A tu per tu con Andrea Chiodi
Curatore da 15 anni del festival “Tra Sacro e Sacro Monte”, Direttore Artistico del Giuditta Pasta di Saronno, tra i papabili per la direzione del Piccolo Teatro di Milano. Il regista varesino, che vanta un curriculum di tutto rispetto tra collaborazioni con lo Stabile di Brescia, il Romano di Verona e lo Stabile del Veneto, si racconta a Varesefocus. Tra progetti futuri e considerazioni sull’arte teatrale italiana e varesina
Curatore da 15 anni del festival “Tra Sacro e Sacro Monte”, Direttore Artistico del Giuditta Pasta di Saronno, tra i papabili per la direzione del Piccolo Teatro di Milano. Il regista varesino, che vanta un curriculum di tutto rispetto tra collaborazioni con lo Stabile di Brescia, il Romano di Verona e lo Stabile del Veneto, si racconta a Varesefocus. Tra progetti futuri e considerazioni sull’arte teatrale italiana e varesina
Ha gli occhi di un bambino Andrea Chiodi quando parla dei suoi progetti teatrali, dei maestri che l’hanno guidato ancora ragazzo nel labirinto di autori e interpreti, del tanto lavoro svolto e di quello che ancora lo attende. Non ha mai abbandonato le sue radici varesine, tanto da curare da ormai 15 anni “Tra Sacro e Sacro Monte”, il festival che ha visto alternarsi attori del calibro di Piera Degli Esposti, Giorgio Albertazzi, Giancarlo Giannini o Lucilla Morlacchi e l’allestimento del Presepe vivente in piazza San Vittore. Un uomo concreto e innamorato del proprio lavoro, che a 45 anni vanta un curriculum di tutto rispetto ed è risultato tra i papabili per la direzione del Piccolo Teatro di Milano. Chiodi è reduce dalla regia, per il Teatro Stabile di Brescia, dello spettacolo “Valeria Josef”, ispirato alla storia vera di Valeria Collina, made di Josef, attentatore dell’Isis a Londra nel 2015, un copione che indaga a fondo il rapporto madre-figlio. Ma la sua attività recente vanta anche l’allestimento de “Le allegre comari di Windsor” al Teatro Romano di Verona con il Teatro Stabile del Veneto e degli “Innamorati” di Goldoni. Quello per Shakespeare è un amore antico e Andrea porta avanti da un po’ un progetto che comprenderà, nel 2025, il “Riccardo III” a Verona, con protagonista Maria Paiato, mentre già nei suoi anni al Lac di Lugano aveva messo in scena la “Bisbetica domata” e, con lo Stabile del Veneto, anche “Misura per misura”.
Ma incominciamo questa intervista con un bilancio della quindicesima edizione di “Tra Sacro e Sacro Monte”, rassegna ormai entrata nelle abitudini dei varesini che la seguono con passione e attenzione. “In questa ricorrenza ho voluto rendere omaggio a 3 attrici che hanno segnato il mio percorso artistico: Lucilla Morlacchi, che aprì il Festival 15 anni fa, facendo interpretare a Laura Marinoni lo stesso suo repertorio, Piera Degli Esposti, con il mio recital sulla ‘Divina Commedia’ assieme al pianista Ferdinando Baroffio e Franca Nuti, scomparsa da poco, con una masterclass di giovani attrici professioniste, 18 scelte da ben 260 candidature, che hanno recitato nei ‘Dialoghi delle Carmelitane’ di Bernanos”, racconta Andrea Chiodi, che il prossimo anno metterà in scena “Il malato immaginario” di Molière, una produzione firmata Lac di Lugano e Stabile di Brescia. Proprio al Lac il regista varesino ha lavorato 6 anni, così gli chiediamo cosa a suo parere manca a Varese per assomigliare a Lugano. “A Lugano hanno investito tutto sulla costruzione del Lac, il vero motore culturale e turistico della città a livello internazionale. A Varese ciò che manca è un polo culturale simile a quello. Certo, parliamo di economie diverse e non è soltanto una questione di budget, ma di pensiero. Da noi non c’è un luogo di riferimento che promuova spettacoli, mostre, concerti e contribuisca a far crescere anche le realtà artistiche locali, a quel punto parte di progetti più ampi. I teatri di Bergamo, Brescia (che conta 12mila abbonati), Como e Cremona, producono spettacoli, mentre a Varese non accade perché non c’è uno spazio adeguato. Gli amministratori delle nostre città non sembrano avere il coraggio di compiere scelte decise, temendo di scontentare le compagnie locali, che invece ne avrebbero giovamento, grazie al confronto con realtà importanti”.
Come sta il teatro in Italia?
C’è un pubblico che sta tornando a frequentarlo, dove questo è al centro del tessuto sociale e si promuove con eventi collaterali e cartellonistica, in modo che anche i giovani lo sentano vivo. A Varese questo non accade e i giovani rimangono distanti. Nella stagione scorsa del Giuditta Pasta di Saronno, dove sono Direttore Artistico, le scuole di Varese hanno accettato sì e no l’invito a portare i ragazzi agli spettacoli.
Ci sono, invece, molti giovani che vorrebbero fare gli attori…
Troppi direi, perché le scuole di teatro sfornano ogni anno 25-30 diplomati e trovare lavoro non è così facile. Per fortuna la televisione attinge parecchio ai giovani attori teatrali per le molte fiction prodotte. La cosa negativa, però, riguardo ai ragazzi, è che molti di essi pur volendo fare la professione non vanno a teatro ad assistere agli spettacoli. (Chiodi insegna, tra l’altro, alla Scuole del Teatro Stabile del Veneto, dopo aver fatto parte del corpo docente di quella del Piccolo Teatro di Milano, ndr).
Quali consigli darebbe a un giovane che volesse mettersi in arte?
Di andare tanto a teatro, studiare molto e frequentare scuole qualificate, ma soprattutto, non aver timore a chiedere consigli ai maestri, come io avevo fatto a suo tempo con Piera Degli Esposti, Gabriele Lavia, Lucilla Morlacchi o Elisabetta Pozzi.
Che regista è Andrea Chiodi?
Chi fa teatro deve immedesimarsi nel pubblico, molto spesso i registi più giovani sono troppo autoreferenziali e pensano ad ottenere premi e riconoscimenti prima di accontentare il pubblico. Gli autori non devono rimanere chiusi nei salotti, ma andare nelle piazze. Io affronto i classici senza però perdere di vista la drammaturgia contemporanea, sono a cavallo tra la tradizione, a cui mi sento legato, e le nuove generazioni e devo tenere conto dell’estetica contemporanea, puntando ad allestimenti più essenziali. Mi metto al servizio del testo dell’autore e raramente faccio riscritture, poi lavoro parecchio a tavolino sul copione con gli attori; quindi, li faccio muovere nello spazio e poi mi occupo della recitazione. Amo molto guidarli in scena.
Chi sono stati per lei i maestri indimenticabili?
Su tutti, Piera Degli Esposti, che conobbi all’età di 19 anni e mi cambiò la vita. Ho frequentato molti grandi attori che mi hanno insegnato pazienza e umiltà. Un ricordo particolare va poi a Rosalina Neri, scomparsa lo scorso giugno, che recitò e cantò a “Tra Sacro e Sacro Monte”, alla quale ero legato da un grande affetto e andavo a trovare spesso nella sua casa di Milano. L’ultima volta che la vidi, lo scorso febbraio, mi regalò una delle sue teiere da collezione, insistendo perché la prendessi, forse presaga che non ci saremmo più rivisti.