100 anni dal raid italiano Roma-Tokyo

La storia del volo, che in provincia di Varese ha la sua culla, è fatta di gesta epiche ed eroi. Tra questi, l’indunese di adozione Arturo Ferrarin, il primo pilota a compiere un viaggio

La storia del volo, che in provincia di Varese ha la sua culla, è fatta di gesta epiche ed eroi. Tra questi, l’indunese di adozione Arturo Ferrarin, il primo pilota a compiere un viaggio aereo in 25 scali tra la capitale italiana e quella giapponese. Un’impresa portata a termine nel 1920 di cui in questi mesi (con un anno di ritardo a causa della pandemia) si celebra la ricorrenza con una serie di iniziative artistiche e culturali 

Si festeggiano quest’anno, con dodici mesi di ritardo a causa della pandemia, i 100 anni della epica trasvolata Roma-Tokyo, che l’indunese di adozione, Arturo Ferrarin, compì vittorioso nel 1920 a bordo di un Biplano SVA 9, dove SVA sta per Savoia-Verduzio-Ansaldo. Ferrarin nasce a Thiene (Vicenza) nel febbraio del 1895 da una famiglia di industriali del tessile. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, viene reclutato in aviazione con il ruolo di mitragliere di bordo, ma la sua passione per il volo è tale, che si fa trasferire presso la scuola di pilotaggio di Cameri, dove ottiene la qualifica di pilota istruttore. Con la fine del conflitto, partecipa a esibizioni e a voli acrobatici in giro per l’Europa e proprio mentre si trova a Parigi gli giunge voce che Gabriele D’annunzio e il poeta Giapponese Harukichi Shimoi, stanno organizzando un raid in 25 tappe con 11 velivoli, che partirà da Roma Centocelle e arriverà a Tokyo. 

D’Annunzio sarebbe stato a capo di una formazione di cinque cacciabombardieri ricognitori SVA-9 e di quattro bombardieri Caproni pilotati da valorosi aviatori della Grande Guerra, tra cui i tenenti Ancillotto e Locatelli. Inizialmente escluso dall’impresa, Ferrarin riesce ad ottenere dalla Direzione Aeronautica di potervi partecipare insieme al suo inseparabile amico, il tenente Guido Masiero, ed ai motoristi Cappannini e Maretto, in qualità di staffetta. Il loro compito sarà quello di precedere la spedizione ufficiale per dare loro informazioni sul percorso, sui campi di atterraggio e mantenere i contatti con le autorità locali. Il caso vuole che a uno a uno i nove velivoli ufficiali siano costretti al ritiro e gli unici che riusciranno ad arrivare alla meta saranno proprio le due staffette. Anche il loro viaggio sarà avventuroso e non senza pericoli: non mancheranno atterraggi di fortuna, avarie ai motori, e persino uno scontro con un gruppo di predoni in una zona desertica del Belucistan (Pakistan), dove i nostri eroi se la cavano fortunosamente perché uno dei combattenti del posto scambia la bandiera italiana per quella bulgara (in quel periodo, infatti, i bulgari riforniscono di armi i ribelli che fronteggiano gli inglesi). Mentre si trova in Birmania nella capitale Rangoon, dove per un guasto a una pompa grippa il motore, il caso vuole che sia proprio un abitante di Monvalle, Michele Bardelli stanziato a Calcutta, a fornire un nuovo propulsore necessario a Ferrarin per portare a termine l’impresa. Se nelle intenzioni iniziali la staffetta di Masiero e Ferrarin avrebbe dovuto procedere insieme, a causa di una serie di guasti dell’uno o dell’altro aereo, non arriveranno insieme a Tokyo. L’aereo di Masiero, si distruggerà totalmente durante un atterraggio in un campo fangoso di Canton in Cina. Il pilota per sua fortuna ne uscirà illeso e proseguirà l’impresa con un altro velivolo fatto sopraggiungere per completare l’impresa.

Il 31 maggio 1920, Ferrarin dopo aver percorso 18.000 km in 109 ore di volo, giunge a Tokyo. L’arrivo è trionfale nonostante la pioggia. Ci sono ben duecentomila persone ad aspettarlo e i festeggiamenti per questa sua impresa dureranno per ben 42 giorni, durante i quali lui e Masiero verranno ricevuti e festeggiati dall’imperatore e dalla sua consorte. Altrettanto entusiasmo non è loro riservato in patria, dove viene loro chiesto di mantenere un basso profilo, per non offuscare i personaggi che avrebbero dovuto gloriarsi per l’impresa e a fatica dopo numerose lotte riusciranno ad avere il premio in denaro promesso ai vincitori. Ma le imprese di Ferrarin non finiscono qui, il 3 luglio del 1928 compirà una nuova impresa, compiendo un volo di 49 ore senza scalo di 8.200 chilometri da Guidonia fino a Touros (la meta prevista è Bahia, ma il volo si interrompe a Touros con un atterraggio di fortuna) in Brasile, stabilendo il nuovo record mondiale di percorrenza in linea retta. Italo Balbo per gelosia, nonostante Mussolini veda di buon occhio questa impresa, riuscirà a costringerlo a congedarsi per la sua collaborazione con una società privata, le Avio linee Italiane. Tornato alla vita civile, nel 1931 sposa a Milano, Adelaide Castiglioni, figlia dell’imprenditore Ermenegildo Castiglioni, e alternerà la sua permanenza tra Milano con la loro residenza di campagna di Induno Olona. 

Il 18 Luglio 1941 durante il collaudo di un prototipo da caccia, a causa di un cedimento strutturale del velivolo, perderà la vita e verrà seppellito nel Mausoleo dell’Aviatore a Induno Olona. A lui la comunità indunese dedicherà nel 1943 una scuola ed una via. Anche Alitalia darà il suo nome ad uno dei suoi Boing 767. In occasione dei festeggiamenti del centenario sono state numerose le iniziative portate avanti dal Comune di Induno Olona e coordinate dall’Assessore alla cultura Emanuele Marin e da un comitato organizzativo in cui è stata coinvolta anche la famiglia dell’aviatore, tra cui, i laboratori artistici per bambini organizzati dalla Biblioteca assieme all’artista Nadia Chiesa, uno spettacolo teatrale della Piccola Compagnia Instabile con la tradizionale cerimonia del thè giapponese ed un concerto di tamburi giapponesi e la visione del film di animazione “Porco Rosso” di Miyazaki, in cui Ferrarin compare tra i protagonisti, introdotto da Renata Ballerio. Nella sala civica “Marino Bergamaschi” è stata allestita una mostra storico-artistica (non più visitabile) dedicata a questa impresa, con immagini e illustrazioni del raid Roma-Tokyo a firma di Alessandro Colonna, una collezione di materiale storico legato all’aviazione di Ercole Oleotti, una bellissima replica volante in scala 1:2,75 di un SVA costruito dall’Ingegner Carlo Martegani, e un bell’omaggio che l’artista indunese Jessica Capellari ha voluto tributare ad Arturo Ferrarin tramite l’opera “SVA 9 – Sempre Vola Arturo”, un origami modulare realizzato con ritagli di fotografie dell’impresa, e l’installazione “Il Moro” composta da 100 libellule origami, entrambe esposte nel mese di giugno presso il Consolato Generale del Giappone di Milano.

Toccante è stata anche la visita al cimitero del mausoleo a lui dedicato, dove oltre alle autorità cittadine, hanno presenziato la famiglia, l’arma aereonautica, una delegazione venuta da Thiene ed il sindaco di Monvalle. In quella occasione, il figlio Carlo, ha raccontato i momenti struggenti nei quali, in vacanza a Forte dei Marmi con il fratello e la madre, veniva loro annunciato da un ufficiale in divisa la morte del padre in un tragico incidente. Proprio per sentirsi più vicino al padre, una volta cresciuto, deciderà di diventare ingegnere aeronautico, e a sua volta pilota. Nel corso del nuovo anno scolastico appena iniziato verrà posata un’altra opera artistica realizzata dal Gruppo “Zer’Art” di Enrico Milesi, Roberto Cozzi, Riccardo Vignati e Gian Maria Viviani denominata “Cuore-desiderio-Impresa” davanti alla scuola elementare Arturo Ferrarin. I festeggiamenti per il centenario si concluderanno a novembre con uno spettacolo teatrale della Compagnia “Karakorum Teatro” e una cena di gala presso Villa Porro Pirelli a Induno Olona.  

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