Colombo, Munari, l’artista è raccontata attraverso il ciclo dei Volumi, ma anche nei rapporti con la Galleria Azimut e La Cavana di Trieste, con l’opera “Alfabeto della mente” e la grande installazione “Il Movimento delle cose” (Biennale del ‘90).
Michele Ciacciofera (Nuoro 1969), protagonista di una mostra curata da Alessandro Castiglioni col supporto di Building, è autore di un’installazione ambientale che s’allarga a più spazi, in un poetico e insieme scenografico omaggio alla natura: fino allo spazio del Terminal 1 a Malpensa. Mentre il disegno di Giovanni Campus (Olbia, 1929), curatrice Emma Zanella, è al centro di una mostra-focus sull’artista sardo che ha omaggiato il Maga di ben 10 sue opere. Campus si interroga sul suo riflettere attorno al fare e al pensare l’arte, in un viaggio che va dagli anni ‘50 fino all’oggi. Dai primi disegni, all’uso ultimo della china. 

Dadamaino – 1930-2004
Michele Ciacciofera – Condensare l’infinito  
Giovanni Campus – Tempo in processo, rapporti, misure, connessioni disegni 2021-2023
Fino al 7 aprile 2024

Dal martedì al venerdì, dalle 10.00 alle 18.00
Il sabato e la domenica, dalle 11.00 alle 19.00

Per saperne di più

Articoli correlati